In provincia di Fermo l’imprenditrice è Ceo di Dami, società fondata dal padre e dallo zio nel 1968. Per la rubrica Unstoppable Women identikit di un’azienda tra le più innovative per GammaDonna. «Per noi la stampa 3D è la novità più importante»
Nelle precedenti tappe del viaggio nelle aziende familiari, il percorso di StartupItalia aveva toccato due volte le Marche. La prima per raccontare la il gruppo Degradé Joelle, attivo dagli anni ’80 nel campo dell’hair styling, la seconda con l’approfondimento sulla storica società di giocattoli Clementoni. È tempo di tornare tra le colline marchigiane, nel cuore del distretto calzaturiero. La destinazione è Sant’Elpidio a Mare, in provincia di Fermo, dove dal 1968 ha sede Dami, impresa specializzata nella produzione di fondi e suole.
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Una storia di innovazione in un settore spesso restio al cambiamento, in cui la guida del nuovo amministratore delegato, Elisabetta Pieragostini, figlia di uno dei fondatori della società, ha giocato un ruolo determinante per introdurre le novità più importanti in azienda, compresa l’intelligenza artificiale. «Diventare ceo è stato l’ultimo passo», racconta Pieragostini, «ho trascorso anni curando il percorso di Dami sulla strada della sostenibilità».
Cambiare fa bene
Quando nasce, nel 1968, l’azienda Dami non si chiama così e ha una sede diversa da quella attuale. Ennio Pieragostini, padre di Elisabetta, e il cognato Alberto Catalini aprono nel comune di Monte Urano, oggi in provincia di Fermo, la Tranceria di Pieragostini e Catalini, specializzata in fondi in cuoio su calzature per bambini. È una delle decine di imprese «sotto casa», a conduzione familiare, a comparire in quegli anni nel distretto calzaturiero marchigiano.
Dieci anni più tardi, la società si trasferisce nella vicina Sant’Elpidio a Mare e cambia nome in Dami, dalle figlie maggiori dei proprietari: Daniela Pieragostini, sorella dell’attuale ad, e Michela Catalini. «Iniziano i primi cambiamenti: vengono introdotti i materiali termoplastici Tr, Tpu e successivamente Eva, si allarga la produzione ai cataloghi uomo e donna e arrivano i primi clienti all’estero».
Dami ha chiuso il 2022 con un fatturato di 22 milioni di euro, la metà del quale grazie all’export
Dami ha chiuso lo scorso anno con 22 milioni di euro di fatturato – in crescita del 25% rispetto al 2021 -, di cui metà grazie all’export, soprattutto in Germania, Spagna e Portogallo, 62 dipendenti in Italia e 20 in Serbia, con una produzione di circa sette milioni di suole all’anno. Il consiglio di amministrazione è composto da sole donne, le quattro figlie dei due fondatori, Daniela ed Elisabetta Pieragostini, Michela ed Elisa Catalini.
«Sono entrata nel 2005 per necessità, dovendo sostituire mia cugina andata in maternità». In quel momento inizia la storia di Elisabetta Pieragostini in Dami. «Nel corso degli anni ho fatto davvero di tutto: dai pacchi alla produzione, la più classica delle gavette. Nel 2012 c’è stata una riorganizzazione all’interno della società e in quel momento mi occupavo di risorse umane e amministrazione», dice l’ad.
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Il passo più importante nella carriera della manager, premiata da GammaDonna fra le 50 imprenditrici italiane più innovative del 2023, è anche il più recente. Lo scorso anno, Elisabetta Pieragostini diventa ceo di Dami. «Siamo rimaste operative all’interno dell’azienda soltanto mia sorella e io, anche se la composizione del cda resta invariata. Ho più libertà e maggiori responsabilità nelle scelte da compiere nella nostra società».
La visione di Pieragostini, spiega, è «umanocentrica. Una direzione dettata anche dai miei studi universitari di comunicazione e che, già prima di assumere il nuovo ruolo, ho voluto indirizzare su due direttrici, la sostenibilità e l’innovazione».
La piccola rivoluzione
Due vocaboli, sostenibilità e innovazione, che si intrecciano nelle loro applicazioni. La produzione di Dami include suole con materiali bio-based, ossia di origine biologica, senza componenti di origine fossile. Tra questi, il bloom, una bioplastica a base di lignina realizzata da microalghe in eccesso. «Nella fase di stampa 3D utilizziamo anche una polvere di Tpu, poliuretano termoplastico, recuperata al 100%».
Secondo Pieragostini, è proprio il ventaglio di nuove possibilità aperto dall’impiego delle stampanti 3D a rappresentare la scommessa su cui puntare per il futuro. «È stata una svolta, la novità più rilevante dal punto di vista della sostenibilità e della sostenibilità. Le stampanti vengono usate per la prototipazione rapida dei nostri clienti, realizzando in modo veloce e con grande precisione il modello dello stilista».
Le stampanti 3D sono anche la chiave per diversificare le attività di Dami. «Stiamo cercando di offrire prodotti nel settore casa: la sfida sarà provare a partecipare al prossimo salone del mobile, attraverso le collaborazioni con artisti del nostro territorio, come Nazareno Rocchetti, e altri di Milano». La piccola rivoluzione avviene all’interno di D-Lab, il reparto di ricerca e sviluppo dell’azienda marchigiana, aperto un paio di anni fa.
