Nel biennio 2027-2028 è previsto l’aumento di tre mesi dell’età pensionabile ma sul tavolo c’è anche l’ipotesi di archiviare Quota 103, oltre alla chiusura di Opzione donna e a un raccordo maggiore tra previdenza pubblica e complementare. Cosa cambierebbe, dunque, se l’Italia dicesse “addio” a Quota 103?
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Cosa cambierebbe nelle pensioni italiane
Dalle ultime indicazioni dell’Istat sull’andamento demografico, è emerso che nel biennio 2027-2028 i requisiti per il pensionamento dovrebbero essere adeguati di tre mesi. La soglia di vecchiaia dovrebbe salire da 67 a 67 anni e 3 mesi, e quella per l’anticipo con i soli contributi versati (a prescindere dall’età) da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e un mese per gli uomini e da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e un mese per le donne.
Il governo sta, però, pensando di congelare questo aumento. Resta da capire se la sospensione riguarderà tutti i canali di pensionamento interessati o soltanto quello di vecchiaia. Che in ogni caso dovrebbe rimanere accessibile a 67 anni. L’intervento dovrebbe scattare con la prossima manovra autunnale. Ma, nel caso in cui l’esecutivo nelle prossime settimane dovesse ricorrere a uno scostamento di bilancio per rafforzare il budget per la Difesa, non è da escludere che la misura possa essere leggermente anticipata con un decreto legge.
Quota 103 appare in bilico, e nel 2026 potrebbe lasciare il posto a nuove misure di flessibilità pensionistica in uscita. Dal prossimo anno, verrebbe chiuso il canale per uscire con almeno 62 anni d’età e 41 anni di versamenti, che era stato introdotto dall’esecutivo Meloni nel 2023 (al posto di Quota 102) e che era stato poi prorogato nel 2024 e nel 2025 vincolandolo però al calcolo contributivo dell’assegno.
Secondo il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, andrebbero potenziate altre soluzioni flessibili, come quella prevista dall’ultima legge di bilancio che consente ai lavoratori integralmente “contributivi” di uscire a anticipatamente, ma con il trattamento calcolato solo sulla base dei versamenti, a 64 anni d’età e 25 anni a patto che l’importo della pensione sia pari ad almeno tre volte l’assegno sociale.
La soglia d’importo necessario per accedere a questa prestazione pensionistica salirà poi a 3,2 volte l’assegno sociale nel 2030, quando anche il requisito dei contributi richiesti lieviterà a 30 anni. Sul tavolo resta ancor l’idea di usare il Tfr dell’Inps per accedere all’anticipo con 64 anni.