Nella sua quindicesima edizione Identità Golose si è concentrata sul fattore umano, necessario per costruire nuove memorie e soprattutto per portare il passato e il presente del cibo nel futuro. Una missione impossibile? Niente affatto
Nella sua quindicesima edizione Identità Golose si è concentrata sul fattore umano, necessario per costruire nuove memorie e soprattutto per portare il passato e il presente del cibo nel futuro. Una missione impossibile? Niente affatto. L’attenzione sul food è più alta che mai, non solo per la voglia di esser stupiti e saziati, ma anche per rendere un gesto primordiale come quello del mangiare, più etico e sostenibile.
Dal 23 al 25 marzo, durante il congresso internazionale degli chef ideato da Paolo Marchi e Claudio Cedroni, tenutosi a Milano, cucinieri e addetti ai lavori si sono confrontati su gusti, tecniche, ingredienti e filosofie per consegnare l’esperienza alimentare all’arte, all’emozione, ma soprattutto al tempo che verrà.
Ecco un piccolo vocabolario dell’innovazione food per comprendere il cibo del futuro.
Aspettativa
Secondo Karime Lopez, head chef di Gucci Osteria, i ricordi si trovano nello stomaco, quindi il cibo ha una grande responsabilità nel contribuire a conservare vecchie memorie e a formarne di nuove. Queste iniziano sin dal primo impatto visivo col piatto, che crea grandissime aspettative (come il foodporn insegna).
“Non vogliamo vincere la sfida dell’aspettativa – spiega Lopez – Vogliamo creare una nuova memoria, che dopo un mese, due mesi, ci si ricorda bene. È un costante esercizio al fine di trasformare esperienze sorprendenti in memorie durature”. Il suo Charley Marley, dessert dedicato al figlio di Massimo Bottura, sarà una delle nostre.
Brigata
Tutti gli chef che si sono esibiti a Identità Golose sono stati accompagnati da brigate numerose, giovani eppure attente e rigorose come cuochi di lungo corso. Durante i convegni i ragazzi erano la parte di pubblico più attenta: i cellulari registravano gli interventi più interessanti, gli occhi rubavano avidi alle mani delle star.
C’è chi le brigate – ampie e variegate – le ha esibite, come hanno fatto Carlo Cracco e Diego Rossi. E ringraziate, perché, senza di loro, nessuna stella sarebbe raggiungibile, nemmeno la più importante – cioè il cliente.
Quindi il futuro del cibo non è solo nel piatto, ma anche e soprattutto nelle mani delle persone che compongono le brigate, a cui Clelia D’Onofrio, volto di Bake-Off Italia, ha rivolto un caloroso e intimidatorio: “In un momento di poca cultura, studiare può essere la carta vincente per farcela. Quindi, studiate!”.
Consapevolezza
In tutto ciò che viene fatto in cucina la parola d’ordine è consapevolezza. Non solo nelle preparazioni, ma anche nell’approvigionamento. Lo insegnano Diego Rossi di Trippa, Milano, che per i suoi piatti sceglie animali che hanno già alle spalle una vita, pecore e non agnelli ad esempio, sfruttando tutti i tagli a disposizione, senza buttare via niente.
Tony Melillo di Griglia di Varrone, Milano, sfrutta la vacca veja galiziana per il suo pastrami, ma che non passi l’idea che sia solo questa la carne buona. Forse è più importante – come spiega Rossi – mangiare meno carne, ma con più consapevolezza sull’origine, sulla sua vita precedente, sulle preparazioni e sullo spreco.
Donne
Il fattore umano nella cucina del futuro sarà sempre più rosa, non solo per l’aumento di donne nelle brigate, ma anche per la crescita delle chef stellate e della loro fama. Ne è un esempio Dominque Crenn dell’Atelier Crenn di San Francisco, nota anche come “la prima donna di tutti gli Stati Uniti capace di meritare le 3 stelle Michelin”.
Ma restando in Italia i nomi sono sempre più numerosi. È stata senza dubbio l’edizione di Isabella Potì (Bros’, Lecce), che vincitrice del premio Identità Donna.
