Una visual novel rimasta fino a oggi confinata nell’arcipelago nipponico che ricorda vagamente Fire Emblem
Ci sono videogiochi che restano confinati in Giappone. A volte perché considerati troppo orientali, altre volte perché non fanno parte di un genere che va per la maggiore in quel determinato periodo “storico” o i distributori sono semplicemente scettici o, ancora, impegnati su altri fronti. Gli appassionati sono così costretti a fare i salti mortali per recuperarli, acquistando copie di importazione e dovendo litigare con storie incomprensibili per via di una lingua sicuramente ostile ai più, come può essere il giapponese. Ma ci sono titoli più fortunati, che prima o poi riescono comunque a tornare dal confino. È il caso di Utawarerumono: Prelude to the Fallen.
L’impronunciabile Utawarerumono
Probabilmente Utawarerumono dirà ben poco anche ai videogiocatori più attenti. Eppure è una saga che conta ormai di tre episodi e persino di una serie animata. Il capostipite, Utawarerumono: Prelude to the Fallen, risale al lontano 2002 e, nonostante alcune curiose vicissitudini, non uscì mai dall’arcipelago nipponico. Dopo 18 anni si è deciso di farne un remake e di portarlo in Occidente. Sarà stata una scelta saggia?
Utawarerumono: Prelude to the Fallen è una bizzarra visual novel inframezzata da combattimenti. La portata principale, quindi, è riservata ai dialoghi. È sugli scambi dialettici tra gli improbabili personaggi dalle sembianze vagamente animali e sulla trama che si regge tutto il gameplay. Gli scontri, che ricordano vagamente Fire Emblem e si svolgono su griglie (essenziale non solo il posizionamento delle pedine sulla scacchiera, ma anche contrapporre a ciascun “pezzo” uno contrassegnato dall’elemento dominante), sono quasi accessori. Prova ne sia che, a livello “normal” difficilmente si deve ripetere una battaglia.
Anche se piuttosto banale, la storia è a suo modo affascinante e coinvolgente. Si impersona un guerriero, tale Hakuowlo, che non ricorda nulla del proprio passato e non conosce nemmeno il bizzarro universo in cui è finito, popolato da creature antropomorfe. Fin qui non ci sarebbe nulla di realmente entusiasmante, ma il mistero inizia a infittirsi quando il nostro eroe scopre di avere sul volto una maschera che, per qualche ragione, non riesce a togliere. La lingua giapponese in questa riedizione è sparita, sostituita dall’inglese, novità che rende finalmente comprensibile il canovaccio alla base delle avventure di Hakuowlo, anche se avremmo preferito una localizzazione in italiano.
Accade comunque che, con il passare delle ore di gioco, ci si affezioni all’intera popolazione del villaggio Yamayura, dove la giovane e volenterosa Eruruu ci ha trascinato e curato dopo averci trovati in fin di vita nel fitto della foresta. Il villaggio è schiacciato dai soprusi di un signorotto locale, gli abitanti devono seguirne le angherie e noi non staremo certo con le mani in mano, diventando gli artefici di una vera e propria rivolta. Svecchiato sia dal punto di vista grafico (nuovi fondali, modelli interamente poligonali, character design rivisto), sia da quello del gameplay (combattimenti più interattivi, con la possibilità di inanellare più combo), Utawarerumono: Prelude to the Fallen è oggi una visual novel atipica che gli appassionati dei prodotti intrisi di magia nipponica non dovrebbero lasciarsi sfuggire. Certo, qua e là si avverte di avere per le mani un prodotto che ha ormai due decadi sulle spalle, ma il lavoro finale è comunque degno di nota