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Le sue grandi Nanas – sculture dai colori squillanti, dalla forme materne ed esplosive che urlano la gioia di esserci e così grandi da diventare, talvolta, perfino abitabili – rappresentano il segno più iconico di questa artista che ha saputo anticipare i grandi temi del femminile e che oggi il Mudec-Museo delle Culture di Milano porta in Italia, con la prima retrospettiva antologica completa. Niki de Saint Phalle, l’artista franco-americana che è stata pittrice, scultrice, performer, autrice di film sperimentali, ha saputo raccontare come poche altre artiste gli stereotipi di genere e l’urgenza di decostruirli, ma anche le ingiustizie sociali e le discriminazioni sofferte dalle minoranze attraverso opere di facile lettura che intrecciano la provocazione con la poesia e che anche per questo, forse, non smettono di essere amate da tutte le generazioni. “L’artista fa breccia perché la sua opera parla di libertà e di diritti, e ci dimostra che ribellarsi è sano, necessario, indispensabile”, dice la curatrice della mostra, Lucia Pesapane. “La sua arte ci offre un rimedio possibile contro l’ingiustizia, è un conforto, è un accesso alla bellezza”. 

Aperta fino al 16 febbraio e realizzata in collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation, che mette le sue opere d’arte a disposizione dei musei di tutto il mondo, la mostra del Mudec presenta 110 opere distribuite lungo otto sezioni che raccontano l’intera vita artistica di Niki de Saint Phalle e, in fondo, anche la sua vita personale e più intima, a partire dagli abusi che subì in famiglia e che curò attraverso l’arte, appunto. 

Niki de Saint Phalle ph.Carlotta Coppo 150 min
Allestimento della mostra – Photo credit Carlotta Coppo

L’arte come un diario intimo 

Niki de Saint Phalle, che è in realtà lo pseudonimo di Catherine-Marie-Agnès Fal de Saint Phalle, nacque nel 1930 in Francia da un agiatissimo banchiere francese e da un’artista americana. Poliglotta, immersa in un ambiente internazionale sin da bambina, si trasferì da piccola a New York: era ribelle, non trovava pace, cambiava spesso scuola alternando scuole pubbliche e istituti privati religiosi e a 12 anni, come racconterà da grande nel film Daddy e nel libro Mon Secret subì la violenza del padre. A 18 anni si dedica alla scrittura, poi al teatro; è bellissima e farà quindi la modella per magazine di moda come Vogue, poi si volgerà al cinema. Nel 1950 sposa lo scrittore Harry Mathews, con cui avrà due figli e, insieme, si trasferiscono a vivere in Francia, dove condurranno un’esistenza bohemien e anticonformista. Ma la salute psichica di Niki tracolla e, dopo un devastante ricovero in una struttura psichiatrica, lei comprenderà definitivamente che è l’arte la via per elaborare il trauma e il dolore. I draghi, i mostri, i personaggi malvagi insieme alle creature magiche, mitologiche ed esoteriche che popolano le sue opere serviranno a esorcizzare le paure che ha sedimentato da piccola, così come a convincerla della capacità che ha il genere umano di trasformarsi e migliorarsi.

Le Nanas, tutte le donne del possibile 

Nel 1956 esordisce con la sua prima mostra, in Svizzera. Qui, peraltro incontra Jean Tinguely, lo scultore svizzero che è tra i maggiori esponenti dell’arte cinetica: Tinguely diventerà il compagno di una vita e partner di un sodalizio artistico che nel nome del Nouveau Réalisme – Niki de Saint Phalle fu la prima donna in assoluto a farne parte -, porterà a incrociare figure come Gérard Deschamps, Yves Klein, Jacques Villeglé, César Baldaccini, Christo, Mimmo Rotella, ma anche Pollock, Rauschenberg, Dalì. Niki de Saint Phalle, in un universo artistico abitato da uomini, diventerà famosissima quando, a Stoccolma, proprio insieme a Tinguely realizzerà per il Moderna Museet Hon/Elle, una gigantesca scultura dalle forme femminili e grottesche che finirà per generare non poche polemiche: è una Nana, è incinta, è stesa su un lato, come se stesse per partorire, è lunga 28 metri, alta 6, larga 9; dentro un suo seno viene allestito un planetario, nell’altro un milk-bar e i visitatori possono accedere alla monumentale scultura attraverso la vagina e lì dentro possono persino vedere una mostra di quadri falsi allestita in una cavità e lasciarsi andare lungo uno scivolo piazzato dentro un arto. Con le sue iconiche Nanas polimorfe Niki de Saint Phalle, che negli anni Sessanta attraversò in prima persona l’ondata del femminismo, mette il corpo femminile in primo piano, lo amplifica, lo scompone, lo reinventa, lo trasforma in creature gioiose e liberate, in un’utopia dell’empowerment dove possono essere chiunque e qualunque cosa desiderino, madri cosmiche, streghe, divinità onnipotenti, sottraendosi al perbenismo, ai diktat estetici della società del consumo, ai ruoli di genere più stereotipati. 

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Allestimento della mostra – Photo credit Carlotta Coppo

Artista e attivista che continua a parlare al nostro tempo 

Nella mostra del Mudec sono visibili anche alcuni dei suoi celebri Tiri, azioni che realizza sparando con la carabina su strutture sui cui cola la vernice colorata che esplode fuori dai serbatoi centrati dai proiettili e opere che richiamano il suo profondo impegno sociale, per esempio No!: è un pugno nero chiuso con le unghie laccate di rosso con cui l’artista dice no, appunto, all’idea che si possano considerare normali e dunque accettabili le ingiustizie economiche, le guerre, la fame, i genocidi. Niki de Saint Phalle non è stata, infatti, solo una grande artista, ma anche un’attivista ambiziosa, che si è messa al fianco dei dimenticati e ha fatto della sua arte uno strumento di sensibilizzazione, di riflessione e denuncia di ogni tipo di squilibrio e discriminazione, di rispetto e valorizzazione di ogni diversità.

L’incantesimo del Giardino dei Tarocchi 

Questa artista che, attraverso le sue opere continua a parlare al nostro tempo, trovò una tappa fondamentale del suo percorso artistico proprio in Italia, in una frazione di Capalbio, in Toscana, nel parco di sculture monumentali del Giardino dei Tarocchi, che generò insieme a Tinguely: qui scultura e natura si fondono in un allestimento monumentale magico che parla al mondo dell’inconscio e dove le Nanas convivono con gigantesche creature mitologiche e fantastiche, come Gli innamorati, Il Sole, La Luna, LAppeso, La Temperanza, Il Giudizio, Il Carro, LImperatore e LImperatrice, in cui l’artista ha abitato. Un luogo potentemente evocativo del quale, citando il compagno, l’artista ha scritto che, in fondo, “la nostra vita comune non ha altro scopo che rendere le persone felici”.