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Proof of Work e Proof of Stake, blockchain e lotta all’inflazione. Le due criptovalute fanno parte di una rivoluzione digitale che ha effetti anche politici
Le due più famose criptovalute al mondo, Bitcoin ed Ethereum, continuano a condividere un aspetto in comune legato alla loro origine. Dopo la crisi economica del 2008, con il crollo di Wall Street e un lungo periodo di recessione e disoccupazione, qualcuno dal basso ha ideato alternative al sistema tradizionale. Canchellor on brink of second bailout for banks è un titolo fondativo per l’universo Bitcoin: il 3 gennaio 2009, nel primo blocco della blockchain, Satoshi Nakamoto (ci torneremo a breve) ha inserito proprio il titolo del The Time di quel giorno col quale la testata inglese annunciava un imminente secondo salvataggio delle banche. Inserire quel titolo è stato sia un atto d’accusa nei confronti degli istituti, sia un messaggio rispetto a un processo in corso. Era possibile decentralizzare il denaro?
Vitalik Buterin: da Bitcoin ad Ethereum
Ed è proprio dalla pancia di Bitcoin che è nato uno dei suoi principali competitor. In una recente intervista pubblicata in prima pagina sul periodico Time il co-fondatore di Ethereum, Vitalik Buterin, ha ripercorso il decennio trascorso. Era da poco scoppiata la crisi dei mutui subprime quando questo promettente canadese di origine russa ha iniziato a interessarsi al mondo Bitcoin, cofondando quello che sarebbe diventato uno, se non il più autorevole magazine in materia: il Bitcoin Magazine, che organizza la conferenza annuale sul tema (l’ultima edizione si è appena conclusa a Miami).
Dunque perché uno dei figli di Bitcoin ha tradito il padre? Tutto stava nella sua blockchain: Buterin voleva che l’infrastruttura non si occupasse solo di valuta, ma diventasse un posto dove chiunque potesse sviluppare app e ogni tipo di smart contract. Così nel 2013 ha abbandonato il college per dedicarvisi anima e corpo. È partito scrivendo il white paper di Ethereum, la blockchain su cui gira la criptovaluta Ether.
In questo nuovo approfondimento in collaborazione con Bitpanda il nostro intento non è certamente quello di stabilire quale dei due asset sia il migliore. Con il broker austriaco, che offre la possibilità di acquistare e vendere sia Bitcoin sia Ethereum (e molte altre criptovalute), abbiamo piuttosto voluto scattare un’istantanea dei percorsi e delle differenze tra due mondi nati in un periodo di grande trasformazione per il digitale, l’economia e la politica.
Bitcoin: dalla PoW al tema inquinamento
Partiamo dalla criptovaluta più famosa, Bitcoin. Come anticipato, a coniarla oltre dieci anni fa è stato Satoshi Nakamoto, un personaggio misterioso. Tante le ipotesi sulla sua vera identità, ma mai nulla di concreto. Gli esperti interpellati anche sul nostro magazine hanno optato per uno pseudonimo che raggrupperebbe un collettivo di informatici e programmatori. A differenza di una valuta FIAT, Bitcoin non conosce inflazione, dal momento che non ne potranno esistere più di 21 milioni. La sua quantità è dunque scarsa e definita. Di recente si è raggiunta la cifra di 19 milioni di Bitcoin minati.
In un periodo storico così complesso si è tornati a parlare di Bitcoin anche come strumento di emancipazione: rappresenta un asset di fronte alla svalutazione che sta colpendo diverse monete nazionali, così come offre agli emigrati la possibilità di spedire rimesse alle famiglie senza pagare importanti commissioni. Per gli investitori (piccoli e grandi) Bitcoin si è intanto affermato come asset sempre più credibile, con il quale diversificare il proprio portafoglio (ne abbiamo parlato nell’ultimo articolo in cui analizziamo il concetto del “lungo periodo”).
