In 19 metropoli europee, fra cui il capoluogo lombardo, il servizio di consegna a domicilio UberEats rende più delle vetture con conducente
Uber sta facendo più soldi consegnando il cibo dei ristoranti che fornendo un’auto a chi ne ha bisogno? In numerose città del mondo la risposta è sì. Fra queste c’è anche Milano. Lo ha confermato a Business Insider Toussaint Wattinne, general manager di UberEats a Londra, che ha appunto dipinto il servizio di food delivery del colosso statunitense come uno di quelli in più rapida crescita nel mondo. Il paradosso, però, è che in 19 città europee il giro d’affari di UberEats produce più ricavi dell’attività tradizionale, d’altronde sotto attacco da numerosi punti di vista (non ultima la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione).
Cos’è UberEats
UberEats è attiva in più di trenta Paesi, ovviamente in città selezionate. E, nel Regno Unito come altrove, il punto forte è l’assortimento dei ristoranti disponibili: “Abbiamo stretto accordi con oltre 8mila locali in Gran Bretagna – ha spiegato Wattinne – i marchi più popolari vanno da McDonald’s a Duckand Waffle fino a Pret and Prezzo. Aumentando la selezione vediamo crescere gli accessi all’app”. Come noto per utilizzare UberEats occorre scaricare un’applicazione a parte che oltre tutto è stata di recente ridisegnata, quasi a voler marcare una significativa distanza dalla piattaforma-madre, coinvolta in scandali di ogni tipo (dal sessismo ai software ideati per schivare le autorità fino alle aggressioni e alle cause per questioni lavorative). Insomma, non si passa dalla stessa delle auto con conducente.
Il cibo conta di più a Milano, Madrid o Grenoble
Insomma, il cibo conta di più in città come Milano, Madrid o Grenoble, in Francia, piazze emblematiche dove il giro d’affari è raddoppiato dal lancio del servizio, battezzato appena tre anni fa a Los Angeles come UberFresh e che dovrebbe toccare i 3 miliardi di dollari di fatturato entro la fine dell’anno, stando a un documento ottenuto da Financial Times. Nel complesso, Uber starebbe invece chiudendo l’anno con 8,7 miliardi di dollari di fatturato. Il gruppo, al contrario di Deliveroo, non avrebbe tuttavia nei piani per il suo servizio di consegna a domicilio l’idea di costruire delle cucine ad hoc e affittarle ai ristoranti che hanno bisogno di più spazio e risorse per onorare tutte le ordinazioni nei tempi previsti. Anche se su questo punto le notizie sembrano contrastanti.
“Vogliamo che sia chiaro che si tratta di un’applicazione separata, un’esperienza diversa e che ha i suoi vantaggi – conclude il manager inglese – certo, facciamo leva sulla stessa logistica ed efficienza, così come sulla velocità di consegna. Ma offriamo agli utenti un servizio del tutto diverso”.