Dal pionieristico corto “Sunspiring”, scritto dall’intelligenza artificiale, alle soluzioni di Cinelytic, appena acquisite dalla major cinematografica, ecco come la creatività sul grande e piccolo schermo può sfruttare gli algoritmi
L’intelligenza artificiale si è già messa al lavoro da molto tempo nell’ambito della creatività per così dire umanistica, letteraria o cinematografica. Quattro anni fa, per esempio, un sistema automatizzato sfornò la sua prima sceneggiatura originale. Se ne occupò il regista Oscar Sharp, che appunto diresse la prima pellicola immaginata da una rete neurale. Si chiamava “Sunspiring”, non passò alla storia per chissà quali meriti, ma fu in effetti un tentativo di certo pionieristico: un corto di nove minuti dalle tinte fantascientifiche scritto da un sistema artificiale. Mica male.
Una scena di “Sunspiring”
All’epoca il regista decide di collaborare con l’ingegnere e ricercatore Ross Goodwin per “allenare” la rete neurale ricorrente. Lo fece dandone in pasto un ricco corpus cinematografico tratto da una serie di pellicole del genere, da “Alien” a “Star Wars” fino a cose più leggere come “Ghostbuster” o “Scary Movie 2”, o cartoon come “Futurama” e storiche serie come “X Files”. Le uniche indicazioni consistettero nella struttura generale di sezioni ed elementi del testo. Il risultato è qui, giudicate voi.
L’esperimento di Immersion Neuroscience
Più avanti, un paio di anni dopo, la Immersion Neuroscience ha lanciato una piattaforma di tracciamento neurale destinata in realtà a molti ambiti differenti che più che creare ex novo tenta di analizzare in profondità. Valuta cioè, mettendo sotto la lente una serie di parametri, quali programmi televisivi avranno successo prima che vadano in onda. Nel tentativo di indovinare la nuova “big thing” del piccolo schermo, specie in tempi di streaming scatenato. Stabilendo il grado di coinvolgimento degli spettatori nei contenuti video e nelle esperienze dal vivo con un piccolo dispositivo indossabile, la società garantiva la sua efficacia. Con uno studio pubblicato un anno e mezzo fa aveva infatti spiegato come il suo algoritmo, vero ingrediente segreto del sistema, indovinasse le sorti di un programma nell’84% dei casi. Il test venne effettuato su un gruppo di reality show di successo e un altro che invece raccoglieva dei fiaschi totali, in base ai dati di gradimento e delle analisi di Nielsen, sottoponendoli a 84 partecipanti fra i 25 e i 58 anni e valutandone il coinvolgimento leggendo parametri come battito cardiaco e livelli di ossitocina.
La storia di ScriptBook
Qualcosa di simile, ma solo per le sceneggiature dei film, aveva fatto nello stesso anno ScriptBook, un software realizzato da Nadira Azermai. Sempre nello stesso periodo aveva diffuso i dati di un’indagine: analizzando le sceneggiature della Sony il suo sistema era stato in grado di identificare, ovviamente ex post, 22 gigantesche delusioni in sala, vale a dire film costati davvero molto e che hanno incassato poco o nulla, su 32 titoli effettivamente fallimentari firmati appunto Sony nel triennio 2015-2017.
Come funziona Cinelytic
Adesso ci si riprova. Un’altra major, stavolta Warner Bros. Pictures, ha deciso di utilizzare il sistema di intelligenza artificiale Cinelytic per assistere tutte le parti coinvolte nella produzione di una nuova pellicola. A quanto pare non ci si affiderà alle valutazioni di quel software per decidere se un titolo dovrà o meno finire in sala ma i feedback che rilascerà saranno utilizzati per prendere decisioni più sensate nel corso della produzione. In ogni caso, l’influenza sarà notevole. Anche perché la piattaforma dovrebbe aiutare la produzione a stimare gli incassi previsti, valutare il lavoro degli attori coinvolti e determinare se a un certo titolo occorre riservare un’uscita particolarmente roboante in termini di comunicazione, hype e attenzione o se invece può finire in sala senza troppe preoccupazioni, per riempire i buchi di calendario dell’anno cinematografico.
Il sistema, dice Cinelytic, è dedicato a “compiti di scarso valore e ripetitivi” che farebbero solo perdere del tempo ai top manager e alla produzione. Eppure i dati che potrebbe aiutare a prevedere sono fondamentali. Secondo l’Hollywood Reporter, che ha riportato per primo la notizia, sarebbe per esempio di un certo interesse per capire quali film presentare nel circuito dei festival.
Fondata quattro anni fa da Tobias Queisser, Cinelytic ha testato la propria piattaforma per tre anni. Nel 2018 il gruppo ha raccolto 2,25 milioni di dollari dalla T&B Media Global e firmato accordi con case di produzione come Ingenious Media (“Wind River”) e Productivity Media (“The Little Hours”). Un’altra società che ha infilato una serie di flop come “Playmobil” e “Uglydolls” si è invece affidata alle cure dell’azienda dallo scorso settembre. Staremo a vedere. O forse no: decide l’AI.