Sul fatto che il panorama dei social media stia cambiando penso sia abbastanza evidente. E il tema lo abbiamo spesso affrontato in questa sede. Di conseguenza, se cambia lo scenario allora cambia anche il modo di vivere queste piattaforme digitali. Orma ci siamo anche abituati a vedere andare via piattaforme che hanno caratterizzato la storia dei social media.
E siamo pronti ad accogliere piattaforme nuove. Ne esistono tantissime ormai. Tutto questo lo possiamo definire con un temine: frammentazione. Già. Il panorama si è frammentato al punto che anche valori che prima credevamo quasi inossidabili si sono frammentati. È cambiato il modo di interpretare certi valori.
Sicuramente, tra i tanti valori che sono cambiati a seguito di questo processo di frammentazione vi segnalo la parola “virale”. Tale termine “virale” ha subito una profonda trasformazione, passando da un concetto chiaro e ben definito a un termine quasi privo di significato. Un cambiamento che riflette non solo l’evoluzione delle piattaforme digitali, ma anche il modo in cui il pubblico consuma e interagisce con i contenuti online.
Vediamo insieme come è cambiato il significato della parola “virale” nel tempo, provando a delineare le situazioni che hanno portato a questa evoluzione e le implicazioni per creator di contenuti e utenti.
L’alba della viralità
All’inizio degli anni 2000, la viralità era un fenomeno abbastanza straordinario. Pochi contenuti, per lo più video, riuscivano a raggiungere lo status di virali. E quando lo facevano, diventavano parte della cultura popolare.
Un esempio che si ricorda è “Chocolate Rain” di Tay Zonday, un video caricato su YouTube nel 2007 che lentamente guadagnò visualizzazioni fino a diventare un fenomeno globale. Durante questo periodo, un video virale era spesso il risultato di una combinazione di originalità, tempismo e un po’ di fortuna, diciamolo.
Le piattaforme erano meno affollate e la condivisione avveniva principalmente attraverso email e primi aggregatori di contenuti come Digg e StumbleUpon. Chissà se ve li ricordate.
L’avvento dei social media
Con l’ascesa di Facebook, Twitter (oggi X) e Instagram, il paesaggio della viralità iniziò a cambiare. Le piattaforme iniziarono ad introdurre algoritmi che amplificavano i contenuti basati sull’engagement, accelerando il ciclo della viralità. I video virali non erano più rari; invece, nuovi contenuti raggiungevano la viralità ogni giorno.
Le aziende iniziarono a riconoscere il potenziale della viralità per il marketing e iniziarono a tentare di “fabbricare” la viralità, con campagne pubblicitarie progettate per diventare virali.
Un punto di svolta importante, in questa fase, fu l’introduzione di metriche di visualizzazione inflazionate da parte delle piattaforme stesse. Facebook, ad esempio, abbassò la soglia per ciò che contava come una visualizzazione, gonfiando i numeri per far sembrare che i video fossero più popolari di quanto non fossero realmente. Questo segnò l’inizio di quello che viene indicato come “viralflation”, ovvero l’inflazione della viralità.
L’era di TikTok e la viralità inflazionate
TikTok ha ulteriormente trasformato il concetto di viralità. La piattaforma ha abbassato ancora di più la barra rispetto al conteggio delle visualizzazioni. Su TikTok, ogni loop di un video viene contato come una nuova visualizzazione, permettendo ai video di accumulare numeri enormi molto rapidamente.
Questa facilità in termini di conteggio ha reso la viralità più accessibile, ma allo stesso tempo più effimera. I contenuti su TikTok possono diventare virali nel giro di poche ore e essere dimenticati altrettanto velocemente.
Questo rapido ciclo di vita ha cambiato la natura stessa della viralità.
Mentre un tempo un video virale poteva rimanere rilevante per mesi, oggi la viralità è spesso un fenomeno di breve durata. Inoltre, la frammentazione del pubblico in nicchie sempre più piccole ha fatto sì che la viralità possa verificarsi all’interno di comunità specifiche senza mai raggiungere un pubblico più ampio.
