Ora sembrerà assurdo, ma in passato abbiamo vissuto quello gli esperti definiscono l’inverno dell’Intelligenza artificiale. I meteorologi del tech ne hanno individuati due, negli anni Settanta e poi tra anni Ottanta e Novanta. Entusiasmo e finanziamenti sull’AI erano crollati e chissà se qualcuno si sarebbe immaginato la situazione fiorente che il settore sta vivendo dal 2022 in poi. Ma tenetevi parte dello stupore per quanto state per leggere. «Sono tornato in Italia perché l’Europa negli anni Novanta viveva un periodo di esplosione, sembrava ci fossero grandissime opportunità mentre in Silicon Valley si attendeva ancora l’arrivo di Google che avrebbe cambiato tutto. All’epoca mi ricordo un’Europa che girava». Stefano Gallucci ci racconta un quadro che oggi non esiste più, ma che aiuta a comprendere perché si parla di ritardi molteplici del Vecchio continente in ambito tech.

Quando l’Europa correva
Per questa nuova puntata del lunedì, dedicata alle intervista ai profili del mondo Venture Capital e investimenti, intervistiamo un amministratore delegato, con alle spalle la gestione di diverse aziende nel settore manifatturiero e high-tech, che ha anche voluto spendere le proprie competenze in ambito VC. Opera in Cysero e grazie al suo bagaglio in robotica e AI ha un occhio sull’ecosistema italiano.
Stefano Gallucci è nato nel 1965 a Charlotte, negli Stati Uniti, ed è cresciuto a Houston dove il padre faceva il cardiochirurgo. «In realtà poi sono tornato in Italia per studiare. Ho studiato AI a Udine», ateneo che ricorda come una di quelli all’epoca più attrezzati per analizzare quel comparto. «Il mio ambito era lo studio dell’applicazione dell’AI alle analisi delle immagini, in particolare nella medicina». Erano gli anni Novanta, quando Gallucci è ritornato negli Stati Uniti, per lavorare a Palo Alto in una startup. «Ci occupavamo di Intelligenza artificiale per reti di computer. Non c’era l’ecosistema VC di oggi».

E così ha deciso di ritornare in Italia dove ha iniziato una vita da manager in ambito manifatturiero, alternando questo ruolo a quello di founder di startup. «Ho fatto partire una startup nelle nano tecnologie in cui l’investitore era Giannino Marzotto». Gallucci l’avrebbe poi aiutato a fondare il noto Premio Marzotto. «È sempre stata una mia passione quella delle startup. Sono un investitore ma anche un Ceo. Nel Venture Capital porto l’esperienza di chi sta nell’industria e viene dal mercato, sapendo come si gestisce una azienda. Conosco i problemi delle aziende fino a un migliaio di dipendenti. Per questo fungo da esploratore delle nuove tecnologie e avvicino le startup al mondo dell’industria».
Nuovi spazi per la difesa
In Cysero, fondo VC verticale su robotica e cybersecuirty, ha un punto di osservazione privilegiato su alcuni degli ambiti più importanti e strategici a livello globale. Dove l’AI ha un ruolo centrale. «Ma la robotica del futuro non è il braccio robotico nella fabbrica, quella è automazione. La stessa cosa ripetuta. L’Intelligenza artificiale oggi cambia il modo di dialogare con le macchine, che diventa multicanale». Ecco allora che spuntano i primi umanoidi negli stabilimenti. «Non importa che questi robot svolgano task di poco valore. L’importante è che operino in ambienti di produzione sapendo come muoversi senza fare danni». Gestendo dunque anche tutte quelle situazioni imprevedibili che possono capitare.

«Dovrà diventare sempre più facile programmare un robot», spiega Gallucci che però sottolinea un elemento centrale per figurarsi il futuro dell’industria. «L’errore che possiamo fare oggi è ritenere che possa risolvere qualsiasi problema». Una rassicurazione non da poco per noi umani.
L’innovazione ai tempi dei dazi
In un 2025 caratterizzato da molte incertezze di natura economica e geopolitica prosegue quel percorso di normalizzazione del settore investimenti dopo gli anni di soldi facili. «C’è comunque sempre una disparità tra valutazioni in Italia e all’estero. È ora di investire e portare le startup sui mercati internazionali. Quando abbiamo lanciato m31 avevamo aperto una sede anche a Palo Alto. Ed è stato il segreto del successo di alcune startup».

Cysero opera nella fascia di investimento che va dal seed al round A, con ticket di massimo 5 milioni di euro. Al momento ha una decina di startup in portfolio, con una exit e circa 40 milioni di euro investiti. Uno degli argomenti che più spesso occupa il dibattito economico odierno riguarda i dazi voluti da Donald Trump. Impatteranno o no sul comparto startup? «Ci saranno conseguenze sicuramente. Quello che subiscono è un effetto indiretto: i loro clienti sono in un momento di incertezza e quindi difficilmente fanno grandi investimenti nell’adozione di nuove tecnologie».
Questo però non riguarda ogni verticale in maniera indistinta. «La cybersecurity non subisce i dazi: abbiamo una azienda cyber che è partita negli USA e un’altra a Dublino che non stanno riscontrando problemi». L’altro argomento che interessa l’agenda dell’innovazione tocca la difesa, ambito su cui in Europa è rispuntato un grande interesse dopo le mosse di Trump in politica estera. «In Italia per una questione di regole non è facile investire in progetti unicamente di difesa. Nascerà una nuova generazione di VC che si occuperà solo di questo. Come è accaduto per la space economy. Oggi, dopo decenni, l’Europa è di nuovo a un bivio. Stavolta ha un vantaggio e può giocarsela sulle tecnologie strategiche: la robotica, l’AI e la cyber sono l’occasione per costruire sovranità. In Italia c’è grande tradizione nella meccanica e vedo un mercato ricco di opportunità per le startup».