Finito l’Unilever Italia lean startup program, con il pitch day che ha incoronato tre startup, inizia la vera avventura sia per i team vincenti e forse anche per altri che saranno accompagnati dai mentor della multinazionale verso un futuro impegnativo e sfidante, sempre istruttivo e forse di successo
Hanno vinto tre idee e tre progetti giudicati come i più vicini al business model Unilever: CozEat, Utalk e Mashcream. In particolare il progetto che è arrivato primo, Cozeat è quello cha ha più convinto la giuria perché affronta un bisogno reale dei consumatori insieme al fatto che la soluzione individuata è allineata al business model Unilever già in essere.
La startup vincitrice si è aggiudicata una fornitura di prodotti Unilever e naturalmente tutti e tre hanno la possibilità di essere sostenuta dalla multinazionale nel proseguimento della sfida di mercato.
I tre vincitori
CozEat è una piattaforma di delivery che permette di ordinare la colazione a tutti gli ospiti di case vacanze direttamente nella loro struttura. Il modello win win fra chi offre soggiorni e chi ne fruisce viene realizzato lato offerta mediante partnership gratuite con gli host e con i bar adiacenti agli host, mentre lato della domanda viene data possibilità di ordinare ai guests direttamente nel proprio alloggio.
U-Talk è una soluzione che consente di ordinare la spesa con una nota vocale utilizzando il sistema di messaggistica Whatsapp, garantendo la consegna in 48 ore. Poiché fare la spesa porta via tempo la soluzione prevede l’utilizzo di un voice assistant che supporti il cliente nella sua spesa ordinata via whatapp.
Mashcream propone un format di preparazione espressa del gelato con scelta ingredienti e preparazione diretta davanti ai clienti evitando sprechi di prodotto invenduto e garantendo risparmi energetici sulla catena del freddo.
Altri candidati in gara erano btinnovacare, Dessy, ora-X, Welcome Milk,Milltrends, travelkit ed happy box.
I pitch delle 10 startup
Tutti i dieci team hanno presentato la propria startup giustificandone l’esigenza di partenza, il core dell’offerta, il team costituente, il mercato potenziale, quello indirizzabile, esponendo la possibile roadmap di crescita e definendo con precisione la richiesta di supporto a Unilever in termini di economics per finalizzare il primo degli obiettivi della tabella di marcia.
Il pitch day delle 10 finaliste è avvenuto a distanza di tre mesi dall’avvio del programma che ha visto 400 aspiranti, di cui 40 selezionati per seguire un corso di formazione finalizzato a creare una start-up e validare il modello di business sul mercato.
Alcuni candidati hanno costituito la start-up durante il programma, mentre altri che già l’avevano fondata hanno cercato di orientarla alle esigenze e sfide proposte nella fase iniziale da Unilever su alcuni dei brand storici dell’azienda.
La partnership con Peekaboo
Partner di questo progetto è Peekaboo, pre-acceleratore di impresa di Roma, che con Unilever Italia promuove la open innovation “portando avanti un percorso che è cominciato due anni fa dalla sfida di sviluppare e sperimentare nuovi modi di fare innovazione” come ha spiegato Angelo Trocchia, Presidente e Amministratore Delegato di Unilever Italia che precisa anche come anche altre startup delle partecipanti oltre alle tre vincenti, potrebbero aggiudicarsi una collaborazione o un supporto dalla multinazionale.
A tal fine infatti, alcuni manager hanno seguito questo programma, sebbene non in modo univoco ma, precisa Angelo Trocchia, “l’obiettivo vorrebbe essere quello di continuare con questa ibridazione fra tradizionale e nuovo per favorire lo scambio di idee”. Gianfranco Chimirri, Direttore HR di Unilever Italia, aggiunge: “Sono convinto che l’unione di talenti interni ed esterni, la contaminazione tra le capabilities Unilever e quelle presenti nell’Open talent economy e l’apertura dell’organizzazione a nuovi modi di lavorare rappresenti la chiave per il successo in un business che si evolve in maniera costante, quale è il nostro”.
Il rischio maggiore nelle aziende Corporate è che il management di tipo più tradizionale possa agire permanendo in una “zona di confort” e chiudendosi a nuove proposte e modalità di affrontare un problema. Invece, quando le grandi aziende mixano nuovi talenti e personale d’esperienza per un lavoro congiunto si può creare quello scambio virtuoso che deriva fra esperienza e nuove idee, fra le capacità gestionali tradizionali e l’intraprendenza degli startupper, fra l’innovazione in qualche caso dirompente e quella più ragionata e cauta di chi conosce il mercato e le sue mode e trend. Se la contaminazione fra l’open innovation e le aziende corporate italiane e straniere avrà modo di persistere, forse sarà possibile un vero cambio di passo.