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Sarà un settembre amaro e non solo per il ritorno in città dalle vacanze e il rientro al lavoro: il primo giorno d’ufficio, scendendo al solito bar per la colazione, milioni di italiani potrebbero dover pagare la proverbiale tazzina di caffè ben 2 euro. Conseguenza dei rincari sulle materie prime di cui StartupItalia ha già dato conto nell’arco del mese.

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Andrea Illy
Andrea Illy

A settembre la tazzina di caffè costerà 2 euro?

È ancora presto per dire se tali aumenti scatteranno realmente e, soprattutto, se arriveranno nel mese di settembre. Ma intanto Andrea Illy, presidente dell’omonimo Gruppo, durante un’intervista rilasciata al Tg3 parlando dei rincari ha spiegato che più del 50% dei coltivatori di caffè vive al di sotto della soglia di povertà e che è pertanto doveroso remunerare meglio i produttori per sostenere l’intera filiera. «Trovo giusto che si vada a pagare di più la materia prima», ha concluso Illy.

Per Cristina Scocchia, amministratrice delegata di IllyCaffè, intervistata da AdnKronos: «Siamo sempre nella tempesta, il mercato continua a essere caratterizzato da un prezzo molto volatile e da un trend rialzista senza precedenti. Oggi il caffè verde costa 245 cents per libbra, il 66% in più dell’anno scorso, oltre il doppio rispetto a 3 anni fa».

«E questo – aggiunge la numero uno di IllyCaffè – ci spiega perché in tre anni il costo della tazzina che beviamo al bar è aumentato del 15%, e adesso costa in media un euro e mezzo in Italia. E si stima che aumenterà ancora, e che possa arrivare a toccare i 2 euro nei prossimi mesi se queste pressioni rialziste sul costo della materia prima continueranno».

L’imputato è sempre il solito, ovvero il cambiamento climatico. «Potrebbe dimezzare i terreni coltivati entro il 2050. Basti pensare a quanto sta succedendo in questi mesi: si passa dalle piogge torrenziali in Brasile alla siccità in Vietnam. Ma nel breve e medio termine la filiera è sotto pressione anche a causa del problema legato al canale di Suez, che ha fatto lievitare i costi e allungato i tempi».

Un medesimo allarme è stato lanciato, dalle colonne di Bloomberg, da un altro imprenditore italiano: Giuseppe Lavazza. «Non abbiamo mai visto nulla del genere nella nostra industria, e con effetti così duraturi», ha detto il manager.