Antonia Klugmann (L’Argine a Vencò, Dolegna del Collio, Gorizia) ha tenuto banco con le sue contaminazioni tra cucina triestina, cinema, accenti orientali e materie povere. E poi ancora, Veuve Cliquot ha costruito per l’occasione l’Atelier des Grandes Dames, in cui l’omonima etichetta di champagne è stata valorizzata dalle mani e dalle idee di Martina Caruso (Signum, Salina, Messina) e Marta Scalabrini (Marta in Cucina, Reggio Emilia). Sì, il futuro è rosa (e, nel caso di vini e champagne, anche rosè).
Educazione
Il cibo raccontato dalla tv non è solo quello stressato e sagace di MasterChef. Ci sono show che fanno dell’educazione il loro cuore pulsante, come Bake-off Italia. Clelia D’Onofrio, creatrice del Cucchiaio d’Argento, ed Ernst Kram (Pasticceria Ernst Kram, Milano) hanno basato la ricetta vincente del programma su due ingredienti: la pazienza e un linguaggio educato.
Fuoco
La quindicesima edizione di Identità Golose ha mosso i suoi passi partendo da un celebre aforisma di Gustav Mahler: “La tradizione è custodire il fuoco, non adorarne le ceneri”. Oltre a quello umano, anche il fuoco vero, fatto di braci e fiamme, è tornato al centro delle cucine degli chef di tutto il mondo.
Ad esempio Christian Costardi (Cinzia Da Christian e Manuel, Vercelli) nel raccontare l’evoluzione del suo risotto, ha sottolineato come il fuoco rispetto all’induzione assicuri un risultato più fedele al gusto di questo piatto.
Diego Rossi, Roy Caceres (Metamorfosi, Roma), Tony Melillo, Isabella Potì e Adriano Baldassarre (Il Tordomatto, Roma) costruiscono nuove memorie attraverso l’affumicatura con la brace, l’utilizzo di trucioli di legno con cui profumare carni e altri ingredienti. Il fuoco sembra dunque un pezzo di passato profondamente radicato nel presente e pronto per il futuro.
Gelato
Moreno Cedroni, chef de La Madonnina del Pescatore ha dato il via a The Tunnel, un progetto che vive in un lungo corridoio buio in cui si sa dove si entra, ma non dove si esce. Perché “quando fai ricerca non sai che risultato puoi ottenere”. Qui sono nate due idee di gelato, come quello di ortiche alla griglia con capesante (già predessert alla Madonnina) e quello di buccia di banana fermentata.
Nello spazio Identità di Gelato si è parlato di buon gelato e linguaggio della memoria. Enzo Crivella (Crivella Gelati & Dessert, Sarpi) ha raccontato la sua ricerca di prodotti, poesia, storia e tradizione da far confluire nel suo gelato. Non a caso si definisce “geogelatografo” e sostiene che “il gelato deve essere identitario”.
I fratelli Costardi hanno reso onore al gelato e al Grana Padano con il Gragnum, costruendo una sapiente nuova memoria. La scienza della gelateria italiana muove da tempo le corde intime del settore, tanto che – come ha dimostrato già il Gelato World Tour – più che di “ice cream” si parla ormai solo di “gelato”.
Gusto
“Ogni tanto mi stupisco anche io del gusto finale piatti che preparo”, ha dichiarato Moreno Cedroni. Ci si stupisce anche del ribaltamento di prospettiva su alcuni gusti, come il rancido, che Isabella Potì ha raccontato durante il suo show cooking.
“Il gusto su cui stiamo lavorando al momento è il rancido, come racconto egoistico di un palato avido. Perché il rancido, con la sua presenza egoistica, porta un difetto che, se dosato, può diventare un pregio. Così come è il Salento, che nel suo storico isolamento, ha conservato alcuni aspetti culturali che in passato erano rancidi, mentre ora sono valori riconosciuti e rispettati”.
Quindi il rancido è un modo per fare avanguardia e allo stesso tempo marcare il tratto identitario della cucina del neostellato Bros’. Infatti, continua Potì: “Noi perseguiamo il gusto contro ogni forma di omologazione, sia essa estetica, tecnica e territoriale. Il nostro lavoro si basa sul lavorare sulle similitudini del mondo e sulle specificità del nostro territorio, con l’obiettivo di esaltarlo”.
