Oggi ho avuto una giornata piena. Tre ore di progettazione immersiva con il mio gruppo di ricerca affettiva, poi una sessione pubblica in uno spazio cognitivo dedicato alla cura delle narrazioni collettive. Alla fine ho camminato, a lungo. Non per muovermi. Per riorientarmi.

Nessuno mi ha pagato per farlo. Eppure, tutto questo è stato riconosciuto. Nel nostro tempo, non lavoriamo per reddito. Lavoriamo per rilevanza.
L’automazione ci ha tolto il lavoro…
La trasformazione è avvenuta lentamente e poi d’un colpo. Prima i mestieri ripetitivi. Poi le professioni cognitive. Oggi, quasi tutto ciò che prima occupava l’orario lavorativo è svolto da agenti intelligenti, reti decisionali, piattaforme autonome. Ma non abbiamo perso. Abbiamo rinegoziato il senso.
…Ma ci ha restituito il tempo
Nel 2100 ogni cittadino dispone di una quota di esistenza garantita: un diritto di tempo, di spazio e di energia per contribuire al sistema in forme diverse. Lo chiamano circolo di cittadinanza attiva, non “reddito”. Perché non si tratta di ricevere qualcosa, ma di essere in relazione con ciò che conta.
Il lavoro come forma di espressione pubblica
Chi lavora lo fa per manifestare una visione, costruire un ecosistema, curare una comunità. Il contributo non si misura in ore ma in impatto generativo. Non esistono più CV. Esistono traiettorie contributive.
Il valore non è economico, ma semantico. Non è cosa sai fare. È cosa riesci a mettere in risonanza. E quando accade, vieni riconosciuto, invitato, amplificato. Ogni individuo è una potenziale sorgente. Il sistema ti sostiene quando generi significato. Il resto è tempo libero. Ma non vuoto. Libero davvero.
Abbiamo riscoperto il vuoto come spazio di potenza
Nel 2100, non si misura più il tempo in produttività, ma in profondità. Abbiamo imparato a riposare senza senso di colpa. A stare. A osservare. A lasciare che qualcosa emerga.
I momenti di inattività non sono assenza, ma parte del ciclo attivo del pensiero. E lo spazio tra le cose è diventato il luogo dove accade il nuovo. Molti lo chiamano il tempo espanso. Io preferisco un’altra definizione: il tempo che ci è tornato a casa.