Ford e General Motors si aggiungono a Elon Musk. Tutte hanno annunciato su Twitter che si può convertire la produzione dalle auto ai macchinari sanitari per aiutare gli ospedali statunitensi
La Casa Bianca chiama e le grandi compagini dell’automotive rispondono presente. L’idea del Governo è mettere in campo tutte le risorse possibili per frenare i contagi e offrire assistenza ai malati: per questo ha chiesto la collaborazione alle grandi aziende, in particolare del settore auto costretto per la maggior parte a bloccare l’attività: all’appello arrivato da Washington hanno risposto subito Ford e General Motors, con il CEO di quest’ultima, Mary Barra, che ha dichiarato di voler mettere a disposizione gli spazi inutilizzati degli stabilimenti aziendali per produrre ciò che occorre, come più tardi ha confermato anche la casa dell’Ovale Blu.
Appello che però ha dato anche il via a una serie di polemiche e critiche verso Tesla che, invece di sospendere i lavori, ha continuato a mantenere aperta la fabbrica di Fremont (California) per garantire le prime consegne della Tesla Y, il suv elettrico di medie dimensioni, salvo poi annunciare la riduzione dei dipendenti attivi, da 10.000 a 2.500, con la maggior parte rimasta a casa in regime di smart working. Alla fine, però, il Covid19 ha superato anche lo scetticismo di Elon Musk: l’eclettico imprenditore sudafricano pare non temere l’arrivo del Coronavirus, salvo specificare su Twitter – suo social preferito, dove alterna video spettacolari e provocazioni, tra gadget improbabili e grandi news – che in caso di bisogno eventualmente offrirà un aiuto concreto agli americani, a corto di ventilatori polmonari, respiratori e altri macchinari specifici utili, in modo particolare, per la terapia intensiva.
Sos Usa
Le cifre tendono a smentire lo scetticismo di Musk, che sempre su Twitter aveva messo l’accento sul “panico da coronavirus che è più pericoloso del virus stesso”, atteggiamento insidioso poiché “mettendo a disposizione troppe risorse sul coronavirus, aumentano i rischi degli altri malati”. Così davanti alla richiesta specifica di un utente sulla possibilità di convertire la produzione dalle auto elettriche ai ventilatori, il fondatore di SpaceX ha spiegato di poterlo fare in caso di necessità, cioè se ci fossero ospedali a corto di unità. Reazione a metà tra il sorprendente e il deludente, perché le esigenze sanitarie del paese sono tante e su ampia scala, come dimostrano i 500.000 tamponi per il Covid-19 prodotti dall’azienda bresciana Copan (la principale azienda produttrice al mondo di tamponi, che da anni vende anche negli Stati Uniti) che sono stati portati dalla base americana di Aviano in Tennessee, per essere messi a disposizione di enti pubblici e clienti privati.
La disponibilità di Elon Musk, alla fine, è arrivata via social durante un botta e risposta con uno dei suoi 32,4 milioni di followers (proprietario di una Tesla, tra l’altro), spiegando che “i ventilatori non sono dispositivi complicati ma non possono essere prodotti all’istante, perché serve il tempo tecnico per convertire la produzione da un prodotto all’altro”. Il passaggio sarà sicuramente più semplice per l’azienda di Musk rispetto ad altre, poiché sia Tesla che SpaceX contano su conoscenze ed esperienze di sistemi per la sicurezza umana: dall’altro lato, però, cambiare la produzione proprio quando si riducono le risorse interne comporta una dilatazione dei tempi. E con il coronavirus che impazza là fuori, il tempo è ancora più prezioso del solito.