Nel giro di un pugno di anni, nel nostro Paese mancheranno figure chiave in qualità e quantità adeguate non solo per nutrire la produttività e la competitività delle imprese, ma anche per tenerle in vita. Mancheranno tecnici e operai specializzati, e poi figure specialiste in scienze matematiche, intelligenza artificiale e cybersecurity, in tecnologie mediche innovative ed energie rinnovabili, per citare le più note. La demografia sta remando contro, svuotando di giovani un Paese che diventa sempre più vecchio. Succede in tutte le nazioni occidentali, vero, ma da noi di più, anche perché regaliamo al mondo cervelli giovani, dopo che ne abbiamo pagato la formazione.
Se ci sono poche donne nella tecnologia, il danno è per la società intera
L’onda tecnologica ha fame di competenze e profili in linea: in cambio promette prospettive robuste di crescita professionale, benessere economico, le remunerazioni più alte del mercato. Ci stiamo attrezzando per cavalcarne le opportunità? L’Italia patisce un ritardo in partenza: siamo molto al di sotto della media europea di popolazione con istruzione universitaria, figuriamoci in quella scientifica. Ma dentro il più generale ritardo, resiste un ritardo che rende ancora più fragile l’assetto con cui il Paese sta affrontando la nuova era tecnologica: mancano ragazze e donne negli studi e nelle professioni tecnologiche e, in generale, scientifiche.
Visto che oggi la tecnologia determina lo sviluppo dell’economia e all’economia servono numeri significativi a livello occupazionale, il Paese non può più permettersi di perdere il capitale femminile; d’altro canto, visto che la tecnologia può determinare il grado di opportunità professionali e di benessere economico individuale, le giovani donne non dovrebbero perdere l’occasione di avvicinarla.
Per incoraggiare le ragazze a studiare le materie scientifiche, tecnologiche, matematiche, ingegneristiche è dunque urgente abbandonare le campagne spot, le azioni positive che un giorno ci sono e quello dopo no, a favore di interventi sistemici, strutturali, di lunga visione. Ma ci sono retaggi culturali potentissimi, specie nel nostro Paese, che rischiano di spolpare da dentro ogni strategia messa in campo, in primo luogo quello per cui le ragazze sarebbero meno predisposte alle materie scientifiche, matematiche, tecnologiche e le carriere in tali aree meno adatte a loro di quanto lo siano ai ragazzi.
![La tecnologia disegna i destini del mondo, ma servono più donne in questo campo: una sfida per la società intera donne informatica](https://cdn-magazine.startupitalia.eu/wp-content/uploads/2025/02/11104440/donne-informatica-ai-pexels-rdne-7915357.jpg)
Le ragazze hanno lo stesso potenziale in matematica dei ragazzi (solo che non lo sanno)
Tra i Paesi OCSE, l’Italia è quello in cui il divario tra ragazzi e ragazze quindicenni nelle abilità matematiche è più grande, un gap di 21 punti a favore dei ragazzi (studio OCSE-PISA 2022). Dopodiché, in molti Paesi le ragazze, invece, superano i ragazzi e in tanti altri ancora mostrano pari abilità: è la prova evidente che non esiste una predisposizione matematica insita in un genere piuttosto che in un altro. In compenso, in Italia le ragazze battono i ragazzi in lettura, con un gap di 19 punti, confermando i modelli tradizionali di genere, particolarmente resistenti nel nostro Paese, che da sempre associano le materie scientifiche ai maschi, quelle umanistiche alle femmine.
L’idea che “i ragazzi sono più portati per la matematica” e “le ragazze per le materie umanistiche” è al punto radicata nell’educazione famigliare e nell’immaginario sociale da scoraggiare gli uni e le altre a intraprendere percorsi di studio diversi: le ragazze, in particolare, finiscono per interiorizzare una certa distanza rispetto alla matematica e alle materie tecnico-scientifiche e la sfiducia nella propria capacità di comprenderle. Si tratta di meccanismi inconsci che le scienze cognitive hanno ormai messo puntualmente a fuoco, su cui oggi c’è maggiore consapevolezza, ma che continuano a esercitare un cruciale, nocivo condizionamento.
A insegnare la matematica sono soprattutto le donne
Ma poi, se le ragazze sono meno brave in matematica, perché la stragrande maggioranza delle insegnanti di matematica è donna? È quello che si è chiesta sul quotidiano La Repubblica Linda Laura Sabbadini – pioniera delle statistiche di genere in Europa e che è stata a lungo dirigente di punta dell’Istat -, muovendo dal numero di insegnanti donne di matematica nelle nostre scuole: sono l’80% alle Medie, il 64,6% alle Superiori. Secondo Sabbadini, a scatenare questa contraddizione sono, oltre a carenti infrastrutture sociali di supporto alla famiglia, alcune costruzioni culturali fortemente stereotipate, che sono speculari alle precedenti e che associano l’insegnamento alle donne, “insegnamento che è poco attrattivo per gli uomini, anche per il basso salario”, scrive, “ma che è più attrattivo per le donne, per l’orario di lavoro che offre, più sostenibile, specie se si hanno figli, in una situazione come quella italiana, con alta asimmetria dei ruoli nella coppia, e scarsa presenza di servizi educativi per la prima infanzia e per l’assistenza ad anziani e disabili, che comportano un alto sovraccarico di lavoro famigliare sulle spalle delle donne”.
La barriera da abbattere
Luoghi comuni e cliché stereotipati e molto radicati stanno tenendo disastrosamente lontano le ragazze dallo studiare le materie che oggi contano di più e dal praticarle come professione, nei contesti più innovativi, più forti e in crescita. Il costo di tali costruzioni inconsapevoli – e, perché proprio inconsapevoli, ancora più nocive -, è enorme: in questo momento di transizione in cui la tecnologia sta disegnando i destini del mondo, lo pagano in prima persona le ragazze e le donne, ma lo paga la società per intero. Oggi, 11 febbraio, Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, meditiamo sul corto circuito dell’era tecnologica, che si progetta evoluta, ma si lascia ancora intrappolare dai pregiudizi.