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Una parola antica, sanscrita, per dare nome a un prodotto modernissimo. Che sfrutta la computer vision per fornire supporto a ciechi e ipovedenti nella vita di tutti i giorni
Si inforcano un paio di occhiali, di fatto quasi indistinguibili da comuni occhiali come ce ne sono milioni al mondo, e grazie alla tecnologia racchiusa in quegli occhiali si guadagna un senso in più: un senso tecnologico, fatto di bit e intelligenza artificiale, che attraverso una micro-camera nascosta nella montatura degli smart glasses e a un software sviluppato dagli Accenture Labs consente anche a chi è ipovedente o cieco di gettare uno sguardo sul mondo che lo circonda. In una parola: Drishti, che in sanscrito significa “sguardo”.
Un contatto naturale
La tecnologia dietro Drishti è la stessa che oggi si va imponendo nel panorama mondiale: la potenza di algoritmi di machine learning applicati alla computer vision, una delle principali applicazioni dell’intelligenza artificiale resa oggi possibile dall’esplosione della potenza di calcolo offerta dal cloud computing, uniti alle capacità elaborative offerte da uno smartphone che sempre più comunemente si trova nelle tasche di tutti.
Il software installato sul telefono è dotato della capacità di riconoscere oggetti, ambienti, persone ed espressioni, distillata grazie all’elaborazione effettuata dall’AI sulla base di migliaia e migliaia di immagini analizzate in precedenza. Si scatta una foto e Drishti si mette al lavoro: con l’ausilio della piattaforma Azure scandaglia l’immagine in cerca di informazioni e di sagome riconoscibili, estrapola il contenuto dal fotogramma e presenta il risultato all’utente con progressivi livelli di precisione.
Pensato per chi non può usare uno schermo, Drishti “racconta” letteralmente quanto ha identificato con un linguaggio semplice e naturale: se nella stanza ci sono due persone può fornire indicazioni sul sesso e sulla loro età, e persino capire il loro stato d’animo. Se il loro profilo è tra quelli registrati dall’utente nell’elenco dei propri amici, colleghi o conoscenti è anche in grado di riconoscerli e riportare il loro nome. In un ambiente affollato, o per strada, può consentire invece di capire dove ci si trova: nelle prossimità di un incrocio, o vicino un palazzo particolare. Il software è anche in grado di individuare possibili barriere architettoniche, come una porta a vetri, aumentando la sicurezza di chi lo impiega per spostarsi.
Drishti è poi in grado di leggere scritte di varia natura: gli si può chiedere di leggere per noi la pagina di un libro, oppure di un documento di lavoro, così come è in grado di riconoscere un’insegna di un negozio per permettere di capire se ci si trova all’indirizzo giusto per la propria destinazione.
Il mondo è di tutti
Dietro la nascita di Drishti c’è un programma per l’inclusione e le pari opportunità di Accenture, denominato Tech4Good. L’idea alla base del programma è quello di dimostrare come la tecnologia possa consentire di migliorare e aumentare le capacità umane in termini positivi, offrendo la possibilità di fare di più e meglio a tutti. “Questo lavoro riflette il nostro impegno di lunga data, il nostro sforzo nel creare un ambiente davvero a misura d’uomo in cui le persone possano essere sé stesse, e vivere al meglio sia la loro vita professionale che quella personale” spiega Paul Daugherty, CTO di Accenture.
Drishti per ora è solo un esperimento, sviluppato in collaborazione con l’Associazione Nazionale Ciechi India, che viene testato da oltre 100 dipendenti Accenture della filiale asiatica del gruppo, oltre che da team nel resto del mondo (con un pilota per la lingua spagnola). L’obiettivo è quello di creare una piattaforma e accumulare abbastanza esperienza per renderlo un progetto replicabile su vasta scala: non parliamo di decenni, ma di un futuro decisamente prossimo nel quale compiti e lavori oggi preclusi a ipovedenti e ciechi potranno essere svolti da chiunque.
L’obiettivo del programma Tech4Good di Accenture è proprio questo: mostrare come il progresso della tecnologia, come nel caso dell’intelligenza artificiale, ha raggiunto un tale livello e una tale velocità che oggi è possibile sviluppare in poco tempo soluzioni capaci di generare un impatto significativo sulla società. Nei laboratori indiani di Accenture hanno visto l’opportunità offerta da computer vision e intelligenza artificiale e hanno deciso di provare ad applicarla alla vita reale: come dimostra la demo mostrata al Mobile World Congress 2018, il risultato dell’applied intelligence è più che convincente.