Un’indagine realizzata su 290 corsi delle due università americane ha rintracciato nell’introduzione del pagamento delle certificazioni una delle cause della crisi. Sotto osservazione anche la proliferazione dei corsi a contenuto specialistico che porta gli studenti a distribuirsi
Il 2016 è stato l’anno del calo per le piattaforme Mooc (massive open online courses). I sistemi per l’apprendimento online promossi dalle principali istituzioni educative del mondo hanno registrato una diminuzione delle iscrizioni. Le strutture più colpite sono state due tra i principali atenei al mondo, l’Università di Harvard e il MIT di Boston che hanno visto crollare il numero degli studenti nelle classi virtuali di circa il 50% rispetto all’anno precedente.
Classi eterogenee ma sempre meno numerose
È uno studio dello stesso Massachusetts Institute of Technology a denunciare l’inversione di tendenza: i corsi che si svolgono solo online e che permettono praticamente a chiunque di accedere ad alcune risorse educative prima destinate solo ai pochi eletti che riuscivano a frequentare le università della Ivy League non sembrano essere più così attraenti. Harvard e Mit in particolare avevano lanciato il loro programma di apprendimento online con una piattaforma unica, edX, nel 2012. Dopo quattro anni di attività intensa, le due università hanno pensato di fare un resoconto del comportamento dei loro studenti virtuali. I ricercatori Isaac Chuang e Andrew Ho, che hanno firmato insieme l’indagine, hanno analizzato 290 corsi, 250 mila certificazioni e 4,5 milioni di iscritti. Ne è venuta fuori la fotografia di un sistema che è cresciuto nel tempo con in media più di 1500 iscritti al giorno negli ultimi quattro anni, ma che ora comincia a dimostrare i primi segni di cedimento (è possibile scaricare l’intero rapporto qui). La popolazione scolastica intervistata è piuttosto eterogenea per provenienza geografica e per sesso e preferisce soprattutto i corsi di informatica e di discipline Stem.
Solo il 60% degli iscritti arriva alla certificazione
Nel 2016 le due università hanno aggiunto 40 nuovi corsi alla loro offerta formativa, mentre il numero di iscritti è crollato. Questo significa che è stato raggiunto il record minimo di studenti che hanno frequentato ciascun corso nell’anno che si è appena chiuso. Anche se il totale delle certificazioni rilasciate nel 2016 è stato superiore a quello del primo anno, c’è stata comunque una diminuzione significativa rispetto al 2015 che ha fatto sorgere dei dubbi proprio su questo strumento di riconoscimento del percorso educativo seguito. È infatti questo il settore più colpito delle attività Mooc: molti di coloro che si iscrivono ai corsi non li terminano o decidono di non accedere alle procedure per la certificazione. Il motivo è da rintracciare soprattutto nell’introduzione del pagamento di questi riconoscimenti da parte di alcune università.
Aumentano i corsi, diminuisce l’audience
Andrew Ho ha spiegato a TechCrunch anche altre dinamiche di questo fenomeno che ha portato a un calo di interesse nei confronti delle piattaforme Mooc: «Il corso tipico è più piccolo di prima, ma la diminuzione è stabile e legata alla proliferazione di corsi con un contenuto più specialistico e a una platea più ridotta». L’analogia è con la moltiplicazione dei canali televisivi: più canali ci sono, più il pubblico si distribuirà in base ai propri gusti. Difficile comunque stabilire se questa tendenza caratterizzerà anche il 2017. L’anno appena iniziato potrebbe sancire il declino delle piattaforme di apprendimento online o la prospettiva di uno sviluppo diverso per un rilancio di questo metodo di apprendimento.