A Parma il progetto sviluppato da due cardiologi in grado di chiamare i soccorsi se hai un arresto cardiaco si è già guadagnato l’attenzione internazionale. Ne abbiamo parlato con il co-founder Nicola Gaibazzi
Uno smartphone e una fascia cardiofrequenzimetro collegati da una connessione Bluetooth low energy che rilevano l’arrivo di arresto cardiaco e allertano i soccorsi via SMS con GPS location. E l’attivazione in tempi rapidi del 118, può essere questione di vita o di morte. E a salvarci la vita potrebbe essere l’algoritmo sviluppato da Heartsentinel, la startup co-fondata dai cardiologi dell’Università di Parma Claudio Reverberi e Nicola Gaibazzi, 47 anni, a cui poi si sono aggiunti Matteo Mille di Microsoft, in qualità di Business Advisor, e Andrea Nasturzio, in qualità di Sales Executive. «Una chance in più di sopravvivenza per milioni di soggetti: pensa a chi corre o fa sport in campagna o anche a chi lo fa in città ma senza che nessuno si accorga del suo stato di emergenza o pensa anche ai non sportivi di mezza età che passeggiano con il cane o si recano al lavoro, spesso con stress o ansia» ha sottolineato a StartupItalia! Nicola Gaibazzi. E la differenza con altri dispositivi? L’unicità di Heartsentinel – spiega sempre Gaibazzi – risiede nel fatto che è basata su una comprovata conoscenza scientifica che ci ha permesso di sviluppare e brevettare l’algoritmo selezionando modalità di rilevazione realmente efficaci». Le fasce toraciche o wearable garments con poli vicino al cuore sono più più attendibili degli smartwatch che usano la pulsimetria periferica e non danno reliability. «Mentre HS sente l’attività elettrica ed è attendibilissima». Heartsentinel è un progetto innovativo che è diventato una società alla fine del 2015. All’inizio del 2016 ha chiuso un seed round di 100K con l’ingresso nella società del Fondo Borealis e di Fabbrica Digitale (work for equity). Non solo. Al progetto sono interessate anche realtà internazionali come Sensoria, «una sorta di spin-off di Microsoft». Di questo, dei dettagli del progetto, ma anche delle sperimentazioni in progress, abbiamo parlato con Nicola Gaibazzi.
Gaibazzi, com’è nata l’idea di Heartsentinel?
«Sono uno sportivo, corro spesso in campagna, in posti isolati. Il rischio di arresto cardiaco, in queste situazioni, è più elevato rispetto di quando si sta a riposo. Due, tre volte più frequente. Mi spiego, è un fenomeno che da rarissimo, diventa meno rarissimo. L’arresto cardiaco è l’evento finale di una patologia, che, oltre i 10 minuti, non ti fa sopravvivere. Se sei da solo, sei senza scampo. E non basta il pulsante per chiamare i soccorsi. Spesso non fai neanche in tempo a premerlo, si perde quasi subito conoscenza. Il nostro cardiofrequenzimetro decritta i segnali dell’arresto cardiaco e manda un’allerta».
E il Bluetooth low energy?
«E’ un sistema a bassissimo consumo di energia, hai 500 ore di funzionamento».
Heartsentinel ruota intorno ad un algoritmo.
«Sì, funziona con una comune fascia sportiva. Gli smartwatch non sono in grado di decriptare i segnali di un arresto cardiaco in modo attendibile. Il nostro algoritmo sfrutta un sistema di elettrocardiografia semplificata, che rileva gli stimoli elettrici fra 2 battiti. Un sistema molto sensibile che rileva qualunque alterazione. L’allarme però scatta solo in caso di arresto vero e proprio. Insomma, non dà falsi positivi».
Heartsentinel è anche un progetto d’impresa. Com’è stato costituire una startup?
«Molto complicato. Siamo partiti nel 2015. All’inizio ci siamo costituiti con SRLS, poi come SRL, una volta entrati capitali e soci founder. Sono entrati 100k, è stato un seed».
E il go to market?
«Stiamo chiudendo un contratto di licenza del nostro algoritmo con Sensoria, una società americana, una sorta di spin-off di Microsoft, che si occupa di sensoristica per sport. Ecco, Sensoria è molto interessata a Heartsentinel, al punto da aver fatto la richiesta di un grant all’NIH (National Institutes of Health) negli Stati Uniti. Noi li supportiamo come ideatori dell’algoritmo e consulenti tecnici».
Il next step.
«Per quanto riguarda Heartsentinel, lavoriamo alla ricerca di partner. Non solo. Stiamo lavorando anche ad un progetto su una app (anche questa legata ad una fascia) da utilizzare per la diagnostica degli ictus che possono dipendere da fibrillazione atriale, non diagnosticabile se non con monitoraggio continuo e prolungato per mesi. Un’aritmia per la quale non esiste un monitoraggio non invasivo».