Hôtellerie
L’hotel è da tempo diventato anche il palcoscenico per cuochi eccezionali come Matteo Felter al Grand Hotel Fasano. Per questo anche qui il servizio – e non solo quello di sala – deve essere non meno che perfetto, soprattutto nella fascia top.
Per questo l’hôtellerie del futuro deve essere sempre improntata all’attenzione ai dettagli, ai trattamenti personalizzati, alla sensibilità del room-service, alla qualità delle prime colazioni, passando per front-office cortesi ed efficienti.
Ispirazione
L’ispirazione rimarrà un elemento chiave nel futuro del food. Ciò che da quindici anni insegna Identità Golose è che l’ispirazione di un piatto può nascere ovunque. Da una passeggiata nel bosco può nascere un piatto di spaghetti. Ma anche da una storia d’amore, da un ricordo di bambini, da un viaggio, dall’ammirazione per un collega.
Km
Il km zero rimane per molti un comandamento imprescindibile per la propria attività. Lo chef israeliano Ezra Kedem (Studio Arcadia, Gerusalemme) coltiva da sé i vegetali che usa nei suoi piatti, proprio come l’italianissimo Pietro Zito di Antichi Sapori, a Montegrosso.
Ma altri chef che hanno contaminato i propri piatti con ingredienti nati ad altre latitudini, sembrano voler sfatare il rigore su questo argomento. Corrado Assenza sintetizza questa tendenza con la frase: “Siamo disposti a fare tutti i km necessari per fare le cose buone”.
Lavoro
In passato essere uno chef significava fare uno dei lavori più duri e meno visibili del pianeta. La fatica è rimasta, certo. Sulla visibilità – come ci ha insegnato il fragore televisivo – i tempi sono cambiati. E con essi, cambiano anche i modi di organizzare le cucine, persino le gerarchie. Ad esempio la chef francese Dominique Crenn ha raccontato di come nella sua cucina non si segua più l’organizzazione classica dei ristoranti in “brigata”, ma come tutti siano allo stesso livello.
Mondo
Il racconto di Nuove Identità ha portato nelle cucine di Identità Golose i talenti emergenti italiani e stranieri, alla ricerca di qualcosa di nuovo da dire e mettere nel piatto.
Gonzalo Luzarraga (Rigò, Londra) nato in Cile da padre spagnolo e madre italiana, è un esempio perfetto di come la contaminazione della memoria produca poi un risultato capace di parlare di mondo. Lo fa attraverso piatti come il “risotto” di funghi enoki mantecati velocemente in burro e Grana Padano, con il tartufo nero a esaltarne il gusto umami.
Dal ristorante Amelia di San Sebastian l’italo-argentino Paulo Airaudo lavora da tempo sull’interpretazione personale degli ingredienti locali, un altro modo di raccontare il mondo a tavola.
Nuovo
Nel futuro del cibo il concetto di nuovo sarà sempre più relativo. La memoria passata in simbiosi con nuove tecniche, con la chimica e con il territorio, nutrirà nuove pance, istruirà palati vergini e costruirà – come si augura il congresso – nuove memorie. A patto che l’ingrediente e il motore primario rimanga il fattore umano.
Odori
Identità Golose non è solo sapore, ma anche odore. Fuori dalla bocca si chiama profumo. Dentro, si chiama aroma. Ed ecco la festa degli aromi intensi e suggestivi dell’albicocca Crisommola campana che Franco Pepe (Pepe in Grani, Caiazzo, Caserta) ha sposato alla pizza fritta con crema di ricotta di bufala, polvere di olive nere e una spruzzata di Prime Uve oro.
L’odore e l’aroma sono anche una componente fondamentale dello spaghetto al pino mugo di Riccardo Gaspari (SanBrite | Agricucina, Cortina d’Ampezzo, Belluno) che nel suo show cooking “Dove comincia il bosco” ha valorizzato le Dolomiti.
Parola
Per Corrado Assenza (Caffè Sicilia, Noto, Siracusa) la parola è la coordinata fondamentale per creare il futuro a tavola. Durante l’incontro dal titolo “Se lo immagini, puoi”, il pastry chef siciliano ha sottolineato l’importanza di rinfrescare le memorie, di rinnovare i fondamenti della cucina e della tradizione.
