Il visionario ci ha lasciato diversi insegnamenti importanti. Tra questi: saper vedere oltre i propri limiti, non arrendersi mai e ricordarsi che, oltre al lavoro, ci sono molte altre cose
Visionario, intelligente, creativo, studioso. John Warnock da giovane faceva il gommista; è stato anche bocciato in Matematica, poi è diventato ingegnere e, nel 1991, l’intuizione: scrive un documento, “Camelot”, destinato a rivoluzionare per sempre il modo con cui le persone, lavorano, si scambiano file e li stampano. Sei pagine che contengono i primi germogli di quello che poi sarà il PDF (Portable document format).
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John Warnock, gli esordi
Warnock, da giovane, trascorre l’estate in un negozio di pneumatici che ripara per poi rimetterli sul mercato. Si tratta di un impiego temporaneo, che gli consente di ultimare gli studi in matematica alla University of Utah. Davanti a se vede una carriera da insegnante: gli piace tanto ma il guadagno è, più o meno, quello che prende facendo il gommista. A scuola si definisce un “mediocre” che va all’Università solo perché tutti quelli cresciuti nello Utah si iscrivono. A cambiargli la vita è un insegnante che fa nascere in lui la passione per la matematica. È già un genio, solo che ancora non lo sa. Durante il master risolve il radicale di Jacobson, un problema algebrico rimasto senza soluzione fino ad allora. Tenta la sorte: invia un curriculum a IBM, la multinazionale sta cercando giovani matematici. Inizia lì un tirocinio, poi muove i suoi primi passi nel mondo dell’informatica. Ma Warnock non si accontenta e, a un certo punto, decide di lasciare la multinazionale per lavorare in una startup.
Da IBM ad Adobe
La startup in questione si chiama Evans & Sutherland e cerca ricercatori e ingegneri per sviluppare un linguaggio di programmazione che consente alle stampanti e ai computer di dialogare. Lui è il leader del progetto che, però, dopo solo qualche anno lascia per entrare nel centro di ricerca di Palo Alto di Xerox, oggi una delle più grandi produttrici di stampanti e fotocopiatrici. Lì incontra Chuck Geschke, ex insegnante di matematica diventato poi ingegnere. Insieme sviluppano InterPress, un protocollo innovativo che mette in comunicazione stampanti e pc. John e Chuck vorrebbero che fosse lanciato sul mercato, mentre Xerox vorrebbe farne uno standard solo per i suoi prodotti. Alla fine non se ne fa nulla, entrambi lasciano la multinazionale e, insieme, fondano Adobe Systems nel 1982. La prima invenzione è PostScript, un linguaggio adatto alla descrizione di pagine e immagini che aiuta i computer e le stampanti a scambiarsi informazioni. In questo modo, ogni apparecchio è capace di eseguire il programma può riprodurre immagini e documenti. Un’invenzione quasi inimmaginabile per quei tempi, in cui stampare e pubblicare immagini era un’attività che solo poche aziende riuscivano a compiere.
La nascita del PDF
A rendersi conto per primo del potenziale della soluzione di Chuck e John è niente meno che Steve Jobs, che adatta Postscript alle stampante Laser, ma PostScript ha i suoi limiti. Quando viene commercializzato funziona “solo” su 100 tipologie di stampanti in circolazione. Nel 1991, Warnock scrive “The Camelot Project”, con il quale punta a risolvere il problema della visualizzazione di materiali tra diverse applicazioni e sistemi operativi. Il documento è la base da cui parte la creazione di un nuovo formato: il PDF, che non è un linguaggio ma un formato che supera PostScript, multipiattaforma, ideato per avere un aspetto identico su ogni device, senza più problemi di formattazione nel trasferimento. È gratuito, open e nessuna informazione viene persa nel trasferimento. Per visualizzarlo occorre il programma Adobe Reader e, grazie a queste caratteristiche, in poco tempo diventa il formato preferito per pubblicare documenti.
Adobe, da startup a impero
Le prime invenzioni di Adobe fanno crescere incredibilmente la startup che in soli otto anni dalla sua fondazione (1982) ha ricavi di 170 milioni di dollari e utili per 40. In questi ultimi anni, l’azienda ha lanciato una moltitudine di programmi che anche i meno avvezzi a lavorare con video e immagini, senza dubbio, conoscono. Tra questi: Photoshop, Premiere, After Effects e Ilustrator. Nel 2005 Adobe acquista Marcomedia, software house per la grafica e il web development. Un’operazione da 3 miliardi e 400 mila dollari con cui Adobe fa suo Flash e altri software di successo come Dreamweaver, ColdFusion, Fireworks, FreeHand. Negli anni, tante le sfide che ha attraversato, come i crack dei programmi. Oggi la suite Adobe è cloud: non si compra più il pacchetto di software, ma si paga solo l’uso che se ne fa, con abbonamenti mensili. Risultato: prezzi minori, aggiornamenti continui e, non ultimo, un duro colpo alla pirateria.
Gli hobby oltre l’informatica
Warnock non aveva solo la passione dell’informatica. Tra i suoi hobby c’era anche il collezionismo, in particolare di libri antichi, che aveva iniziato nel 1986 con un testo di Euclide del 1570. E’ stato appassionato anche di arte: nella sua libreria c’è una delle collezioni private più importanti al mondo sull’arte dei nativi americani. E’ scomparso a 82 anni. La causa del decesso e il luogo in cui è morto per ora non si conoscono, ma ci ha lasciati con un messaggio importante: saper vedere oltre i propri limiti, non arrendersi mai dinanzi alle difficoltà e ricordarsi che, oltre al lavoro, ci sono molte altre cose.