Supera di sette volte la California per numero di imprese alimentari avviate con successo ed è la prima nazione al mondo per riutilizzo delle acque in una zona dove regna la siccità. Ecco perché Israele è il luogo ideale per chi vuole innovare il sistema agroalimentare
Dalla passione per tecnologia e agricoltura nasce il più grande impianto di desalinizzazione del mondo, che porta Israele al primo posto nella classifica del riutilizzo delle acque. Un Paese che ha scelto di investire sempre di più non solo nel settore agro, ma anche nel food, con l’obiettivo di tener testa alla Silicon Valley nel boom delle startup Foodtech. Tutto questo è Israele, paradiso di tecnologia al servizio dell’agro-alimentare.
L’agricoltura più ecologica del mondo viene dal deserto
Che Israele fosse un paese all’avanguardia si era intuito già dal soprannome di “Startup Nation”, ma che una nazione coperta per il 60% da deserto diventi leader mondiale nel campo dell’agricoltura è davvero un grande successo. Il suo segreto? La tecnologia idrica. A Soreq, circa 10 km da Tel Aviv, sorge il più grande e avanzato impianto di desalinizzazione del mondo, in grado di soddisfare il 20% della richiesta d’acqua del Paese. Un complesso esteso come sei campi da calcio che produce 624mila metri cubi d’acqua al giorno, resa potabile grazie all’impiego di membrane tecnologiche e, per evitare sprechi, la metà non consumabile torna al mare. È grazie a cinque impianti come questi che l’agricoltura israeliana è diventata la più ecologica del pianeta.
I numeri sono da capogiro: Israele è in grado di evitare sprechi idrici riutilizzando l’86% delle sue acque totali. Per rendere l’idea, la Spagna (seconda a livello mondiale) si ferma solo al 17%, per non parlare degli USA all’1%.
Questa striscia di terra arida ha fatto della sua debolezza un punto di forza e oggi espande il progetto oltre i propri confini. Entro il 2018, infatti, è prevista la realizzazione di un altro centro di desalinizzazione nel porto di Aqaba, finanziato dalla Banca Mondiale per 900 milioni di dollari, che condividerà le acque potabili fra Israele, Giordania e Palestina.
Il boom delle foodtech nella Silicon Wadi
Come ha fatto una piccola nazione come Israele a diventare il paradiso delle Foodtech? Semplice, ci hanno creduto in molti, con oltre due miliardi di dollari di finanziamenti l’anno investiti nel settore startup e imprenditoria. A fare la differenza la fiducia verso le idee valide, un sistema economico strutturato e una burocrazia snella.
Strauss Group, la più grande azienda di food & beverage del Paese, insieme all’accelleratore di Boston MassChallenge e ai finanziamenti pubblici del governo israeliano ha creato Alpha Strauss. Il primo incubatore dedicato a centinaia di startup esclusivamente food (come The Ripple Maker), con l’intento di far diventare Israele la “Silicon Valley del Food Tech”, superando già ora la California di sette volte per numero di start-up avviate con successo. Una passione che ha portato alla realizzazione della competizione “FoodTech TLV”, per identificare le 10 startup più interessanti del settore.
La vincitrice del concorso è stata GreenOnyx, che abbiamo conosciuto a Seeds&Chips e che è una delle startup scelte dal Padiglione Usa a Expo. Tra le altre, si sono fatte notare BitBite, che ha sviluppato un piccolo dispositivo da inserire nell’orecchio per controllare la masticazione; Yummi, un mercato gastronomico social che permette l’acquisto di piatti realizzati in casa dai vicini; WaterIO, che produce tappi per bottiglie smart che ti ricordano quando bere.
Infine c’è Goji, che ha creato un forno a frequenze radio, destinato a mandare in pensione il microonde per la sua capacità di cottura mirata, anche di più tipi di cibi contemporaneamente. Pensate che infilando nel forno un salmone all’interno di un blocco di ghiaccio, è possibile tirarlo fuori dopo 8 minuti, spaccare il ghiaccio e trovarvi dentro il pesce perfettamente cotto!