L’obiettivo: offrirli attraverso la parola e il racconto alle nuove generazioni, affinché li portino nella loro quotidianità. “Col tempo queste tradizioni tornano cambiate, cresciute, ma restano pur sempre idee”.
Qualità
Umane, delle materie prime, delle tecniche di cottura, dei collaboratori, persino dei clienti: tutto ciò che ruota attorno al mondo del cibo, anche quando si tratta di street food, deve parlare delle qualità di ciò che è fatto ma anche di chi l’ha fatto.
Lo ha dimostrato in modo eccellente la Karema Lopez, che ha racchiuso nel suo primo speech completamente in italiano l’impegno e l’attenzione della sua cucina, ma anche tutte le sue qualità umane, che hanno conquistato un supporter d’eccezione, Massimo Bottura. Lo chef di Osteria Francescana ha fatto la sua claque per tutto lo show cooking.
Recupero
Il recupero di cui si nutrirà il mondo della cucina che verrà è quello delle materie prime – di cui si butta via sempre meno -, quello delle ricette della tradizione, ma soprattutto quello delle memorie. Costruirne di nuove è la missione anche dei fratelli Christian e Manuel Costardi che hanno ripescato dal passato l’odore della panada della nonna (una minestra di acqua, Grana Padano e pane raffermo), per modificare il loro celebre risotto alla parmigiana.
La nuova versione di questo piatto, servito in lattina durante Expo, prevede l’uso di un brodo di Grana Padano con una mantecatura a base di grasso del formaggio eliminato durante la cottura del brodo, e arricchito di ghi, grasso usato nella cucina ayurvedica.
Servizio
Un altro dei fattori sempre più centrali nel mondo del cibo è il servizio. Qui il fattore umano è più importante che mai. Il personale di sala deve essere composto da persone ben educate, di buona cultura, senza lunga esperienza, ma ricche di curiosità, voglia di fare e di vedere. Il che significa essere versatili, studiare, capire il cliente in pochi minuti, per poter poi impostare il proprio comportamento ed evitare di rovinare la cena (o il dopocena) ai clienti.
Proprio per offrire al mondo della ristorazione il personale più preparato, l’offerta formativa è sempre più strutturata per offrire corsi che si adattino anche a un paese diverso dall’Italia . Così anche in India si potranno formare camerieri perfetti, con un’impronta tutta italiana, ma con un risultato perfettamente globale.
Tv
Durante la giornata di apertura di Identità Golose la prima parte dei convegni è stata dedicata al ruolo che la tv ha avuto nel creare e diffondere la cultura del cibo. Tra il passato enciclopedico delle reti Rai, con Mario Soldati e i suoi racconti della campagna piemontese, e quello stressogeno e accattivante di MasterChef (che zitto zitto si avvia a festeggiare i 30 anni di attività nel 2020), la tv ha attuato una vera rivoluzione.
“Non è più la ricerca dell’ingresso nella cultura di un altro popolo, – spiega Paolo Marchi, – ma un modo per incuriosire e attirare il pubblico. Tutte le trasmissioni hanno riportato l’attenzione sul cibo, ma anche sul restare a casa per tornare a cucinare”.
Il futuro? Passa per Netflix, capace di cambiare le sorti di pasticcerie come il Caffè Sicilia di Corrado Assenza, a cui ci son voluti 35 anni e 48 minuti di “Chef’s Table” per conquistare una meritatissima notorietà mondiale.
Oppure per i social, come dimostra il caso Isabella Potì e il ristorante costruito con Floriano Pellegrino, fresco di Stella Michelin, Bros. “Tu sei il tuo contenuto” è il messaggio che la 25enne di Scorrano, Lecce, lancia al mondo, raccontando come lei e la sua brigata veicolino passione e competenza attraverso il duro lavoro e mentalità imprenditoriale.
Umami
Nella composizione del bouquet di sapori di un piatto, tutti gli chef ricercano ossessivamente l’umami. Sconosciuto ai più, l’umami è il quinto gusto percepito dalle papille gustative. Si unisce al dolce, salato, amaro e aspro. È una parola giapponese, che in Italiano potrebbe tradursi come saporito.
