Il dipartimento di Giustizia, dopo un anno di indagini e a due settimane dalle elezioni presidenziali, porta in tribunale Big G per la posizione dominante su ricerca e pubblicità online
Offensiva contro Google. Il governo americano ha avviato una causa antitrust nei confronti di Big G per gli argomenti da sempre sul campo ai due lati dell’Atlantico: secondo il dipartimento di Giustizia Mountain View si comporta come un monopolista nell’ambito delle ricerche e delle pubblicità online. In questo modo “soffoca la concorrenza causando danni ai consumatori”, spiegano i procuratori del ministero guidato da William Barr. Che si lanciano anche in una retrospettiva storica: “Due decenni fa Google è diventata una delle preferite della Silicon Valley: era una start up con una modalità innovativa di effettuare ricerche su Internet. Quella Google non c’è più”. Se ne sono accordi a due settimane dalle elezioni presidenziali.
La causa
La causa – il grande procedimento giudiziario intentato dall’amministrazione Usa nei confronti di un gigante tecnologico negli ultimi decenni – è partita dunque martedì 20 ottobre, al termine di un’indagine durata oltre un anno. Il processo dovrebbe essere incardinato in un tribunale federale di Washington D.C. e si preannuncia come la sfida del decennio non solo per le sue ricadute effettive ma anche per quelle di sistema dell’innovazione e la tecnologia internazionali e i “big four” che ne hanno disegnato regole e confini: Google, appunto, ma anche Amazon, Apple e Facebook per cominciare. Le società i cui grandi capi sono stati duramente interrogati dal Congresso nei mesi scorsi.
L’accusa: posizione dominante
La tesi accusatoria non è differente da quella che Google ha affrontato o sta affrontando altrove, come in Europa: aver accresciuto la propria posizione dominante in quei due ambiti del mercato digitale grazie a una rete di accordi commerciali esclusivi ma lesivi della concorrenza. “La Google di oggi è un monopolio, una delle più ricche aziende al mondo con un valore di mercato di mille miliardi di dollari e ricavi che superano i 160 miliardi. Per molti anni – spiegano le autorità – Google ha usato tattiche anticoncorrenziali per mantenere ed estendere i suoi monopoli sui mercati di servizi per le ricerche online e la pubblicità”. Per l’accusa, Alphabet (la holding di Google, Android, YouTube e di decine di altri brand e società) ha stretto accordi con altre aziende hi-tech, siti e operatori telefonici per fare in modo che Google rimanesse il motore di ricerca predefinito. Fruttandogli così la posizione dominante su miliardi di dispositivi, a partire ovviamente dalla preinstallazione di Google sui telefoni Android.
La reazione di Google
Per il gruppo guidato da Sundar Pichai, la decisione è “totalmente errata: gli utenti scelgono Google non perché costretti o perché non trovano alternative”. Lo ha spiegato Kent Walker, responsabile legale del colosso. All’azione aderiscono undici di Stati americani, quasi tutti a guida repubblicana. Anche se in fondo le posizioni nei confronti delle aziende hi-tech statunitensi, lo avevamo spiegato qui, sono ben più sfumate e condivise. La commissione Giustizia della Camera, per esempio, aveva proposto come soluzione nel suo rapporto quella di uno “spezzatino” per indebolire le diverse posizioni dominanti, obbligando le holding a cedere pezzi delle loro attività e rami d’impresa. Ed è a guida democratica.