Lo scriviamo spesso: molte startup sono state pensate, progettate e fondate in pandemia. Ma anche in fatto di newsletter non si scherza. Giorni passati a casa in lockdown hanno costretto un sacco di persone a dedicarsi a letture, studio, approfondimenti. «All’epoca stavo parlando con una collega di un acceleratore a Barcellona. Ricordo di averle chiesto come era possibile rimanere aggiornati su quel che accadeva in Spagna lato round e investimenti. E mi ha segnalato una newsletter in inglese. Sapendo che da noi non esisteva niente del genere, ho deciso che avrei dovuto prendermi questa missione e fare lo stesso, in inglese, per l’Italia».
Niccolò Sanarico è l’autore di The Week in Italian Startups, una newsletter pubblicata su Substack in cui ogni settimana viene dato conto di operazioni nell’ecosistema. La scrive da un punto di osservazione privilegiato, dal momento che è General Partner in Primo Capital, tra i più importanti fondi di Venture Capital in Italia. Questa è la sua storia in una nuova puntata del lunedì alla scoperta dei protagonisti del mondo VC.

Un nerd tra le startup
Niccolò Sanarico ha 44 anni e parla di se stesso come di un nerd. «Potrei definirmi tra i primi Millennial, dato che sono nato nel 1981». Studi a Milano in ingegneria del software, ha avuto la fortuna di sperimentare l’esperienza di studio all’estero. «L’ultimo giorno delle application mi sono iscritto a un programma di scambio e mi hanno preso. Sono finito così alla University of Illinois a Chicago».
Nei primi anni Duemila, dopo lo scoppio della bolla delle dot-com, sul suo percorso ha incontrato la consulenza, in ambito tecnico. «Ci ho lavorato qualche anno, ma poi ho deciso di andarmene a Oxford per frequentare un MBA. Non è stata una scelta di grande tempismo visto che mi sono licenziato quando è scoppiata la crisi economica. Ma è stato divertente». Sanarico ha poi utilizzato un’espressione che di solito si associa a cose negative.

«A Oxford ho vissuto in una bolla, un’esperienza davvero particolare». Questo perché ha trascorso un periodo di formazione in un ambiente stimolante, pieno di talenti. Una bolla arricchente. «Tra i miei compagni di corso c’erano i gemelli Winklevoss». Per chi non li conoscesse Tyler e Cameron sono quelli che hanno battagliato in tribunale accusando Mark Zuckerberg di aver rubato loro l’idea di Facebook. «Era il loro periodo di vogatori olimpionici. Erano davvero in gamba e brillanti». La loro società Gemini, un exchange per criptovalute, si è quotata in Borsa qualche settimana fa.
Ma torniamo alla bolla, perché lì è germogliata l’idea di lavorare nel mondo startup. «Ingegneria per me fino ad allora aveva significato fare il percorso da manager. Ma a Oxford ricordo di aver partecipato a un evento in cui diversi rappresentanti della Silicon Valley sono intervenuti. Era il momento di Twitter, di LinkedIn». E in quella circostanza ha incontrato il fondatore del social del lavoro, Reid Hoffman. «Dopo averlo ascoltato mi sono detto che volevo essere come lui. Aveva una tale chiarezza di pensiero».

L’importanza dei contatti
C’è stato poi un altro incontro fondamentale che ha influenzato la carriera di Niccolò Sanarico. «Per Stefano Bernardi, che all’epoca curava un sito di informazione sulle startup, a Londra ho seguito un evento e siamo rimasti in contatto. Quando se ne è andato da dpixel mi ha suggerito di candidarmi». Ed è così che ha avviato la sua collaborazione con la società di Gianluca Dettori.
Sono quasi 15 anni che Sanarico opera nel mondo VC. Ha attraversato più generazioni di startup, dagli esordi fino a un percorso di istituzionalizzazione del settore. «Se penso agli anni ’10 si sapeva poco di cosa fossero le startup. C’erano davvero pochi player geniali. Mancavano quelle che all’estero si chiamano startup mafias: quando c’è qualcuno che ha fatto una grande impresa e ha ispirato altri. A noi è mancato questo effetto PayPal o Criteo che ha generato ecosistemi». Ci sono stati pochi poli di aggregazione nei primi anni secondo Sanarico.

Perché in Italia le cose stanno cambiando
«L’uomo è un animale mimetico, il genio vero, quello che crea non avendo mai avuto nessuna esperienza diretta cui attingere, è raro. Oggi però le cose stanno cambiando: tanti round in vari casi sono raccolti da aziende fondate da imprenditori che sono passati per Bending Spoons, Satispay, Scalapay e realtà internazionali». Da diversi anni li segue nella sua newsletter, un contenuto settimanale per dare uno strumento in lingua inglese a chi opera all’estero. «Cerco di avere copertura massima. Ho una data platform che sto costruendo e che mi è funzionale nel day by day. Mi leggono tanto negli USA, ma anche in Spagna, Francia e Germania ho relazioni dirette».