La sensazione è attivata dal glutammato monosodico, presente in alghe, formaggio, pomodori, piselli, cavolo, spinaci, cipolle, broccoli zenzero, funghi, carne e salumi, frutti di mare, tonno e acciughe, miso, salsa di soia e altri condimenti orientali, nonché molti prodotti fermentati come la salsa di ostriche.
Vegan
Le nuove memorie del cibo non possono prescindere dal mondo vegetale, come dimostrano anche le scelte di big player come Unilver che ha lanciato il Magnum Vegan Classic. Durante Identità Naturali hanno sfoderato la loro sapienza chef del calibro di Sauro Ricci, Marcello Corrado, Salvatore Bianco e Richard Hart.
Durante lo show cooking di Daniela Cicioni (affiancata dietro le quinte da Antonio Bufi) si è parlato di fermentini (“formaggi” ottenuti dagli anacardi) nel piatto Nuove Radici (capellini di rape colorate, fermentino a crosta fiorita, gel e polpa di kimchi di barbabietola).
Scoprire che il riso può essere ancora più buono e nutriente di così è una missione che solo chef del calibro di Cicioni e Bufi potevano portare a compimento. La piena espressione di questa scoperta è il piatto Riso e Piselli (riso rosso germinato, crema di piselli con shio-koji di riso, Kombucha ristretta, cavolo rapa, menta e verbena). Leggendo queste ricette, è chiaro che il mondo vegan non può prescindere dalla contaminazione con il sapiente Oriente.
Vino
Nella recensione di un ristorante, il vino occupa – quando va bene – il 5 per cento dell’articolo. Una percentuale che rispecchia il peso globale della comunicazione di questa parte pur importantissima di una cena. Secondo Alessandro Tomberli (Enoteca Pinchiorri, Firenze) non bisogna mai dimenticare che il piatto di uno chef dura dieci minuti, mentre una bottiglia resta lì per un’ora e mezza: consigliare dunque quella giusta può fare la differenza.
Per conquistare la “vera stella” di un ristorante – cioè il cliente – avere una carta dei vini vincente è necessario. Secondo Matteo Lunelli, presidente del Gruppo Ferrari, “una carta vincente è in perfetta sintonia con la filosofia, il format e l’idea del ristorante”.
Tra i trend in ascesa nel mondo del vino si parla molto – e ancora con diffidenza – di vini naturali, biodinamici e anche vegani, come ci spiega Andrea Antinori di Winelivery, che affianca la sua analisi B2C al congresso Identità Golose.
Si cerca di arricchire la carta con distillati e vini dal mondo, come il sakè o i monovitigni coltivati oltreoceano. Ma soprattutto c’è una riscoperta del vino al calice e l’idea che no, il bicchiere non è affatto una cosa cheap, va rispettata e valorizzata.
Wow Effect
Il pastry chef Antonio Bachour (Bachour, Miami) si è fatto ambasciatore del concetto di Wow Effect, l’effetto wow. Partendo dal concetto che anche il dessert è memoria, e per questo deve essere pensato per rimanere impresso nella testa di chi lo mangia, il Wow Effect deve essere legato anche a ciò che gli occhi percepiscono al primo sguardo del piatto. Lo sa bene Roger Van Damme (Het Gebaar, Anversa), che ha stupito il pubblico dell’Auditorium con Soleil.
Zelo
In tre giorni ciò che salta agli occhi in tutte le sale e tra gli stand di Identità Golose è lo zelo con cui i ragazzi che aspirano ad entrare o già fanno parte di questo mondo assorbono le parole di grandi maestri come Niko Romito, Mauro Uliassi. Dietro le quinte, ore e ore di preparazioni si accumulavano per garantire a tutti un assaggio. L’età media delle brigate è sempre più bassa, ma l’impegno e la qualità della tecnica sono sempre più alte.
Massimo Bottura ha improntato il suo intervento su quattro ferree coordinate – cultura, conoscenza, coscienza, senso di responsabilità – aggiungendo “in questo mondo è facilissimo perdersi nella quotidianità. Il segreto è tenere un piccolo spazio aperto per la poesia”. Operazione da eseguire – in tutti gli ambiti della vita – con il massimo zelo.