Si chiamerà The Mile e sarà alto un miglio. Il grattacielo verrà presentato a Cannes e, una volta costruito, doppierà il Burj Khalifa di Dubai. Ancora non si sa quale sarà la città che lo ospiterà: «Sarà un grande parco naturale, come Central Park, ma in verticale».
«Immaginate di prendere il Central Park di New York, metterlo in verticale e arrotolarlo su se stesso», ed ecco che avrete The Mile. Si tratta dell’ultimo progetto di Carlo Ratti, uno degli architetti e designer italiani più noti del mondo, oggi alla guida del Senseable City Lab del Mit di Boston. L’edificio, pensato in collaborazione con schlaich bergermann partner e lo studio inglese di digital design Atmos, verrà presentato il prossimo 16 marzo 2016 al MIPIM di Cannes.
Questo lavoro ha posto Ratti dinanzi a un amletico dubbio: in un epoca di stravaganze architettoniche è possibile pensare ancora a progetti come “il più alto grattacielo del mondo” senza essere banali? La risposta è arrivata durante una passeggiata a Central Park.
Un bosco alto 1.609,34 metri
«Un importante cliente ci ha contattato per proporci di progettare l’edificio più alto del mondo e, se devo essere sincero, all’inizio la nostra reazione non è stata di entusiasmo», spiega Ratti. «Non eravamo sicuri di volerci cimentare con l’ennesima stravaganza architettonica. Poi qualche settimana dopo, passando da Central Park a New York, abbiamo pensato che sarebbe stato bello trasportare quell’ambiente così straordinario e ricco di stimoli in un grande progetto “verticale”, che preservasse allo stesso tempo le ambizioni di alcuni simboli della storia dell’architettura – la Tour Eiffel, la Mole Antonelliana, o il visionario Mile High Illinois di Frank Lloyd Wright. Da qui l’idea di un parco verticale alto un miglio».
Un miglio equivale a 1.609,34 dei nostri metri e – secondo il progetto elaborato da Ratti – il suo parco verticale doppierà l’altezza del Burj Khalifa di Dubai che, con i suoi 828 metri, è ad oggi il grattacielo più alto al mondo.
The Mile sarà realizzato con una struttura leggera e innovativa, larga venti metri, tenuta insieme da una rete di cavi precompressi.
Tutt’intorno alla struttura, ci sono delle capsule in orbita che permetteranno ai visitatori di salire gradualmente verso l’alto, godendosi il panorama a velocità diverse. Ma per i più avventurosi sarà possibile anche fare “quattro passi” in verticale, senza l’ausilio di alcuna navicella, percorrendo l’intera altezza a piedi. Al momento non è ancora nota la città che ospiterà il progetto.
Una corsa verticale tra uomo e natura con realtà aumentata e spa
«The Mile è un punto di osservazione sulla città», spiega Ratti «ma l’esperienza inizia sin dal primo metro del processo d’ascesa. Nell’aria, intorno al parco centrale, abbiamo immaginato una flotta di capsule orbitanti, per chi non avesse voglia di salire a piedi. All’esterno le cabine non sono troppo diverse da quelle del London Eye, la grande ruota panoramica della capitale britannica, ma al loro interno sarà possibile, oltre a godere il panorama che cambia con la quota, cenare insieme agli amici, assistere un concerto, o persino rilassarsi in una spa».
Tuttavia, proprio come quando si va in un parco, non ci saranno ringhiere a proteggere i visitatori, ostruendo loro la visuale: ci sarà una protezione a “filo”, da cui esplorare il paesaggio sottostante a 360 gradi. «In questo contesto metteremo in campo anche alcune tecnologie di realtà aumentata, grazie alle quali “giocare” con il panorama, osservando le rappresentazioni della città in passato, e ovviamente anche nel futuro», aggiunge il creatore di The Mile.
Ricreare un mondo naturale in verticale e rivestirlo di tecnologia ha un preciso obiettivo: riavvicinare le persone alla natura. «Abbiamo pensato a The Mile come un giardino proteso verso l’alto. Una corsa verticale lunga un miglio, in cui convivessero l’uomo e la natura».
Un nuovo tipo di spazio pubblico, capace di riproporre gli incontri spontanei che avvengono sui sentieri delle nostre montagne
Dalle stelle alle stalle
Nel suo ultimo progetto – Underworlds – Ratti è sceso nelle fogne per studiare il microbioma e scoprire lo stato di salute delle città. Dopo questo lavoro si è dedicato a The Mile, risalendo verso l’alto. «I due progetti hanno un obiettivo in comune: aumentare la consapevolezza dell’ambiente che ci circonda, e viverlo in modo nuovo. Parliamo di un ambiente ibrido, dove non ci sono più confini tra bit e atomi. Ci interessa esplorarlo a diversi livelli: fisico e digitale; dal basso e dall’alto; dal cielo e dalle fogne… La via maestra è sempre quella indicata da Ernesto Nathan Rogers, “dal cucchiaio alla città”. Ma oggi quell’atteggiamento va tradotto in un mondo sempre più complesso e interconnesso, attraversato da tecnologie che noi dobbiamo interpretare e piegare alle esigenze dell’uomo».