La startup accelerata a BioUpper ha sviluppato una nuova formulazione per aumentare il contrasto delle immagini di risonanza magnetica, ridurre la tossicità e la quantità di prodotto somministrabile e rendere visibili dettagli altrimenti nascosti
Gli esami diagnostici spesso si associano ai mezzi di contrasto, indispensabili, ma migliorabili nell’accuratezza e soprattutto nella riduzione della tossicità. Da questo presupposto parte la startup Kyme, progetto innovativo nato in Campania (fra i 10 accelerati da BioUpper, progetto biotech di Novartis e Fondazione Cariplo, in collaborazione con Polihub e Humanitas) che si avvale delle nanotecnologie applicate alla diagnostica medica per migliorare i mezzi di contrasto attualmente in uso clinico, per scoprire in modo precoce e più accurato le patologie. L’idea è di proporre sul mercato una nuova formulazione in grado di aumentare il contrasto delle immagini di risonanza magnetica, ridurre la tossicità e la quantità di prodotto somministrabile, rendendo visibili dettagli anatomici altrimenti non visibili. Ne abbiamo parlato con Enza Torino, ricercatrice presso l’IIT di Napoli, che sta sviluppando il progetto assieme a Maria Russo e Alfonso Maria Ponsiglione.
Che tipo di formazione avete e da quali ambiti provenite?
«Il nostro team può vantare competenze sia nell’ingegneria di processo che nel settore biomedico e si avvale del supporto di esperti del mondo accademico e clinico, provenienti dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT@CRIB) e dall’Università “Federico II” di Napoli (UNINA)».
Come siete venuti a conoscenza di BioUpper e come vi siete preparati alle selezioni?
«Siamo stati mossi dal desiderio di trasformare le nostre idee in una realtà imprenditoriale. Leggendo sul web del successo della prima edizione del programma, abbiamo iniziato a valutare le potenzialità della nostra idea di business e a confrontarci con il mondo delle startup innovative. In seguito, la partecipazione a diverse competizioni ci ha permesso di avvicinarci al mondo imprenditoriale».
Che cosa manca alla vostra idea per misurarsi in maniera competitiva col mercato?
«La validazione clinica è lo step primario che KYME dovrà affrontare per l`immissione in commercio dei propri prodotti. Il vantaggio, però, della nostra formulazione risiede nel fatto che utilizza composti già in uso clinico e che richiederebbero minor tempo di approvazione rispetto alla commercializzazione di nuovi farmaci».
Nel settore delle scienze della vita il problema degli scarsi investimenti è particolarmente sentito. Fino ad oggi che difficoltà avete incontrato per trasformare un’idea biotech in un progetto imprenditoriale?
«Le difficoltà riscontrate all’inizio del nostro percorso sono state le modalità e il portafoglio di investimento non sempre adeguati allo sviluppo di prodotti farmaceutici, che richiedono elevati investimenti e lunghi tempi per l’approvazione. Con l’esperienza di BioUpper abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci con realtà industriali e finanziarie operanti nell’ambito della nanomedicina e delle biotecnologie».
Come nasce l’idea di perfezionare delle nanotecnologie per la diagnostica medica e migliorare i mezzi di contrasto, permettendo un’identificazione precoce e più accurata delle patologie?
«L’idea di Kyme nasce da un bisogno sociale. Con il progressivo aumento dell’aspettativa di vita, il numero degli esami diagnostici prescritti è sempre maggiore. Kyme vuole garantire una diagnosi precoce che permetta, quindi, di intervenire con la terapia più appropriata migliorando la qualità della vita del paziente. La possibilità, poi, di lavorare in ambienti dinamici e altamente tecnologici, IIT@CRIB e UNINA, ci ha permesso di sviluppare la nostra idea utilizzando le nanotecnologie».
In che modo il programma di accelerazione BioUpper sta incrementando le vostre competenze? In quali ambiti e con che tipo di impegno e competizione?
«Il programma di accelerazione BioUpper ci ha aiutato a migliorare la comunicazione dell’idea imprenditoriale, abbandonando il punto di vista puramente scientifico. Ma è soprattutto nello sviluppo dell’analisi finanziaria e di mercato che stiamo ricevendo il maggior supporto, avvalendoci di consulenti esperti e persone qualificate che il programma BioUpper ci ha messo a disposizione».
Cosa vi aspettate concretamente alle fine di questo percorso?
«Ci aspettiamo di maturare una maggiore consapevolezza economico-finanziaria della nostra business idea e consolidare la conoscenza del mercato di riferimento. Ovviamente aspiriamo a vincere e ci auguriamo di ricevere proposte di collaborazione e finanziamento da imprenditori e aziende. Se vinceremo utilizzeremo il premio BioUpper per certificare il nostro impianto di produzione e avviare la sperimentazione clinica».