Qui, accanto alle stampanti 3D, Dami ha introdotto l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sempre nella fase della prototipazione, lanciando un concorso gratuito per i propri clienti. «Inserendo una stringa di parole, l’AI genera l’immagine di un prodotto. Le tre idee giudicate migliori verranno esposte al Micam di settembre».
“Le stampanti 3D possono già essere usate per la produzione, ma i costi sono ancora elevati”
Il prossimo passo prevede l’utilizzo delle stampanti 3D ben oltre la realizzazione dei prototipi, un cambiamento destinato a ridisegnare l’organizzazione delle aziende del settore. «Queste macchine possono già essere impiegate per la produzione, anche se oggi la mansione principale riguarda ancora i prototipi, anche a causa dei costi elevati». Ciononostante, il futuro, sostiene Pieragostini, «è segnato e va in questa direzione». Non a caso, Dami ha di recente ultimato la prima piccola produzione di spoiler per calzature con stampe 3D all’interno del suo laboratorio.
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«D-Lab è la parte più innovativa dell’azienda, attraverso la quale Dami ha ricevuto la certificazione 56002 proprio riguardante l’innovazione», uno dei riconoscimenti ottenuti dalla società, insieme all’adempimento agli standard della norma 45001 sulla salute e la sicurezza sul posto di lavoro. «Oltre alle strutture mediche convenzionate, offriamo ai nostri dipendenti corsi di yoga e, da settembre, di pilates e abbiamo inaugurato una biblioteca all’interno dei nostri spazi. La cura dei lavoratori è fondamentale».
Pmi abbiamo un problema
A proposito di certificazioni, racconta l’ad, Dami ha conseguito anche la Uni / Pdr 125, l’adempimento degli standard per la parità di genere in azienda. In ogni caso, la strada da percorrere dall’impresa marchigiana è ancora lunga, come ammette Pieragostini: «questo è un settore storicamente considerato appannaggio maschile. Oggi lavorano con noi 14 donne e stiamo cercando di aumentare la percentuale femminile tra i nostri dipendenti». Il tutto in una società il cui board ha invece il problema opposto, ossia la mancanza di parità di genere per assenza di figure maschili.
“Le pmi sono lontane dagli standard attuali della sostenibilità sociale”
La transizione sostenibile di Dami procede sui due binari ambientale e sociale. «Siamo una società a zero emissioni, che in parte autoproduce energia dal proprio impianto fotovoltaico e in parte ne acquista da fonti rinnovabili». Inoltre, la sua natura di realtà b2b le permette di essere a contatto con grandi marchi internazionali della moda. Collaborando con il gruppo Kering e nomi come Dolce & Gabbana, Ferragamo, Tod’s, Moncler e Burberry, l’azienda ha dovuto adeguarsi ai requisiti di qualità del prodotto e sostenibilità sociale richiesti dai brand in questione.
«Abbiamo comunque iniziato il nostro percorso di sostenibilità prima di diventare fornitori di questi marchi, seguendo l’agenda 2030 dell’Onu e le direttive europee, facendo attenzione anche alla tracciabilità delle materie prime e al sociale». È proprio quest’ultimo aspetto, evidenzia Pieragostini, a segnare lo scarto fra le corporate e le piccole e medie imprese. «Le pmi, soprattutto in ambiti come il calzaturiero, sono lontane dagli standard attuali della sostenibilità sociale in azienda».
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Per migliorare il rapporto tra i grandi gruppi e le pmi nell’ambito della moda, Dami, da quest’anno società benefit, è tra le fondatrici di Nos project team. Si tratta di una «rete di aziende dell’area calzaturiera delle Marche, a oggi composta da Dami e le imprese Del Papa e Top Model, che ha l’obiettivo di aumentare la competitività delle piccole realtà della zona e fornire al cliente un servizio completo, offrendogli tutto quello di cui ha bisogno, dalla progettazione alla realizzazione finale, senza doversi spostare». L’iniziativa è «aperta ad altri partner disposti a sposare le prerogative del progetto».
Grazie alla scrittura
Le problematiche riscontrate nel mondo del lavoro si intrecciano con la storia personale di Elisabetta Pieragostini. «Quando sono entrata in azienda, ho ricevuto rispetto essendo una delle titolari della società. Rispetto per la mia persona, ma non rispetto professionale, due cose ben distinte. Il secondo è arrivato dopo un lungo periodo», prosegue la ceo, ossia quando è arrivata a cambiare e guidare l’impresa con successo.
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«Ricordo ancora l’incredulità di un cliente che, dopo aver chiesto in segreteria di poter parlare con una responsabile, si è trovato al telefono con me». Un esempio di un problema più ampio. «C’è molta resistenza nel vedere come figura apicale una donna, ancora un tabù soprattutto in questo settore e sul nostro territorio». Nei momenti più complicati un grande aiuto, racconta Pieragostini, è arrivato dalla principale passione dell’imprenditrice, la scrittura. «Dopo gli studi in comunicazione avrei voluto fare la giornalista, ma mi sono ritrovata in azienda».
I due aspetti si sono incontrati, seppure in modo inaspettato. «Quando ho assunto ruoli di maggiore responsabilità nella società, l’unica forma di considerazione ricevuta derivava dalla mia posizione e non dalle capacità. Ho iniziato così a dedicarmi alla scrittura di romanzi d’amore, per provare a distrarmi». Il secondo libro è stato pubblicato lo scorso anno e ora Pieragostini è al lavoro sul terzo. «Scrivere mi ha salvato, impedendo che cambiassi strada e carriera lavorativa».