Essere o scopiazzare la Leggenda Nintendo? Questo è il problema…
Per quanto sia doveroso ispirarsi ai migliori, non è sempre saggio provare a mettersi sulla scia di una saga come quella di Zelda. Soltanto negli ultimi due anni abbiamo recensito almeno una decina di titoli indipendenti, sviluppati da startup innovative, che hanno tentato di rivaleggiare con il capolavoro Nintendo e i risultati sono stati altalenanti. Final Sword Definitive Edition (qui la nostra recensione) da Zelda aveva perfino preso le musiche, tanto che ha dovuto sostituirle in fretta è furia per non incorrere in seri guai legali. Resta comunque un dolore atroce, tanto alla vista, quanto per il nostro ego videoludico. Stategli lontano. È andata meglio a Oceanhorn 2 (qui la nostra recensione), che ha deciso di scopiazzare un capitolo in particolare, almeno per lo stile grafico, cioé Skyward Sword (che nel frattempo è arrivato su Switch, come The Legend of Zelda Skyward Sword HD ). Non male, ma il titolo originale resta su altri livelli. Rogue Heroes: Ruins of Tasos (qui la recensione) si è invece ispirato allo spin-off multiplayer Zelda: Four Swords Adventures, ma è sicuramente andata meglio a Ary and the Secret of Seasons (lo abbiamo testato qui) che, nonostante i limiti, ha saputo divertirci. Bocciato su tutta la linea, invece, il noiosissimo Windbound (lo abbiamo recensito qui). Pure diversi team italiani si sono cimentati nell’impresa: da un lato abbiamo Baldo: The Guardian Owls (qui la recensione), che non si è rivelato proprio all’altezza delle aspettative, ma è senz’altro tra i cloni che sono riusciti a distinguersi, dall’altro Racoonie (qui l’anteprima), un titolo tuttora in via di sviluppo che speriamo possa far parlare bene di sé. Nel mentre si fa avanti questo Ocean’s Heart firmato Nordcurrent…
Zeldeggiando per i 7 mari di Ocean’s Heart
Senza troppi giri di parole dobbiamo dire che il più grosso difetto di Ocean’s Heart è anche la sua principale caratteristica: essersi voluto ispirare a The Legend of Zelda. Mentre il character design rimanda a Breath of the Wild e l’ambientazione piratesca a Wind Waker (anche se in alcuni punti pare più il vecchissimo Goof Troop di Capcom), il cuore del gioco è legato a doppia-arteria ad A Link to the Past. Forse il miglior capitolo in assoluto della serie.
Tutto, dalle situazioni, alle armi, passando per i boss e fino ad arrivare agli enigmi, è un tributo, ma anche un rimando al capolavoro che Nintendo pubblicò su SNES ormai 30 anni fa. Chi non ha mai nemmeno sfiorato un capitolo della serie Zelda, tanto più quelli 2D (possa Dio aver pietà di voi), probabilmente penserà di avere di fronte un gameplay di caratura. Chi invece conosce a menadito quei dungeons e magari ha appena finito per la sesta volta The Legend of Zelda A Link’s Awakening per Switch (qui la nostra recensione), vivrà un continuo déjà vu.
Che non è necessariamente un male, anzi, ben venga il tributo a una serie che ha fatto epoca e in particolare a un capitolo che ogni videogiocatore conserva nel cuore, ma chi acquista un videogame lo fa anche per provare qualcosa di nuovo e magari coraggioso, non solo per provare un omaggio di team meno noti. Oltretutto, a livello tecnico Ocean’s Heart è, per quanto colorato, piuttosto spartano: pare realizzato col tool di RPG Maker. D’accordo ispirarsi ad A Link to the Past, ma nel 2022 avremmo allora voluto qualcosa che, per stile, ricordasse almeno il delizioso The Minish Cap.
Il titolo in questione, invece, è stato sviluppato con un budget risicato e, per questo, non contempla tanti dettagli che un amante della Leggenda avrebbe voluto trovare. Facciamo un esempio: l’erba può essere incendiata, proprio come in Breath of the Wild, e questo è sicuramente positivo, ma non tutta, solo quella secca. In più, quella incendiabile non può essere tagliata a colpi di spada. E viceversa. E questo è un controsenso.
Per il resto, Ocean’s Heart è comunque un’avventura impegnativa e capace di intrattenere e divertire, soprattutto chi non ha mai giocato a Zelda e vivrà quanto proposto come una esperienza realmente di rottura: i dungeon sono zeppi di enigmi (tutti già visti in Zelda), le boss battle sono impegnative. In verità anche i nemici comuni spesso costringono a curarsi. Viene in soccorso un sistema di crafting per fare pozioni e cibi ristoratori preso anch’esso dall’ultimo capitolo per Switch e Wii U. Difficile non restarne soddisfatti. Peccato solo che gli sviluppatori fossero così presi dal copiare la formula di Zelda da non aver nemmeno provato a innovarla un pochino…