Debutto a sorpresa sullo store digitale Nintendo di due piccole pietre miliari della storia dei videogiochi. Scoprirete che si può scrivere una lettera d’amore a tutto ciò che è pop senza per questo fare un blockbuster. I gemellini di Suda51 sono infatti per pochi eletti
La notizia che l’atteso, sospirato, agognato terzo capitolo della serie di No More Heroes (Travis Strikes Again: No More Heroes, uscito ormai oltre un anno e mezzo fa, è infatti uno spin off) è in preparazione ha fatto felici i fan della serie almeno quanto quella che i due titoli precedenti sono nuovamente approdati su console Nintendo. Dopo aver sorpreso la platea dell’indimenticato Wii, ormai 12 anni fa (il primo capitolo risale infatti al 2008, mentre Desperate Struggle debuttò nel 2010), il vecchio, folle, perennemente sotto acidi, Travis Touchdown è pronto a fare casino su Switch. Come sarà ritornare dopo tutto questo tempo a Santa Destroy?
Se non avete mai giocato a No More Heroes e No More Heroes 2 Desperate Struggle sappiate anzitutto che non (NON) sono GTA in salsa nipponica. Tutt’altro. I due giochi ideati da quell’artista bohemien che risponde al nome di Gōichi Suda (anzi, per la verità è più facile che risponda chiamandolo Suda51, e risponde sul serio: provate a scrivergli su Facebook) sono di tutt’altra pasta. Sono un concentrato di demenzialità nipponica che si prende gioco della demenzialità occidentale (soprattutto americana, dove entrambi i titoli sono ambientati, in una ipotetica cittadina californiana) e lo fanno in modo irriverente ma sempre bonario.
Il risultato sono due titoli fuori dagli schemi e fuori di testa, molto adulti tanto per i dialoghi quanto per il canovaccio, le situazioni e le allusioni. Travis Touchdown, il protagonista di entrambi gli episodi, è tutto fuorché un eroe. Apparentemente è un bulletto nipponico (sembra infatti quei ragazzini liceali che scimmiottano i membri della yakuza), smargiasso e pieno di sé, ma è pure un nerd, amante dei fumetti, del wrestling, delle modo e ovviamente delle belle donne. Ed è anche – diciamocelo – un po’ sfigato, considerato dove e come vive (ricorda vagamente un Drugo de Il Grande Lebowski fatto di LSD). Ma a lui va bene così. E a voi?
Se amerete Travis amerete anche No More Heroes e No More Heroes 2 Desperate Struggle, visto che Travis è pure l’essenza stessa di entrambi i capitoli. Nel primo gioco bisognerà aiutarlo a scalare la graduatoria dei migliori killer degli USA. Come? A colpi di katana laser, un’arma assurda tanto quanto lui.
Ma il concorso che permette di confrontarsi con gli assassini più pericolosi dei 50 Stati ha un costo spropositato e allora il nostro deve balzare da un lavoretto saltuario a un assassinio su commissione per raggranellare il denaro a sufficienza. Nella migliore tradizione degli hack’n’slash si deve prima ripassare un po’ di pesci piccoli che si differenziano per il tipo di arma usata e poi, alla fine, si arriva al “boss”.
Quando ha finalmente abbastanza soldi per una sfida Travis può duellare con uno dei killer della top 10: se lo batte onore e gloria, ma si riprende daccapo coi lavoretti a spasso per Santa Destroy attraverso fasi free roaming piuttosto soporifere che per fortuna ci sono state risparmiate in No More Heroes 2 Desperate Struggle (ecco perché vi dicevamo che, nonostante le apparenze, non ha nulla a che vedere con GTA. Nulla!). Questo, in estrema sintesi, il gameplay del primo capitolo.
Che più che un free roaming va inteso come un susseguirsi di duelli nei quali, per vincere, occorre rispettare determinate regole, come sfruttare una mossa concordata con chi vi assolda o fare fuori l’avversario nel tempo limite. Detto così No More Heroes pare poca cosa, invece, vuoi il suo combat system profondo, divertente, adrenalinico, vuoi la follia nipponica che solo uno come Suda51 sapeva tessere nel canovaccio del gioco, permeandone ogni aspetto, ogni comprimario, ogni missione, ogni situazione… be’, si capisce perché questa IP alla sua prima apparizione dodici anni fa seppe comunque compattare attorno a sé una nutrita rassegna di appassionati. Anche perché chi più di una decade fa giocò al primo quasi certamente ricorderà oggi i 10 killer o buona parte di questi proprio per via della loro straordinaria e sopraffina caratterizzazione che peraltro si accompagnava a una straordinaria difficoltà “vecchia scuola”, che chiedeva al giocatore non solo di sfruttare con intelligenza tutte le mosse a propria disposizione ma anche di studiare il luogo in cui avveniva lo scontro.
No More Heroes 2 Desperate Struggle rappresentò una naturale evoluzione del primo capitolo anche se, dobbiamo ammettere, i personaggi furono meno memorabili (la caratterizzazione comunque rimase ai limiti del trattamento sanitario obbligatorio: ricordo ancora un killer che usava le proprie spasimanti come… proiettili). Ritrovare Travis dopo due anni fu un piacere per tutti i suoi fan. Scoprire che nel frattempo si era ritirato dalle scene ma che continuava a pendere dalle labbra della sua Sylvia Christel fu un vero ritorno a casa. Che Suda51 festeggiò al suo solito, facendo partire una trama delirante, che iniziava con l’omicidio del fornitore di fiducia di VHS porno del nostro “eroe” e proseguiva con tutta una serie di inquietanti episodi stile X-Files che terrorizzavano la popolazione di Santa Destroy.
Per quanto impossibile, No More Heroes 2 Desperate Struggle riusciva a essere un’opera ancora più nerd del primo episodio, tra console in bella vista, sessioni di palestra assieme al gatto, rimandi a Star Wars e a una mezza dozzina di film e cartoni americani e giapponesi, senza ovviamente far mai mancare le strizzatine d’occhio al mondo dei videogiochi. I lavoretti saltuari trasformavano infatti Travis in uno sprite pixelloso, protagonista di un giochino per NES o per Commodore64, impegnato ora a consegnare pizze in moto, ora a liberare delle tubature come un idraulico di nostra conoscenza, ora a disinfestar armato di aspirapolvere le case da insetti e animalacci vari.
L’eliminazione del free roaming e la decisione di accorciare le scenette e i dialoghi dei boss accelerò ulteriormente il ritmo del secondo episodio, che aveva come sola, vera, novità l’opportunità di calarsi negli attillati panni di Shinobu (cui Travis risparmiò la vita nel primo episodio) in un paio d’occasioni.
Insomma, torniamo alla domanda iniziale: com’è tornare dopo dodici anni a Santa Destroy? Una esperienza urticante, irritante ma pure mistica, come il resto del gioco. Si ritrovano infatti gli stessi errori, gli stessi quartieri desolati, le stesse texture scialbe e le stesse compenetrazioni poligonali fallaci viste su Wii. Con l’aggravante che l’impianto grafico è ulteriormente invecchiato. Si ritrova la medesima genialità mista a irriverenza. Lo stesso amore per tutto ciò che è trash ed eccessivo. No More Heroes e No More Heroes 2 erano e sono soprattutto oggi due titoli ruvidi, non per tutti. Un atto d’amore nei confronti di film, fumetti, videogame e tutto ciò che potrebbe essere considerato “cultura pop” firmato Suda51. Un videogame quasi personale e intimo, sicuramente lontano anni luce da ciò che è blockbuster. A riprova che si può fare una celebrazione di ciò che è pop senza per questo essere commerciali.