Ancora un’exit, la terza di luglio. Ed è una storia particolare. Perché l’italiana Sounday si è comprata Soundtracker, fatta da un calabrese in Silicon Valley che dalla Banca Mondiale è passato alle startup
L’articolo che segue ha avuto una doverosa rettifica qui riguardo la cifra dell’exit che è poi risultata essere in realtà di 150mila euro, ndr
Sounday, Digital Music Ecosystem ha annunciato oggi l’acquisizione di Soundtracker, startup americana creata nel 2008 a San Francisco da Daniele Calabrese per 2,5 milioni di dollari. Soundtracker, azienda che ha sviluppato una tecnologia mobile per lo streaming musicale geolocalizzato e con funzionalità sociale. Un bel colpo per Sounday che si è garantita una delle realtà più promettenti del mercato digitale della musica. E anche per l’Italia delle exit milionarie quasi a un senso solo. L’operazione di acquisizione è stata ufficializzata oggi dal cda di Sounday, riunito a Cagliari. Un’operazione importante in un mercato come quello musicale che forse è che più ha subito l’impatto del digitale.
L’investimento, ha spiegato Giuseppe Ravello, ceo di Sounday, permetterà all’azienda di «diventare un punto di riferimento sul mercato musicale e globale mette un nuovo tassello alla nostra crescita, arricchendo le attuali soluzioni mobile, aprendo all’internazionalizzazione e aggiungendo uno strategico strumento di analisi del consumo musicale». Non è la prima acquisizione di Sounday sul mercato digitale. La prima è stata essersi garantita il 100% di Kiver Digital alla fine del 2013.
Dalla Banca mondiale alle startup in Silicon Valley
Ma dietro un successo che è 100% italiano, c’è una storia tanto bella quanto simbolica. Quella di Daniele Calabrese. 40 anni, di Cosenza, Founder e Ceo di Soundtracker. Da sempre appassionato al mondo della tecnologia, Calabrese studia Scienze Politiche a Napoli. Poi nel ’98 la fuga a Washington, chiamato a lavorare nella sezione comunicazione e marketing della Banca Mondiale. Un punto di arrivo per la maggior parte dei ragazzi della sua età. Non per lui. «Volevo fare l’imprenditore, ma in quel momento non c’erano le condizioni adatte. Ma sapevo che lavorare alla Banca mondiale da impiegato non faceva per me». Raggiunta una certa stabilità economica molla il lavoro. L’occasione gliela dà da un lato la sua giovane età. 33 anni. Dall’altro l’uscita del primo iPhone. «Si stava per aprire un mercato enorme, l’iPhone tracciava un nuovo futuro per il mercato digitale». E lo cavalca. «E’ stato come liberare delle energie represse, un momento molto bello».
La rivoluzione dell’iPhone, e quello della musica social
Ma oltre al celebre discorso di Steve Jobs, quello che lo colpisce nel 2007 e che gli darà il la definitivo per la sua idea imprenditoriale è un viaggio in Africa: «Lì ho visto un gruppo di ragazzi raccolti attorno ad un cellulare per ascoltare della musica». La classica lampadina. Lascia Washington e si trasferisce a San Francisco. La Silicon Valley gli da quella spinta in più per consolidare e realizzare la sua idea. Quello che vuole fare è: connettere le persone grazie alla musica, attraverso gusti musicali condivisi. «Quando parlavo di social network anche lì in realtà mi ridevano dietro. Era il 2008 e il potenziale dei social network non era ancora stato scoperto». Nasce così Soundtracker. «All’epoca il GPS era considerato solo in termini tecnologici. Pochi ne intuivano le potenzialità. Ho lavorato per smontare le visioni dei miei investitori, offrendo loro un prodotto nuovo e competitivo».
Gli anni all’estero non lo allontanano però dall’Italia. Il modello Funambol gli dimostra ha dimostrato la possibilità di trovare capitali all’estero, e lasciare lo sviluppo del prodotto in Italia. Nel 2012 sceglie l’incubatore cagliaritano di Mario Mariani, The Net Value, come incubatore per lo sviluppo della sua applicazione. Col tempo mette su un team di 25 persone, a lavoro per soddisfare il bacino d’utenza che nel frattempo raggiunge il milione di persone, connesse da tutto il mondo: Messico, Brasile, Italia e Stati Uniti. L’azienda cresce, sviluppa il lato tecnologico, raggiunge i 5 milioni di download. Sviluppa una serie di servizi che fanno leva sulla location degli utenti. A questo punto capisce che è utilizzare questi asset per usare una piattaforma di business è la strada da seguire.
Sviluppa una parte di raccolta dati e uno partners di Soundtraker. Arrivano i primi contatti con Giuseppe Ravello di Sounday. E’ il 2009. «Entrambi stavamo ampliando le rispettive startup con una visione comune che metteva al centro musica e tecnologia» commenta Ravello. «Da quell’incontro abbiamo seguito due percorsi diversi sia geografici sia di business. Nel corso del tempo siamo sempre stati in contatto scambiandoci feedback fino ad arrivare a un confronto recentissimo in cui ci siamo resi conto di aver creato su strade differenti qualcosa di grande valore, decidendo insieme di essere giunti a un punto di unione perfetto che poteva massimizzare potenzialità e opportunità. Ed è per questo che abbiamo siglato questo importante accordo».
Un brand americano diventa italiano. E’ questa anche la forza di questa exit. Perché se come nel caso di VisLab comprata per 30 milioni dall’americana Ambarella, generalemente siamo abituati a vedere exit a senso unico (verso big company estere) in questo caso è un’azienda italiana che ha comprato una americana. Anche se con un founder italinano. Calabrese rimarrà a San Francisco. «Avrò altri progetti, ma sono molto contento di come sono andate le cose sono convinto che sia bello gli asset tecnologici siano adnati a Sounday, è una bella exit». 2,5 milioni di dollari.
In cosa Soundtracker è davvero il top
La vera forza di Soundtracker è che rende possibile creare stazioni radio partendo dalle passioni musicali. Grazie alla geo-localizzazione si possono conoscere gli utenti nei luoghi attorno a noi e sapere cosa hanno ascoltato. «Un tempo si ascoltava insieme i concerti. Poi ci sono stati i walkman e Napster». Esperienze solitarie. Soundtracker, nel segno della condivisione della musica, offre opportunità per scoprire e conoscere artisti e fan di qualsiasi luogo.
Tutto il progetto poggia sul catalogo musicale: Soundtracker dispone di uno dei più vasti al mondo, con ben 33.000.000 di brani – più di Spotify – e con un livello di crescita che viaggia sulle 40-50.000 canzoni a settimana. Lo stretto rapporto, dal 2009 con Medianet che gestisce Beats Music comprato da Apple, ha avuto dei benefici non da poco: la possibilità di avere artisti di livello mondiale non reperibili, in alcuni casi, nei servizi on demand: è stato il caso dei Beatles, degli AC/DC, e di Bob Sinclair (primule rosse su Spotify). Un bel colpo per il mercato digitale della musica italiana. Che si è garantito un tassello per avere spalle robuste con i maggiori player mondiali.
Arcangelo Rociola
Twitter: @arcamasilum