DeepSeek è finita sotto la lente del Garante della Privacy. Nelle scorse ore, infatti, l’Autorità ha inviato una richiesta di informazioni a Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e a Beijing DeepSeek Artificial Intelligence, ovvero le società che forniscono il servizio di chatbot DeepSeek. Come abbiamo scritto in questi giorni su StartupItalia, la startup cinese ha prima fatto crollare i titoli tecnologici (ripresisi in parte nella giornata di ieri) e aperto un dibattito sulla possibilità di una AI più economica rispetto a quanto offerto da multinazionali come OpenAI.
Cosa ha chiesto il Garante della Privacy a DeepSeek?
Alla luce dei rischi per i dati degli utenti in Italia, l’Autorità ha chiesto alle due società e alle loro affiliate di confermare quali siano i dati personali raccolti, da quali fonti, per quali finalità, quale sia la base giuridica del trattamento, e se siano conservati su server collocati in Cina. Nel video che pubblichiamo qui sotto, Matteo Flora – firma di StartupItalia – approfondisce la questione e valuta anche l’eventualità di un blocco in Italia. Circostanza che, lo ricordiamo, era già capitata nel 2023 con ChatGPT per raccolta illecita di dati personali e assenza di sistema di verifica dell’età.
DeepSeek ha ora 20 giorni di tempo per rendere conto di quanto richiesto dal Garante della Privacy. L’Autorità ha poi sollevato la questione sul come siano stati addestrati i sistemi di AI e, in caso di scraping, ha richiesto alle società di confermare se gli utenti iscritti e non vengano o meno informati sul trattamento dei propri dati.
Nel frattempo DeepSeek è diventata tra le app più scaricate al mondo nel settore dell’AI. Secondo quanto detto da esperti negli USA si tratta di un prodotto di indubbio valore tecnologico, anche se restano i dubbi sui costi economici dell’intero sviluppo: la spesa dichiarata di appena 5,6 milioni di dollari non giustificherebbe un risultato paragonabile a quello di ChatGPT.