Pechino ha introdotto norme draconiane per punire il deepfake
In Cina si è verificato il primo caso di arresto di una persona che avrebbe utilizzato ChatGPT per fabbricare fake news. L’individuo è accusato di aver fatto scrivere al software di OpenAI un articolo in merito a un incidente ferroviario con nove morti in realtà mai verificatosi. La notizia è stata poi ripresa su un blog controllato dal gigante Baidu – la Google cinese, per intenderci – e sarebbe stata letta da migliaia di utenti online. Nella dittatura comunista il controllo della politica sulla popolazione è notoriamente invasivo. Una misura draconiana di questo genere non potrebbe neanche lontanamente verificarsi nelle democrazie occidentali, dove peraltro la fabbrica delle fake news (con AI o con cervello umano) è attiva a pieno regime da parecchi anni. La notizia dell’arresto suggerisce che Pechino è intenzionata a usare il pugno duro non soltanto contro la disinformazione che minaccia la stabilità e l’ordine costituito, ma anche contro ogni utilizzo della tecnologia non ammesso.
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I fatti risalgono al 25 aprile scorso, quando questa fake news fabbricata con ChatGPT ha iniziato a diffondersi. In base alle nuove leggi, in Cina il deepfake è perseguito anche con il carcere. La norma, entrata in vigore a gennaio, impone che tutti i contenuti modificati dall’AI debbano essere chiariti agli utenti come realizzati tramite intelligenza artificiale. A peggiorare la condizione dell’arrestato è il fatto che il software utilizzato è proprio ChatGPT, tecnologia vietata in Cina (e in altri paesi). Per accedervi ovviamente basta una VPN. Come ricorda la CNN, la questione degli incidenti ferroviari è delicata in Cina, dal momento che nel 2011 le autorità avevano dovuto spiegare le ragioni per cui non avevano dato informazioni tempestive all’opinione pubblica dopo un tragico incidente che aveva provocato 40 morti.