Reza Paya ha speso i soldi della prima exit per venire a studiare in Italia. Qui ha fatto un’altra startup e MoneyGram lo ha premiato come miglior imprenditore straniero in Italia del 2016. Lo abbiamo intervistato
MoneyGram, la società leader nel settore money transfer, assegna ogni anno un premio speciale ai migliori imprenditori stranieri in Italia che si contraddistinguono in 5 categorie: innovazione, imprenditoria giovanile, occupazione, responsabilità sociale e crescita del profitto. Il Premio è rivolto a chi ha saputo esportare il suo modo di fare imprenditoria e la sua visione economica del settore di riferimento nel nostro Paese.
Tra i 15 migliori imprenditori stranieri di questa edizione, selezionati tra 470 imprese nazionali, il vincitore della categoria innovazione è Reza Paya, originario di Teheran e romano d’adozione, che insieme a Simone Demelas ha creato ArmNet, una startup che, utilizzando la realtà aumentata, consente agli operatori tecnici di intervenire facilmente in caso di guasti/perdite perché possano visualizzare le reti sotterranee con smartphone o tablet, individuando e circoscrivendo esattamente il problema da risolvere. La startup dal 2014 è incubata in TIM #WCAP, con cui ha chiuso in Maggio 2015 un round da 90K con Tim Ventures.
Dall’Iran a Roma (coi soldi della prima exit)
Nel 2007, a 26 anni, Reza Paya è già specializzato nel settore software per il direct-marketing e realizza una startup nel suo Paese, l’Iran: Niniplus Magazine oggi è un’importante rivista che raccoglie opinioni di medici di livello nazionale sulle sindromi neo-natali ma inizialmente nasce come database per convogliare le idee di medici e pazienti.
L’idea di Paya diventa in pochi mesi un network specializzato in medicina prenatale e dopo 4 anni, nel 2011, prende una decisione: exit. E con i soldi della vendita del network decide di realizzare un suo desiderio, ovvero venire a studiare in Italia. Si iscrive a Ingegneria alla Sapienza, laurea specialistica in Computer Software Engineering. Ma l’animo è ancora quello dello startupper e così, dopo aver conosciuto alcuni attori importanti dell’ecosistema nasce ArmNet. Lo abbiamo intervistato.
Reza, cos’è e cosa fa la tua startup?
«ArmNet sono i nostri superocchiali a raggi X per vedere attraverso le cose! Porta informazioni sofisticate ai tecnici in campo. La startup è nata dopo aver incontrato il mio amico e collega Simone Demelas nel 2014.».
Un bilancio dei tuoi primi 5 anni in Italia?
«La situazione pian piano in Italia sta migliorando grazie al coraggio di molti imprenditori. La vera forza su cui contare sono le persone, molto qualificate, che possono davvero essere motore di crescita e sviluppo per il Paese. Anche se, devo dire, in Iran siamo un pò più “pragmatici”: si cercano soluzioni adattabili a risolvere i problemi che affliggono il presente, cosa che ho notato lavorando come consulente per varie reti commerciali e nello specifico nel settore marketing di una grande azienda tedesca con sede in Iran. In Italia si lavora tanto, soprattutto se sei un piccolo-medio imprenditore, ma possiamo e dobbiamo produrre ancora di più, spingere al massimo il pedale verso l’innovazione perché di eccellenze tecnologiche ne abbiamo. E tante».
Chi deve fare di più per far crescere l’ecosistema startup, secondo te?
«Gli investitori! Ci sono tanti giovani che hanno idee e che hanno bisogno di realtà che credano in loro; io ho iniziato ad avvicinarmi a tutto questo tramite Innovaction Lab: ho incontrato professionisti e ragazzi dotati di grande capacità. L’informatica e le nuove tecnologie possono diventare eccellenze anche da noi, ci dobbiamo soltanto credere!».
E perché, invece, ci sono cervelli e startup in fuga?
«Secondo me tendiamo ancora troppo a dividerci tra chi si lamenta e chi inizia invece a fare qualcosa, a far girare le idee, insomma. E credo che l’ambiente qui in Italia non sia roseo, ma ci sono buone opportunità a chi vuole portare all’interno dell’ecosistema nuove idee, perché spesso fornire nuove soluzioni vuol dire anche creare infrastrutture diverse e quindi anche più opportunità di lavoro per tutti».
«Italiani, i migliori di tutti»
Cosa vuol dire, per te, fare startup in Italia?
«Fare startup in Italia e ovunque significa avere una passione e un obiettivo da perseguire, lavorare, mai desistere ma resistere. L’ecosistema cresce se mettiamo da parte la paura di condividere, perché la qualità degli esperti, ingegneri, informatici e developers italiani è davvero tra le più alte di cui io abbia mai conosciuto finora».
Alessia Serafini
@alessiase