Ele.me segue Didi Kuaidi, l’app per chiamare taxi, e il produttore di smartphone Xiaomi. Nella prima parte del 2015 due miliardi di dollari gli ordini nel comparto del food delivery
La terza startup più finanziata della Cina vende cibo a domicilio. Si chiama Ele.me, che significa più o meno “Hai fame?”, ed ha appena concluso un round di finanziamento Serie F che ha aggiunto a quanto già rastrellato ben 630 milioni di dollari. Tornata che le è valsa un aumento di valutazione a tre miliardi di dollari.
Davanti solo Didi Kuaidi e Xiaomi
Un aspetto curioso se si considera che al vertice delle startup più finanziate e valutate della repubblica popolare alle prese con una clamorosa bolla speculativa – e chissà che non vi rientrino anche queste operazioni, nel fenomeno? – ci sono Didi Kuaidi, l’app per chiamare un’auto con conducente nata a febbraio dalla fusione di Kuaidi Dache e Didi Dache, quest’ultima integrata in WeChat di Tencent, e il produttore di smartphone Xiaomi. La prima ha raccolto quasi 3,4 miliardi di dollari per una valutazione intorno ai 15, sull’onda di una sfida a Uber che per ora sembrerebbe vincente. Il secondo ha raccolto 1,4 miliardi di dollari e sfiora una valutazione da 45 in virtù del settore in cui opera.
Gli ordini? 10 milioni di dollari al giorno. Via smartphone
Insomma, dopo taxi e telefonini il massimo dell’interesse in Cina ruota intorno al food delivery della sconosciuta (sul fronte occidentale, s’intende) Ele.me. La piattaforma è infatti presente in 260 città e fattura qualcosa come 9,5 milioni di dollari in ordini al giorno grazie alla fame di 40 milioni di cinesi, il 98% dei quali effettua ordinazioni nei 300mila ristoranti affiliati tramite smartphone.
Per questo, dopo un precedente giro di finanziamenti lo scorso gennaio, nel quale aveva raccolto 350 milioni di dollari da sigle come Citic Private Equity, l’onnipresente Tencent (il gigante tlc proprietario, come detto, dell’app WeChat all’interno della quale è pure possibile ordinare cibo), il gigante dell’e-commerce JD.com e Sequoia Capital, gli stessi protagonisti hanno deciso per una nuova iniezione di liquidità. A loro si sono aggiunti stavolta Hualian Group e il fondo di private equity Gopher Asset.
La trasversalità delle piattaforme
Ele.me è stata lanciata sei anni fa da alcuni studenti della Shanghai Jiatong University per diventare ben presto uno dei principali fronti della cosiddetta O2O economy, cioè l’economia Online to Offline, visto che copre il 40% del mercato delle ordinazioni gastornomiche via internet. Questo, almeno, secondo gli analisti indipendenti di Analysys International di base a Pechino. In seconda piazza c’è Meituan (che pure se la passa benone ed è la quarta startup più finanziata del Paese, ha alle spalle Alibaba, l’eBay cinese) e in terza Baidu, il principale motore di ricerca in cinese. Come si vede, in Cina e non solo le piattaforme tendono a una trasversalità ancora più spiccata che altrove mixando ricerche, chat, social alle necessità pratiche e basilari come spostarsi o nutrirsi. Basti pensare alle mosse di Alibaba col suo servizio Alipay. Sul lato cibo, comunque, i clienti hanno speso qualcosa come 12 miliardi di yuan (quasi due miliardi di dollari) solo nella prima metà dell’anno.
Il prossimo passo sarà costruire un’infrastruttura in grado di gestire in prima persona le consegne – al momento buona parte dei punti vendita che aderiscono sono piccoli locali in quelle gigantesche megalopoli come Pechino e Shanghai.