Non è un problema recente. Succedeva anche all’epoca dello scoppio della bolla dot.com
L’economia americana ha dato poco registrato un aumento degli occupati: 261mila in più, cifra al di sopra delle aspettative. Se guardiamo però all’ecosistema tecnologico il panorama è in contrazione, ormai da tempo come vi raccontavamo in un articolo sugli unicorni. Meta, Twitter, Lyft, Stripe, Peloton, Klarna. Sono soltanto alcuni dei nomi di grandi società che negli ultimi mesi hanno deciso di dare il via a una riorganizzazione interna del personale, licenziando. A giudicare dai dati il 2020 non è stato un annus horribilis, almeno per le Big Tech. Anzi: il patrimonio personale dei miliardari è aumentato, così come il fatturato e gli utili delle aziende digitali, i cui prodotti e servizi venivano acquistati in massa dalle persone costrette in lockdown. Il 2022, con l’invasione russa in Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione che erode il potere d’acquisto delle famiglia, ha invece riservato un nuovo cigno nero. Da mesi assistiamo ai licenziamenti nelle Big Tech.
Passiamo dunque in rassegna alcuni casi di licenziamenti nelle Big Tech. Per raccogliere i dati ci siamo affidati a Crunchbase, sito che monitora trend, numeri e informazioni sull’ecosistema startup e tecnologico a livello globale.
Non potevamo non partire da Twitter. Nei giorni scorsi Elon Musk ha completato l’acquisizione del social network per 44 miliardi di dollari. Se avete seguito la vicenda, saprete che l’offerta era stata fatta in primavera e che dopo mesi di entusiasmi e dietro front da parte dell’imprenditore, alla fine il Ceo di Tesla ha deciso di concludere l’affare. Nelle ore successive a questo passaggio, è stata subito chiarita l’intenzione di Musk: licenziare 3700 dipendenti, ovvero la metà della forza lavoro del gruppo. Qui vi abbiamo spiegato le ragioni di questa operazione. A Twitter sembra essere in atto una rivoluzione non soltanto per quanto riguarda il management, ma anche il prodotto che verrà offerto. Come si legge su TechCrunch la questione non è finita: Reporter come Casey Newton hanno documentato il clamoroso passo indietro da parte dell’azienda. Alcuni dei dipendenti licenziati potrebbero infatti essere invitati a ritornare per dare una mano a chi sta sviluppando il Twitter che ha in mente Musk.
Meta
Prima di questo piano di licenziamenti, Twitter contava quasi 9mila dipendenti in giro per il mondo. Meta, l’ex gruppo Facebook guidato da Mark Zuckerberg, dà lavoro oggi a più di 87mila persone. Anche questo numero però potrebbe ridursi a seguito delle imminenti decisioni della società di Menlo Park. In Borsa le azioni Meta stanno crollando: a inizio 2022 valevano oltre 300 dollari, ora meno di 100. Gli investimenti cospicui sul metaverso non sembrerebbero in discussione. Domani, mercoledì 9 novembre, dovrebbe essere il giorno in cui verranno comunicate diverse migliaia di licenziamenti. Come spiega il Wall Street Journal una riorganizzazione aziendale del genere in Meta non capitava da quasi due anni e le prossime mosse potrebbero portare al numero di licenziamenti più alto mai attuato in un anno da una Big Tech.
Lyft
Un’altra società che ha annunciato licenziamenti è Lyft. La società di occupa di sharing e trasporti e in diverse città statunitensi compete con Uber. Con sede in California, l’azienda ha deciso di licenziare il 13% dei propri dipendenti, ossia circa 700 persone. Come spiegano gli esperti, Lyft starebbe perdendo quote di mercato rispetto a Uber, oltre che terreno in Borsa. Da inizio anno le sue azioni sono calate del 70%.
Stripe
Tra le fintech che stanno licenziando segnaliamo il caso di Stripe, società che ha contribuito a rivoluzionare il settore dei pagamenti digitali. Nei giorni scorsi l’azienda ha comunicato l’intenzione di licenziare il 14% dei propri dipendenti, ovvero poco più di mille persone. I cofounder Patrick Collison e John Collison hanno parlato di aspettative dell’azienda troppo alte.
Peloton
Peloton è una società che ha vissuto gli ultimi anni come a bordo di montagne russe. Nei primi mesi della pandemia l’azienda che consente alle persone di allenarsi a casa tramite macchinari come cyclette, dotati di schermo per seguire allenamenti in diretta, aveva registrato un picco degli ordini. Poi tutto è precipitato: la filiera non era in grado di star dietro alla domanda, alcuni macchinari erano difettosi e pericolosi, dati degli utenti a rischio. Poi ci si è messa perfino la legge di Murphy (quella secondo cui se qualcosa può andar male, lo farà): una scena del noto film Sex and the City avrebbe messo in cattiva luce Peloton. Tutto questo preambolo per spiegare che anche la società attiva nel fitness ha comunicato mesi fa oltre 4mila licenziamenti.
Klarna
Anche in Europa la situazione Big Tech non è rosea. Klarna, una delle fintech più performanti degli ultimi anni (valutata oltre 30 miliardi di dollari) e attiva nel segmento buy now and pay later, ha annunciato un piano di licenziamenti. Non sono tuttavia chiare le cifre ufficiali.
Ancora licenziamenti
Al di sotto di questi giganti anche l’ecosistema startup sta affrontando una situazione non facile dal punto di vista occupazionale. Come spiega Protocol, in realtà, il settore tecnologico ha sempre avuto una questione aperta con i licenziamenti. Venti anni fa, all’epoca dello scoppio della bolla delle dot.com, in migliaia furono mandati a casa. Nel 2022 non ci troviamo ancora di fronte allo scoppio di una bolla. Gli esperti suggeriscono che, in un momento di transizione per il mondo del lavoro, possano essere i dipendenti stessi a guardare con occhi diversi i giganti tecnologici.