L’altro aspetto cruciale per capire Bitcoin è il Proof of Work (PoW), il complesso algoritmo che regge l’infrastruttura e ne garantisce l’affidabilità. Parlare di questo aiuta anche a comprendere quanto non si parli soltanto di digitale, ma anche di hardware: le mining farm, sparse in tutto il mondo (dagli USA al Pakistan) competono per risolvere complessi calcoli matematici grazie a una potenza computazionale che richiede molta energia. Per farla breve: chi arriva per primo a risolvere questo problema ha la possibilità di scrivere un nuovo blocco della blockchain e viene ripagato in Bitcoin. Da questo punto di vista il processo spinge i miner alla correttezza e disincentiva qualsiasi forma di imbroglio.
Rispetto tuttavia a questo capitolo, molto si è scritto sulla carbon footprint di Bitcoin: inquina troppo? Il tema è estremamente complesso per essere affrontato in poche righe. L’aspetto energivoro non sarà cancellabile per il network Bitcoin, dal momento che l’energia è il prezzo richiesto per la potenza computazionale (e dunque la relativa sicurezza); molti esperti però sottolineano che sempre più mining farm si stanno affidando a fonti rinnovabili e che Bitcoin potrebbe beneficiare dalla transizione ecologica.
Ethereum: gli obiettivi del rivale
Passiamo ora ad Ethereum, la criptovaluta cofondata da uno dei primi bitcoiner. Per conoscerla ci siamo appoggiati anche alla Bitpanda Academy, spazio online formativo ricco di contenuti, con i quali investitori e risparmiatori possono approfondire questioni di vario tipo legate alla finanza personale. Tra le varie pagine c’è anche quella dedicata a Ethereum, blockchain di seconda generazione. “In un certo senso – si legge -, Ethereum ha portato avanti le idee e i concetti introdotti da Bitcoin. L’obiettivo di Ethereum è promuovere ulteriormente i casi d’uso per le blockchain e consentire di fare altro oltre ai pagamenti peer-to-peer”.
A differenza di Satoshi Nakamoto, comunque noto in tutto il mondo (anche se nessuno sa chi sia), Vitalik Buterin è una delle personalità dell’ambito crypto più famose del pianeta. Il suo obiettivo con Ethereum è stato quello di espandere le possibilità di sfruttare la blockchain, andando oltre il caso d’uso di una valuta decentralizzata. “La blockchain Ethereum è più simile a un sistema operativo distribuito con supporto per smart contract”, si legge sul portale Bitpanda. Ad oggi ci son un migliaio di applicazioni su Ethereum, dalle ICO (le offerte di moneta iniziali per sostenere progetti crypto) fino agli NFT, acquistati in Ether.
Un’altra differenza sostanziale tra Bitcoin ed Ethereum sta poi nell’algoritmo. Ethereum sta infatti migrando al cosiddetto Proof of Stake: a differenza del proof of work, che premia il lavoro dei miner e la potenza computazionale, questa modalità preferisce premiare chi possiede più capitali nell’asset specifico. Non c’è un premio come nel PoW una volta risolto il problema matematico. Se è vero che gli utenti “non devono più comprare computer potenti e specializzati solo per avere la possibilità di vincere” la ricompensa di blocco, resta però il rischio che il numero di miner si restringa e vada a privilegiare i più ricchi.
Bitcoin ed Ethereum rappresentano asset che hanno preso strade diverse, ciascuno con i propri pro e i propri contro. Restano le più importanti criptovalute, tanto da rientrare nei vari Cripto Indici di Bitpanda per diversificare il portafoglio. Se guardiamo alla storia recente Ethereum ha performato meglio di Bitcoin nel 2021, ma resta difficile immaginarsi un sorprasso. Entrambi raccontano una storia avvincente: la rivoluzione digitale ha portato con sé un desiderio di decentralizzazione. Che ha ricadute economiche, politiche e culturali.