Paola Marinone per la rubrica Italiani dall’altro mondo ricorda quando il colosso di Mountain View ha acquisito YouTube. Ha visto nascere e crescere la creator economy e nel 2011 ha fondato Buzzmyvideos a Londra. «La Brexit ha senz’altro impattato. Ma questo è ancora un posto unico»
Potrebbe suonare come una frase fatta: nel 2006 era un altro mondo. Così Paola Marinone ci ha raccontato come ha vissuto, dall’interno, l’acquisizione di YouTube da parte di Google, l’azienda che pochi mesi prima l’aveva assunta a Dublino, lei che dalla campagna vercellese mai si sarebbe immaginata un lavoro del genere. «Eravamo elettrizzati, ricordo ancora il giorno prima del rilascio della press release: energia pura. La stampa però titolò in maniera diversa: dicevano che Google sarebbe fallita, perché YouTube non faceva profitti ed era sommersa da cause legali». Ora riuscite a percepire perché era davvero un altro mondo?
Classe 1978, Paola Marinone è la nuova protagonista della nostra rubrica Italiani dell’altro mondo, che per un’altra volta ci fa fare tappa a Londra, dove questa imprenditrice, ex di Google e di YouTube, ha lanciato nel 2011 la sua startup, Buzzmyvideos. Hanno aiutato prima i content creator e poi le aziende a valorizzare la propria presenza sulla piattaforma della grande G che ha dato il nome a un mestiere – gli youtuber. La sua è la storia di una donna che ha avuto la possibilità di vivere gli esordi di una Big Tech in Europa, quando però ancora in molti guardavano a Google come a un prodotto di nicchia. Roba da ingegneri, roba da nerd, roba da web.
Dalle risaie alla Bocconi
Paola Marinone è figlia di agricoltori. Cresciuta in un paese di mille anime il suo destino avrebbe potuto fermarsi nelle risaie, continuando l’attività dei genitori. «Dopo il diploma in ragioneria ho detto a mio padre: voglio andare in Bocconi, oppure fare un Erasmus a Londra. Alla fine ha sperato mi prendessero in Bocconi». Qui si è laureata in Economia per poi iniziare una carriera in consulenza, appassionandosi soprattutto al settore delle non profit. Restava però quel pallino dell’estero. «A un certo punto ho mandato decine di curriculum in Europa e altrettanti in Italia, dove però non mi ha risposto nessuno. Nel 2006, a 28 anni, ho ottenuto il lavoro in Google, come account manager nella sede di Dublino, la prima in Europa».
Non era la Google di oggi, migliaia e migliaia di dipendenti in tutto il mondo. «Eravamo 300 per tutto il vecchio continente. Il mio primo giorno, lo ricordo ancora, mi sono ritrovata in un gruppo: c’era un musicista, un medico, un laureato in scienze politiche. Tutti a chiederci perché mai ci avessero assunto». Non fraintendetela: Paola Marinone non ci aveva pensato due volte a dire di sì. «Per me era come fare l’Erasmus con lo stipendio. Al più avrei imparato qualcosa conoscendo persone interessanti». Alla fine è saltata fuori l’esperienza che ha cambiato la sua vita, dandole accesso a una Big Tech di portata globale.
Google e YouTutube
L’acquisizione di YouTube pochi mesi dopo essere entrata in Google le ha chiarito dove stesse andando il mondo. «Nel townhall che organizzarono il giorno prima della comunicazione alla stampa eravamo tutti elettrizzati». L’incoscienza di chi stava innovando, o forse era proprio la sicurezza di chi sa di aver sotto mano un qualcosa di davvero rivoluzionario? «Vedevamo il mondo là fuori andare a 10 all’ora. Noi andavamo a 100 all’ora. E non perché ci sentissimo i più fighi, ma perché vedevamo cosa sarebbe successo, capivamo che i prodotti funzionavano». Oggi è facile dirlo col senno di poi, ma soltanto se chi lo dice non l’ha vissuto dall’interno.
Paola Marinone ha lavorato in Google e poi YouTube fino al 2011, attraversando anni in cui la multinazionale guidata da Eric Schmidt iniziava a farsi prendere sul serio. «Ma non è stato facile. In quel periodo ho fatto anche lavoro di recruiting. Ricordo quando andammo in Bocconi: al nostro stand non c’era nessuno». Ha viaggiato e lavorato anche in Sud America, passando poi per l’Italia. Fino al 2011, quando ha deciso di lanciare la propria startup a Londra. Buzzmyvideos, partita con i content creator, è arrivata a comporre un team di 40 persone, ma dopo il pivot e il focus sulle aziende si è ridimensionata a 10. Al momento l’azienda non ha ancora comunicato il fatturato. Nel 2014 ha chiuso il suo Serie A da 2,5 milioni di dollari guidato dal fondo VC italiano United Ventures e nel 2016 ha acquisito la startup sarda MakeTag, con sede a Cagliari. Tra i suoi clienti ha AC Milan, DAZN, VEVO e l’Università di Oxford.
Londra, post Brexit
Buzzmyvideos si concentra su YouTube, dove aiuta le aziende a crescere attraverso le sue tecnologie. E che dire di TikTok? Il social di ByteDance è da temere? «In realtà è stata una manna dal cielo. Hanno un prodotto fighissimo che ha costretto YouTube a prendere le contromisure per innovare». Avendo però vissuto gli albori di YouTube nell’alveo di Google, l’imprenditrice italiana è convinta di una cosa: «Il pattern che noto per TikTok è uguale a quello di YouTube: sono partiti con i video brevi e ora sperimentano i video più lunghi. Non è una novità assoluta».
Come in ogni puntata di Italiani dell’altro mondo, abbiamo anche chiesto un commento sull’ecosistema di turno. Londra, ad esempio, vista dal continente non gode di una narrazione startup friendly che invece si nota in capitali come Parigi o Berlino. Forse anche perché, dopo il divorzio della Brexit nel 2016, le cose sono cambiate? «La Brexit ha senz’altro impattato – spiega Paola Marinone – ma per tech, media, fintech è un posto unico. Venendo dall’Italia ho scoperto una velocità nel fare business impressionante. Oggi però se dovessi ripartire da zero sceglierei gli USA. A volte il team e la forza del prodotto non bastano: serve anche il dove».