La rassegna stampa internazionale curata dalla startup innovativa Storyword. I temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante la settimana
Da un lato il fuoco di Washington, dall’altro il lancio di una nuova app. ByteDance (società cinese proprietaria di TikTok) sta provando a convincere importanti creator a scaricare e utilizzare un’altra sua app, Lemon8, nell’ottica di una grande campagna di marketing globale, che vede anche il coinvolgimento delle star di TikTok, per attrarre più utenti in vista del lancio ufficiale previsto quest’anno. Secondo il New York Times, la madre di TikToK è sempre più intenzionata a diventare uno dei principali produttori di app al mondo, anche negli USA, nonostante le crescenti pressioni e richieste della Casa Bianca che potrebbero avere un impatto molto più ampio di quello che comunemente si crede. Un articolo del Wall Street Journal ragiona sul fatto che si possa generare una divisione del mondo in due sfere tecnologiche, una alleata con le compagnie cinesi di software e servizi e una contro. In un futuro non troppo lontano, potrebbe significare che alcune delle app più popolari tra i giovani statunitensi siano vietate, inclusa Lemon8. È evidente che non si tratti solo di una questione di sicurezza nazionale: da un punto di vista politico, un eventuale divieto di TikTok rischia di incrinare ulteriormente i rapporti con la Cina; da quello economico, secondo The Economist l’app cinese ha stravolto il mondo dei social media, costringendo i suoi rivali (in particolare quelli americani) ad adottare un modello di business meno redditizio.
Twitter fa acqua
Pubblicazione di una parte del codice sorgente, perdita di valore e giornalisti censurati: non è un buon momento per Twitter. Su NiemanLab, Joshua Benton descrive la piattaforma di Elon Musk come esempio di “late capitalism” (tardo capitalismo). Il significato di questo fenomeno non è sempre chiaro ma in questo caso viene usato per descrivere l’assurdità e l’ingiustizia della vita economica del 21° secolo, in cui il consumismo esasperato, lo sviluppo tecnologico e il dilagarsi dell’ineguaglianza fanno sentire l’individuo sopraffatto da un mercato apparentemente “libero”. L’autore si scaglia proprio contro l’assurdità di Twitter che da piattaforma democratica (anche se i Twitter files hanno dimostrato il contrario) si è trasformato in giocattolo per i capricci di un miliardario. A sostegno della sua tesi, elenca le recenti mosse del social che hanno attirato l’attenzione anche di altri attenti osservatori, come Scott Rosenberg che su Axios firma un articolo dal titolo “SS Twitter takes on more water”. Inoltre, Elon Musk è tra i firmatari della lettera che mette in guardia sui pericoli delle novità introdotte nel campo dell’intelligenza artificiale. La contraddizione è evidente. Secondo quanto riportato dal Financial Times, Twitter (insieme a Microsoft, Google e Meta) sta tagliando il personale dai team dedicati alla valutazione delle questioni etiche legate all’implementazione dell’intelligenza artificiale. “La velocità con cui stanno venendo eliminati lascia gli algoritmi delle Big Tech alla mercé degli imperativi pubblicitari, minando il benessere dei bambini, delle persone vulnerabili e della nostra democrazia”, ha affermato Josh Simons, ex ricercatore sull’etica dell’IA di Facebook.
Non si gioca più con Twitch
Nonostante i successi registrati prima e durante la pandemia, che ha visto un importante aumento degli spettatori, il Washington Post scrive che Twitch sembra aver perso la propria strada a causa della mancanza di leadership e strategia aziendale. Manca una direzione chiara, sostengono creator, fan e dipendenti che sono rimasti spiazzati e confusi dalle recenti mosse dell’azienda. Nel giro di poco tempo, abbiamo assistito alle dimissioni del CEO Emmett Shear e l’annuncio del licenziamento di oltre 400 dipendenti da parte del nuovo Amministratore Delegato, Dan Clancy. Come se non bastasse, l’arrivo di nuovi dirigenti, che secondo alcuni dipendenti sembrano non conoscere la vera essenza di Twitch, ha contribuito a creare una situazione di malessere. La continua ricerca della redditività sta infastidendo i creator che hanno criticato le nuove tipologie di monetizzazione che impongono loro (in cambio di un piano di incentivi) di pubblicare più annunci pubblicitari. Trascurando quindi il fatto che gli annunci incrementano il rischio che l’utente abbandoni il canale o che vengano interrotti i momenti live più rilevanti, senza tralasciare che il servizio pubblicitario di Twitch è in ritardo rispetto a concorrenti come YouTube e Facebook. La mancanza di una precisa direzione aziendale naturalmente genera incertezza tra tutti gli stakeholder di Twitch, che fanno dunque fatica a capire il piano che ha in mente il suo proprietario (Amazon). Siamo di fronte all’ennesimo episodio che alimenta il dibattito sulla crisi, anche se qualcuno parla già di fine, delle piattaforme social.