L’azienda di Shenzhen sta lavorando alacremente al suo sistema operativo alternativo. Totalmente compatibile con Android. E non è la sola big cinese a testarlo
Huawei sta testando Hongmeng OS, la sua alternativa ad Android fatta in casa che servirà a scongiurare qualsiasi conseguenza per le vendite dei suoi smartphone e tablet. Il progetto, che a quanto pare è nato nel lontano 2012 proprio in previsione di una situazione simile, è ormai a uno stadio avanzato di sviluppo: tanto che ci sarebbero in circolazione o pronti per essere distribuiti già migliaia di terminali. E a testare il software sviluppato da Huawei sarebbero impegnate anche almeno altre due aziende: ovvero Oppo e Xiaomi, due altri pesi massimi cinesi, che presto o tardi rischiano di sperimentare le stesse conseguenze di Huawei.
La guerra fredda degli smartphone
Dove eravamo. La Presidenza USA ha iscritto Huawei nella lista delle aziende che pongono dubbi in materia di sicurezza e riservatezza, e quindi il Segretario del Commercio a stelle e strisce si è visto costretto a iscriverla nella cosiddetta entity list. Conseguenze pratiche: tutte le aziende con sede negli Stati Uniti, anche se non quella principale, si sono viste costrette a tagliare i ponti con Huawei; che pure sta comunque godendo di una sospensione temporanea di 90 giorni che serve a garantire a tutti che non ci siano conseguenze per il consumatore finale, anche se questo non ha impedito il parto di draconiane soluzioni come quelle che hanno tagliato fuori i tecnici di Shenzhen dalla peer review delle ricerche da pubblicare sulle riviste scientifiche.
Quello che è più significativo di tutto, comunque, è la posizione di Trump: il quale, come vi abbiamo raccontato, ha già fatto capire che il bando per Huawei potrebbe essere rivisto se si troverà una soluzione commerciale che metta d’accordo Oriente e Occidente. Sul piatto ci sono: tecnologia disegnata in USA, le fabbriche cinesi che fanno risparmiare bei soldoni in manodopera, il marketing e la potenza dei brand statunitensi, le risorse naturali e in particolare le terre rare (indispensabili per l’elettronica) di cui la Cina è ricca. Si troverà senz’altro un compromesso che accontenti tutti, magari a Huawei potrebbe essere imposta una sanzione e resterà osservata speciale per qualche tempo: ma è molto probabile che tutto si sblocchi.
La mossa di Huawei
Quello che però potrebbero decidere di fare a Shenzhen, a questo punto, è di tagliare in ogni caso il cordone ombelicale con Mountain View: se Google ha il potere di vita o di morte sugli smartphone Android, potendo in ogni momento revocare le licenze (a pagamento) che consentono di installare Play Store e gli altri servizi come Gmail e Gmaps sugli smartphone, forse vale la pena prendere seriamente in considerazione di emanciparsi da questa spada di Damocle. Mettere nelle mani di un’azienda esterna un asset fondamentale del proprio business può rivelarsi (o meglio: si è rivelata) un’arma a doppio taglio.
Quindi, spazio a Hongmeng OS. Anche di questo software di fatto vi abbiamo già raccontato: sotto mentite spoglie e nel massimo riserbo era stato già testato su alcuni smartphone di casa, e la sua peculiarità è risultare totalmente compatibile con le app Android. In pratica non devono essere riscritte o modificate, come invece accade per il passaggio iOS-Android o come accadeva pure nel caso di Windows Phone: se c’è un modo di portarle su un terminale equipaggiato con Hongmeng OS, funzioneranno.
Da risolvere c’è quindi solo il nodo di come farcele arrivare le app sugli smartphone Huawei: c’è la possibilità di attingere a marketplace alternativi, la stessa Huawei sta lavorando al suo app store. E, infine, la soluzione più probabile: che tutta questa boutade si sgonfi una volta per tutte, e che si torni a fare affari vantaggiosi per tutti come è sempre stato, al limite anche venendo alle mani (per modo di dire) in tribunale per forzare la mano alle parti in causa.
Ah, dulcis in fundo: se non fosse ancora chiaro, gli smartphone già in commercio non risentiranno di queste vicende. Se possedete un Huawei, vi sarete accorti in questi giorni che sono arrivati regolari gli aggiornamenti previsti: sul P30 Pro, e non solo, sono arrivate pure le patch di sicurezza di Android di maggio, assieme ad altre piccole modifiche per la fotocamera e altri aspetti del terminale, a dimostrazione ancora una volta che il bando (se ci sarà) non sarà di certo retroattivo.