La viralflation e le implicazioni per i Creator
La viralflation ha avuto un impatto evidente sui creator di contenuti. Oggi, ottenere numeri che una volta sarebbero stati considerati straordinari è diventato la norma. Questo ha aumentato la pressione sui creator di contenuti per produrre costantemente materiale che possa competere in un mercato, ormai, sovraffollato. Inoltre, le aspettative dei brand e degli sponsor si sono adattate ai nuovi standard inflazionati, rendendo più difficile per i creator emergere senza enormi numeri di visualizzazioni.
Un altro effetto della “viralflation” è la difficoltà per gli utenti di distinguere tra ciò che è veramente virale e ciò che è semplicemente un contenuto promozionale. Le piattaforme e i brand hanno un interesse comune a far sembrare che i loro contenuti siano più popolari di quanto non siano realmente, il che può portare ad ingannare gli utenti da numeri gonfiati.
Si genera un fenomeno, dunque, che riduce la fiducia del pubblico nei confronti delle metriche di engagement e complica il panorama per i creator di contenuti autentici.
L’impatto della viralità sulle nicchie
Con l’ulteriore frammentazione delle piattaforme digitali, la viralità ha assunto una nuova forma, diventando sempre più settoriale.
Community specifiche, come quelle dedicate ai videogiochi, all’anime o alla moda, possono vedere contenuti diventare virali all’interno delle loro cerchie, senza mai sfiorare il mainstream. Questo fenomeno ha portato a una diversificazione dei contenuti virali, rendendo possibile per i creatori emergere e prosperare all’interno delle loro nicchie senza dover necessariamente competere a livello globale.
La viralità e creato economy
L’evoluzione della viralità ha avuto profonde implicazioni sulla creator economy. Prima dell’era della viralflation, un singolo video virale poteva catapultare un creator all’attenzione globale, aprendo porte a opportunità di sponsorizzazione e collaborazioni.
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Oggi, però, la saturazione dei contenuti e l’inflazione dei numeri di visualizzazione hanno reso questo percorso meno lineare. I creator devono ora mantenere una presenza costante e produrre contenuti di alta qualità per rimanere rilevanti.
Piattaforme come Patreon, e anche OnlyFans, hanno permesso ai creator di monetizzare di dare luogo a rapporti diretti con gli utenti, realizzando una stabilità finanziaria che non dipende esclusivamente dalla viralità.
In questa ottica dobbiamo anche segnalare la svolta, seguita dopo gli esempi sopra citati, intrapresa dalle piattaforme digitali con l’apertura agli abbonamenti con i singoli creator. Si realizzano contenuti specifici ed esclusivi per una community ristretta al fine di diversificare e generare altre forme di reddita, sempre lontane dal concetto di viralità.
La tecnologia e il futuro della viralità
Con l’evoluzione sempre più accelerato della tecnologia, nuovi strumenti e piattaforme continueranno a rimodellare il concetto di viralità. La realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR), ad esempio, promettono di introdurre nuove forme di contenuti immersivi che potrebbero ridefinire cosa significa diventare virali.
Inoltre, l’intelligenza artificiale (AI) sta già influenzando il modo in cui i contenuti vengono creati e distribuiti, con algoritmi che prevedono e promuovono i contenuti cche più probabilmente soo candidati a diventare virali.
In conclusione
Il significato di “virale” è cambiato drasticamente nel corso degli anni, riflettendo le trasformazioni delle piattaforme digitali e delle abitudini di consumo delle audience.
Mentre la viralità una volta era un segno di successo raro e straordinario, oggi è diventata un obiettivo quotidiano in un mercato saturato di contenuti.
Questo cambiamento, come sempre, presenta sia sfide che opportunità per creator di contenuti e utenti, richiedendo un costante adattamento e una comprensione critica delle metriche di engagement.
Le nuove dinamiche di viralità, influenzate dall’inflazione dei numeri e dalla frammentazione del pubblico, richiedono un approccio più sofisticato e strategico da parte dei creator di contenuti.
La sfida è mantenere l’autenticità e la rilevanza, e costruire una community fedele in un ambiente dove i numeri non devono essere più ingannevoli.
Questo richiede non solo creatività, ma anche trasparenza e integrità nel modo in cui i contenuti vengono prodotti e condivisi. Solo così sarà possibile superare l’era della viralità e farne nascere una nuova, dove il vero valore non risiede nei numeri effimeri, ma nell’impatto genuino sui propri follower e sulla community digitale nel suo insieme.