È una delle più note giornaliste di finanza. Nel suo ultimo libro “Effetto Domino” analizza i cambiamenti del mercato post pandemia, anche alla luce del conflitto in Ucraina. «Il consiglio per gli imprenditori? Essere sempre informati. L’innovazione non può prescindere dalla conoscenza»
Giornalista professionista e autrice del podcast di successo “3 Fattori“, Mariangela Pira oggi conduce la rubrica quotidiana Business su SkyTg24. Esperta di finanza e mercati, si è spostata giovanissima dalla sua città natale, Dorgali (in provincia di Nuoro) per lavorare prima a Class Cnb, poi al Tg5 e per il tg di La7. È stata conduttrice, in collaborazione con il ministero degli Esteri di “Esteri News Dossier”, per il quale ha viaggiato a lungo in Medio Oriente. Continua a occuparsi di cooperazione con Terre des Hommes Italia anche su progetti riguardanti la condizione femminile. Ha iniziato la sua carriera all’Ansa di New York e ha una lunga esperienza in Cina.
Oltre ad avere collaborato con alcune delle più note riviste di inchiesta ed economia italiane come “Mf Milano Finanza”, “Panorama”, “L’Espresso”, “il venerdì di Repubblica”, nel 2017 arriva il suo libro “Fozza Cina” (con Sabrina Carreras, edito da Baldini&Castoldi). Con Chiarelettere pubblica, nel 2020, “Anno Zero d.C.” e l’ebook “Cronaca di un disastro non annunciato”. Nel 2021 esce “Il mondo nuovo” e quest’anno “Effetto domino”, sempre edito da Chiarelettere, che analizza alcuni degli effetti sui mercati a livello globale post pandemia e alla luce del conflitto in Ucraina. La abbiamo intercettata per farci raccontare meglio in che direzione stiamo andando e come è cambiato il suolo su cui si ergono startup e PMI alla luce delle grandi crisi che siamo chiamati ad affrontare.
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Mariangela, attorno a quali concetti ruota il tuo ultimo libro?
Nel libro approfondisco il tema della globalizzazione: è agli sgoccioli o si è presa solo una pausa di riflessione e quel che accade in paesi all’apparenza distanti continua a ripercuotersi a cascata su tutti gli altri, in un effetto domino? Mi sono posta diverse domande alle quali cerco di rispondere con una serie di riflessioni come ad esempio: Come si spiega che la chiusura dei porti in Ucraina faccia aumentare il prezzo della carta in Italia e provochi sommosse in Sri Lanka? O che l’aumento della siccità in Sicilia modifichi la viticoltura in America? Che le minacce della Cina verso Taiwan scateni l’emergenza microchip in Europa o che dalle nostre auto elettriche dipenda la sorte del Congo?
Questo non è uno dei periodi migliori per i mercati. Puoi spiegarci perchè?
Veniamo da un periodo di stress per i mercati prima con la pandemia e poi alla luce del conflitto in Ucraina. La crisi delle materie prime e delle catene del valore, la guerra del clima e la transizione verde sono questioni complesse che incidono fortemente sulla nostra quotidianità. Che si tratti della macchina o del cellulare, del pane, dell’aspirina o del caffè, tutto intorno a noi ci racconta di quanto il mondo sia più piccolo di quel che immaginiamo e fino a che punto le nostre scelte, oggi più che mai, richiedano responsabilità. A differenza degli anni precedenti, infatti, il mondo è in continuo cambiamento.
Come possono aziende e startup riuscire a cavarsela in questo contesto?
A fronte del difficile scenario geopolitico che si è delineato in questi ultimi mesi, alcune aziende hanno inserito nel loro planning aziendale il rischio guerra, ma il minimo comune denominatore è sapere rispondere all’incredibile rialzo dei prezzi e alle inflazioni a cui devono far fronte aziende innovative e non. Prendiamo l’esempio del gas, che ora vale 10 volte meno ad Amsterdam rispetto ad agosto dello scorso anno. Allo stesso tempo, però, ci sono stati i rincari in bolletta e una serie di costi che sono stati trasferiti ai servizi.
Di cosa devono avere paura, quindi, aziende e startup?
Credo che la domanda che dovremmo porci è se il prossimo inverno avremmo ancora uno stock disponibile per il gas, ad esempio. Tutto sommato, quest’anno siamo stati fortunati con le temperature miti e una richiesta bassa, ma allo stesso tempo le aziende non possono predire il futuro e in un momento in cui stanno affrontando dei cambiamenti sostanziali, devono anche essere convincenti verso gli investitori. Le aziende innovative sono le più indebitate poiché i risultati si vedono sul lungo termine, e si stanno chiedendo quando sarà il momento giusto in cui i tassi di interesse inizieranno a scendere. Ma questo è difficile da capire.
Come si può, quindi, affrontare al meglio questo periodo difficile?
Sicuramente avvalersi della figura del consulente di impresa è una buona strategia, al fine di rispondere in modo reattivo a fattori esterni come la guerra. Il problema è che chiaramente nessuno sa quanto durerà: sono enigmi ai quali è molto difficile rispondere. Il consiglio che, però, mi sento di dare è di essere sempre informati: se fai innovazione non puoi prescindere dall’informazione e la devi condividere all’interno della tua azienda. Anche la figura del risk manager è centrale in questo scenario: molte aziende non sono assicurate e dovrebbero capire che assumere un profilo del genere non costa niente se paragonato ai costi per i danni in cui potrebbero incorrere. Questo è un problema principalmente italiano perché, per questioni culturali, tendiamo a non assicurarci. Si deve, invece, guardare a un approccio più olistico e non ragionare più per silos.