Sky Machine Studios e la storia degli Artorias
Come opera prima, Winter Ember ha tutte le carte in regola per confermare l’ambizione e la creatività della software house alle spalle. Sky Machine Studios è la startup australiana, con sede a Sydney, che ha appena rilasciato un videogioco dalle atmosfere notturne. Quando ci capita di avere sotto mano prodotti indie del genere è sempre un piacere scoprire le idee sul gameplay, lo spessore della trama e tutto quel contorno di ambientazioni, armi e accessori che fanno la differenza tra un prodotto con del potenziale e qualcosa di altrimenti dimenticabile. Ecco, Winter Ember ha a nostro avviso punti di forza evidenti, che possono tranquillamente controbilanciare sbavature inevitabili quando si è nuovi nel mercato videoludico.
Winter Ember racconta una storia di vendetta. Gli sviluppatori hanno scelto di introdurre la trama con cinematiche anime, ben doppiate in inglese, in cui conosciamo i primi personaggi. La nostra famiglia, gli Artorias, viveva nella ricchezza, ma qualcosa di terribile ha sterminato la stirpe. A salvarsi è stato soltanto il giovane Arthur, pagando un prezzo angosciante. Otto anni dopo la tragedia, il protagonista è tornato nella sua città, dove molto è cambiato, ma la nostra vendetta è come un biglia su un tavolo inclinato: ineluttabile.
Il genere di Winter Ember è quello degli action game, in pieno stile stealth. Il profilo di Arthur non può non ricordare da vicino Assassin’s Creed: i movimenti furtivi, la rapidità nell’esecuzione e quel cappuccio sollevato a nascondere il volto. D’altra parte gli sviluppatori hanno optato per una visuale completamente diversa: la scelta dell’isometrica potrebbe non accontentare tutti, dal momento che quando si parla di azioni lampo e ricerca rapida di nascondigli, è spesso preferibile avere un occhio puntato all’orizzonte per osservare quel che abbiamo intorno.
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Il modo migliore per godersi Winter Ember è assecondare questo spirito stealth ed evitare, ove possibile, di fronteggiare i nemici faccia a faccia. Nei primi momenti di gioco si apprendono i semplici comandi per accucciarsi, spegnere candele con un soffio, appoggiarsi a un muro per rendersi meno visibili e, ovviamente, usare l’arma bianca. Dal punto di vista del combat system, purtroppo, abbiamo riscontrato non poca rigidità nei movimenti del nostro Arthur, oltre a una certa fatica nello sfruttare gli spazi ed evitare i colpi dei nemici.
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Molto più intrigante l’opzione stealth, che dai tempi di Metal Gear ha conquistato generazioni di gamer nel trovare la miglior soluzione per cogliere i nemici alle spalle per stortirli (o finirli) in silenzio. Negli spazi – aperti e al chiuso – che abbiamo attraversato con Arthur ci è stato suggerito dal software di non lasciare corpi in bella vista: meglio caricarseli addosso per nasconderli in un ripostiglio. In realtà l‘intelligenza artificiale dei nemici non brilla da questo punto di vista e quindi il nostro suggerimento è quello di valutare volta per volta qual è la soluzione preferibile.
Winter Ember ha anche un elemento ruolistico da tenere d’occhio, con armi, accessori e inventario. Arthur non è abile soltanto con le armi a corto raggio: anche arco e frecce possono togliere dai pasticci. Il mondo ricreato dagli sviluppatori australiani è forse l’aspetto su cui ci sentiamo più convinti: c’è sì, ogni tanto, un fastidioso e innaturale cambio di luci notturne tra una fase e l’altra, ma l’ambientazione è convincente e da brividi. Le zone buie non sono state una scusa per la software house per non arricchire gli interni, anzi: nella penombra si notano oggetti, elementi di arredo, di tutto.
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Nel complesso, per tirare le somme, Winter Ember è un prodotto che merita assolutamente di essere scoperto dai gamer che hanno la curiosità per i titoli indie, con una storia misteriosa tutta da scoprire.