Natalia Colombo, classe ’96, è una creativa, una modella e vice-campionessa d’Europa nel 2011 con la Nazionale di Pallavolo Femminile Sorda. In occasione del lancio dell’ultimo titolo di The Legend of Zelda ha scritto una pagina di gaming inclusivo. La nuova storia per la rubrica Unstoppable Women
«Link è il protagonista della saga di The Legend of Zelda. Eppure non parla mai. Forse è per questo che molte persone sorde come me si sentono affini a lui». Natalia Colombo, classe 1996, è stata un’apripista nel panorama gaming per quanto riguarda la lingua dei segni italiana nei videogiochi. Un primo glossario di segni è stato realizzato da lei pochi mesi fa in occasione dell’arrivo in console del capolavoro The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, disponibile su Nintendo Switch, ultimo capitolo di una delle IP più brillanti degli ultimi decenni. «Un progetto nato per coincidenza. Parlando con mia sorella Camilla, l’unica persona udente in famiglia e come me appassionata di gaming, ci siamo rese conto che non riuscivamo a replicare alcuni termini che compaiono nel titolo. Dovevamo fare lo spelling». Parole come Gerudo e Boblin – arci note a chi conosce quell’universo narrativo – erano assenti dal vocabolario LIS. Fino a che Natalia non li ha coniati con nuovi segni insieme a Nintendo, dando un importante contributo al percorso per rendere sempre più inclusivo il videoludo in Italia.
L’aiuto della tecnologia
Natalia Colombo è la nuova protagonista del nostro appuntamento con le Unstoppable Women, un viaggio editoriale che la redazione svolge da tempo per scoprire le storie di donne che fanno la differenza, ciascuna nei rispettivi campi. Nata a Milano, Natalia ha entrambi i genitori sordi. Fin dai primi periodi a scuola ha dovuto confrontarsi e scontrarsi con una quotidianità che definire inadatta per il coinvolgimento e l’istruzione delle persone sorde non rende comunque l’idea. «A scuola ero seguita da un insegnante di sostegno. Purtroppo la disponibilità era di appena otto ore a settimana, così ho dovuto rinunciare a un sacco di lezioni che mi sarebbero interessate».
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Natalia si è poi iscritta all’università, frequentando il corso Design della Comunicazione allo IED. La sua è stata la prima proclamazione in LIS con la direttrice Elena Sacco. «Agli esami avevo l’interprete. Parlavo usando il labiale, i miei compagni si sono abituati, ma nei gruppi alla fine risultavo sempre esclusa». Per farsi aiutare YouTube e i sottotitoli automatici sono stati una fonte preziosa di contenuti. Al momento Natalia lavora come Graphic Designer in un’agenzia di comunicazione. Nel corso dell’intervista, durante la quale ci siamo fatti aiutare dalla sorella Camilla nella traduzione, Natalia non ci ha mai trasmesso l’idea di una rivalsa o di una rivincita contro un mondo ingiusto. Tutto quello che ha fatto, nello sport e nel campo della creatività, è stato frutto della sua passione.
Un problema da risolvere
Vice-campionessa d’Europa nel 2011 con la Nazionale di Pallavolo Femminile Sorda in Turchia («Per me lo sport è un modo di sfogarmi e interagire. Dal gioco di squadra ho imparato a integrarmi con le persone udenti»), Natalia ha anche fatto esperienza come modella, vincendo nel 2018 il concorso Miss Deaf International a Taiwan. Esperienze in tanti campi, come a vent’anni è giusto fare per scoprire la propria strada. La sua l’ha condotta verso l’arte e la creatività.
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«Mi piace tanto la creatività e ogni elemento che abbia a che fare con gli stimoli visivi. I colori, ad esempio, sono adatti alla mia disabilità, dal momento che io comunico molto con lo sguardo. Mi piace anche la fotografia nell’ambito della moda». Se, come è vero, le parole sono importanti, quella da usare con Natalia non è “non udente”. «Altrimenti sembra mi manchi qualcosa. Va bene persona sorda». Molto attiva sui social, Natalia Colombo utilizza le foto e le story per raccontare di sé e condividere i momenti che la rendono felice. «Al momento l’unica cosa che mi fa sentire esclusa riguarda le story su Instagram: durano appena 24 ore e se non sono sottotitolate faccio fatica».
Con l’AI che svolge compiti fino a qualche anno fa impensabili, qual è il servizio che la tecnologia potrebbe offrire per fare sentire la comunità sorda coinvolta, aprendo le porte a incontri, collaborazioni e nuove amicizie? «L’innovazione più importante a livello tecnologico sarebbe un traduttore dalla lingua dei segni al parlato. Un sistema che riesca a captare i miei segni per poi tradurli in parole». Aiuterebbe non tanto lei, quanto le persone a capire quello che ha da dire. «Se una persona mi parla non ho problemi a seguire il labiale». Come accade spesso nella vita di tutti giorni, a volte basta rompere il ghiaccio e un piccolo gancio tecnologico può sbloccare la comunicazione e rendere tutto più semplice. Nel frattempo è inutile seguire la strada del pietismo, perché occorre essere pragmatici. «La LIS non è un linguaggio, ma è la lingua dei segni con una sua cultura e una sua grammatica – ci spiega lei che è docente LIS – e deve essere imprescindibile soprattutto nelle strutture pubbliche». Non servono eroi come Link: un paese dove nessuno rimane indietro è l’obiettivo da perseguire.