La startup che ha cofondato con Gian Maria Gramondi ha appena chiuso un round Serie A da 120 milioni di dollari. Per la rubrica Italiani dell’altro mondo l’intervista a Luca Cartechini, Ceo di Shop Circle
«Credo che su Londra ci sia spesso molta pubblicità negativa. Resta la capitale europea della finanza e del venture capital. Lo era prima di Brexit e lo è ancora oggi a distanza di anni. Nel nostro settore non abbiamo notato cambiamenti in negativo». Raccontando le storie di italiani dell’altro mondo nella rubrica su StartupItalia ci siamo più volte confrontati con ecosistemi i cui tratti sono ormai assodati: la Silicon Valley come terra dell’innovazione, Parigi come polo in crescita nella startup nation di Macron. Ma che dire della Gran Bretagna? Dopo il referendum del 2016 e l’addio all’Unione Europea, il Paese della Brexit ha avuto evidenti ripercussioni sull’economia: secondo la BBC mancherebbero oltre 300mila lavoratori e l’Office for Budget Responsibility stima che l’economia UK si ridurrà del 4% rispetto a come sarebbe stata se gli elettori avessero deciso altrimenti. Quello che però ha descritto Luca Cartechini, CEO e Co-founder della startup e-commerce Shop Circle, con sede principale a Londra, è un contesto più circoscritto, eppure altrettanto importante. Se ne è occupata recentemente anche TechCrunch, dove si legge che nonostante tutto, la Gran Bretagna continua a essere estremamente attrattiva per il capitale di rischio. «I nostri round sono stati principalmente guidati da investitori americani. E questo è anche grazie al fatto che operiamo parzialmente da Londra. Ci facilita l’accesso agli investitori d’Oltreoceano».
Il round da 120 milioni
Shop Circle ha appena chiuso il suo round Serie A da 120 milioni di dollari, a cui hanno partecipato fondi americani come 645 Ventures, NFX, QED Investors e quello austriaco 3VC, oltre a diversi fondi italiani come CDP Venture Capital, Primo Ventures, BlackSheep Madtech Fund e The Techshop. L’iniezione di capitale è arrivata a poco più di un anno dal round seed da 65 milioni di dollari. «In totale la raccolta è stata un mix tra equity e debito», ha precisato Cartechini, classe 1992. Nato a San Benedetto del Tronto, nelle Marche, ai tempi dell’università ha fatto esperienza del gap tra la formazione accademica italiana e quella estera. «Durante gli studi in Economia a Tor Vergata, a Roma, ho passato un anno a Colonia, in Germania. È stato in quel momento che ho capito quanto mi piacesse l’approccio pratico alla didattica».
Poi ha deciso di frequentare una specialistica alla ESCP Business School, studiando tra Londra e Parigi con stage in Bloomberg e Jefferies. «È stato in quel momento che ho conosciuto Gian Maria Gramondi (l’altro cofounder di Shop Circle, ndr)». Ma i rispettivi cammini si sarebbero intrecciati solo anni dopo, una volta chiuse le esperienze che entrambi hanno maturato in ambienti diversi. Gramondi, classe 1993 di Cuneo, ha lavorato in Deloitte e poi in Amazon. Cartechini ha invece seguito un percorso nel mondo degli investimenti e del venture capital. «Sono otto anni che vivo e lavoro a Londra. I primi tempi lavoravo come equity researcher in una banca americana: in sostanza mi occupavo di seguire l’andamento di azioni di realtà del settore e-commerce. Essere giovane era un vantaggio: non seguivo industrie tradizionali, ma società più innovative come Zalando, Asos e Ocado». Prima di Shop Circle, fondata nel 2021, la parentesi in Pretiosum Ventures, fondo VC in cui si è occupato di investimenti in startup fintech e AI.
La pandemia ha stravolto i piani di molti imprenditori e nel racconto che ne facciamo ad anni di distanza si percepisce il dinamismo che si è sprigionato in quei drammatici mesi. Alla fine Luca Cartechini e Gian Maria Gramondi hanno deciso di lanciare Shop Circle. «Ci appoggiamo a Shopify, la piattaforma più utilizzata al mondo per siti e-commerce. In sostanza, Shopify è come una macchina per la creazione del canale di vendita digitale, a cui noi aggiungiamo tutti gli optional, con 37 app proprietarie». Sono 90mila i clienti dichiarati da Cartechini, l’80% dei quali è rappresentato da piccoli commercianti, mentre il resto è composto da grandi brand come Patagonia e Nespresso. «Il nostro obiettivo è diventare la Microsoft dell’e-commerce, con un piattaforma di software che offre tutto ciò che serve per chi vende online. Il 50% dei ricavi è generato in Nord America, ma anche in Italia stiamo crescendo tantissimo ed è un Paese su cui stiamo puntando davvero molto, grazie anche al supporto dei nostri investitori locali e dei progressi che Shopify sta facendo sul territorio: circa 50mila e-commerce brand utilizzano Shopify in Italia».
L’Italia vista da Londra
Secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano in Italia nel 2023 gli acquisti online cresceranno del 13% raggiungendo il valore di 54 miliardi di euro. Di fronte a un simile trend, accelerato dalla pandemia, non ci si può più chiedere se abbia senso o meno la transizione al digitale da parte del comparto retail. Figurarsi in un momento in cui l’intelligenza artificiale promette di velocizzare i processi. «Abbiamo un team di sei persone interamente dedicate all’AI. Ci stiamo investendo molto». Esattamente come su Amazon e Netflix, anche Shop Circle ha integrato un sistema di raccomandazione di altri prodotti collegati ad app utilizzate dai propri clienti (il noto “ti potrebbe interessare anche…”).
Con 130 dipendenti, e un team in crescita in Italia, Shop Circle punterà ora a potenziare la propria offerta con le nuove risorse raccolte nel round Serie A. Nonostante il ruolo dell’Italia, ancora marginale nel palcoscenico mondiale del tech, Cartechini ha comunque voluto sottolineare la spinta che il Fondo Nazionale Innovazione ha garantito in questi anni. «La crescita del tech in Italia è frutto di un lavoro eccellente svolto negli ultimi cinque anni, partendo praticamente quasi da zero. In Italia, facciamo storicamente bene nel manifatturiero, farmaceutico e food, ma abbiamo rischiato di perdere il treno del digitale negli anni Duemila. È ancora presto per giudicare, ma mi pare che adesso si rischi di puntare meno sull’innovazione rispetto all’ottimo lavoro svolto negli ultimi anni, e temo che questo possa rallentare il processo di digitalizzazione in corso nel nostro Paese». Al netto della polemica sui 300 milioni di euro che il Governo punterebbe a spostare dal Fondo Nazionale Innovazione, la strada imboccata dall’ecosistema resta comunque quella corretta secondo Cartechini. «L’impatto economico derivante dagli investimenti del Fondo Nazionale Innovazione lo vedremo appieno in futuro, ma dobbiamo avere il coraggio di investire ulteriormente oggi, per colmare il gap con gli altri grandi Paesi che, dati alla mano, partono avanti».