L’intelligenza artificiale è una presenza sempre più costante nel mondo dell’informazione. Ma paradossalmente aiuta i professionisti a ritornare più “umani”. Almeno per ora…
Dietro le tastiere ci saranno sempre più robot. L’intelligenza artificiale in campo giornalistico ha iniziato a essere utilizzata già da qualche anno e sta via via prendendo piede su scala sempre più globale. Ma questo non significa che i giornalisti in carne e ossa scompariranno, almeno per il momento.
L’intelligenza artificiale nell’informazione
È dal 2012 che la robotica ha trovato spazio nelle redazioni giornalistiche. Come sempre in materia di intelligenza artificiale, i due poli di maggiore innovazione sono anche in questo caso Stati Uniti e Cina. La compagnia americana Automated Insight è stata tra le prime a creare un robot-reporter con Wordsmith, un generatore automatico di contenuti che grazie all’utilizzo di keyword e dati riesce a dare vita a veri e propri articoli giornalistici. Associated Press e Yahoo sono stati tra i primi media a servirsi di Wordsmith, che nel 2014 in versione beta, e con un team di 50 dipendenti, aveva generato già oltre un miliardo di contenuti. Il Washington Post, sempre sfruttando la tecnologia di Automated Insight, ha invece lanciato da quasi due anni il suo Heliograf, una propria versione di robot giornalista che ha pubblicato circa 850 articoli nel giro di un anno. Dopo essersi occupato delle Olimpiadi di Rio de Janeiro dell’estate 2016, aggiornando per lo più medagliere e cronache live delle gare sportive in corso, Heliograf è stato utilizzato anche nella sezione politica del quotidiano Usa.
Le applicazioni in Usa e Cina
Heliograf, così come il Quakebot del Los Angeles Times, è in grado non solo di scrivere articoli ma anche di interagire sui social network per esempio postando su Twitter. Forbes ha invece scelto la società Narrative Science e la sua piattaforma di intelligenza artificiale chiamata Quill. Questi robot reporter hanno “colleghi” anche in Cina. Non è certo un mistero che Pechino stia investendo a pieno ritmo sull’A.I., settore nel quale conta di compiere lo storico sorpasso ai danni di Washington entro i prossimi anni. Un sorpasso che si è quasi già concretizzato sul piano militare. Il Southern Metropolis Daily, un quotidiano della città di Guangzhou, ha da poco lanciato un suo modello di giornalista robotico che promette non solo di essere estremamente veloce ma anche di possedere una profonda capacità di analisi dei dati, persino più profonda dei giornalisti umani. Anche Tencent, il colosso che possiede tra le altre cose la popolarissima piattaforma WeChat, ha invece creato Dreamwriter, un robot in grado di scrivere un testo di 916 ideogrammi cinesi nel giro di un minuto.
Con i robot il giornalismo torna più umano
Ciò non significa, almeno per il momento, che i giornalisti in carne e ossa saranno sostituiti in blocco da quelli artificiali. Anzi, per molti analisti avverrà, o sta già avvenendo, tutto il contrario. I robot vengono utilizzati per le “hard news” in tempo reale o per tutti quei contenuti che vanno aggiornati in tempo reale o che richiedono un’analisi di dati e statistiche, lasciando invece liberi i colleghi umani di occuparsi di contenuti più approfonditi. I robot propongono infatti articoli asciutti e neutrali, non avendo ancora sviluppato la capacità di dare un taglio particolare a una notizia. Almeno per il momento. Insomma, paradossalmente l’introduzione dei robot nelle redazioni potrebbe consentire un ritorno a un giornalismo più “tradizionale”, con i professionisti umani sgravati dai compiti più banali e liberi di dedicare più tempo a inchieste e analisi, esprimendo così il proprio valore aggiunto. Il tutto mentre gli editori possono aumentare la quantità e la precisione dei propri contenuti, con un’intelligenza artificiale che dovrebbe limitare la possibilità di errori nell’analisi dei dati.
Robot reporter e anchormen
Ma non è detto che questo scenario di felice convivenza tra uomini e robot duri per sempre. Nel lungo periodo l’intelligenza artificiale potrebbe conquistare nuovi campi di applicazione, assumendo quasi il rango di “reporter” oltre che quello di “giornalista”. Uno dei precursori in questo senso è il chatbot BuzzBot di Buzzfeed. Si tratta di un robot reporter utilizzato dal sito in occasione delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016. BuzzBot ha non solo raccolto punti di vista, sensazioni, foto e video dell’elettorato americano sui social network. Dotato di un software in grado di rispondere ai suoi interlocutori in maniera diversa a seconda degli input ricevuti, il chatbot ha raccolto una serie di materiali e fonti poi sottoposti al lavoro di interpretazione e rielaborazione della redazione. Ma non è detto che anche l’ultimo passo del processo non possa essere svolto in futuro dall’intelligenza artificiale. Robot dunque sempre più reporter ma anche sempre più anchormen. Nelle scorse settimane un team di ricercatori giapponesi di Osaka ha infatti lanciato Erica, un robot con sembianze femminili dotata di un’intelligenza artificiale che le consentirà di leggere le news preparate per lei in diretta televisiva. Le domande restano ancora molte: riusciranno i robot a replicare non solo la struttura degli articoli tradizionali lineari ma sapranno restituire anche l’arte investigativa del giornalismo? Saranno in grado di interpretare e vedere le sfumature oltre che raccogliere e aggiornare? Lo scopriremo presto, ma nel frattempo sarà meglio che i giornalisti umani ricordino ai loro editori qual è il loro valore aggiunto.