La buona notizia: le nostre PMI hanno dimostrato, anche quest’anno, di saper affrontare le crisi esterne (leggasi aumento costi di energia e inflazione). La cattiva notizia: hanno rallentato sul fronte della trasformazione digitale. Nel nostro Paese sono ancora poche insomma quelle che hanno deciso di seguire le orme dell’azienda statunitense Blendtec (foto di copertina) che, per assicurarsi la sopravvivenza in un mercato sempre più ostile, si è inventata un format online di successo, dove tritura oggetti hi-tech avvalendosi dei suoi frullatori. Ma torniamo alle considerazioni che emergono dall’ultimo report dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano: «Il mondo delle PMI va esaminato tenendo conto della sua operatività quotidiana», spiega a StartupItalia, Claudio Rorato, Direttore dell’Osservatorio Nazionale Innovazione Digitale nelle PMI. «Una piccola e media impresa può patire anche l’assenza per influenza di due dipendenti perché non ha ammortizzatori interni. Pertanto, la crisi energetica non ha cambiato la sensibilità verso la digitalizzazione, ma l’attenzione. Gli imprenditori si sono concentrati sui problemi che minavano la produttività, pensando, in primo luogo, a contenere i costi energetici e/o a usare fonti alternative».
PMI e digitale: approcci eterogenei
Se le osserviamo in uno sguardo d’insieme risulta evidente come sia complesso dare delle etichette alle oltre 221 mila PMI italiane, proprio tenendo conto della loro straordinaria eterogeneità dal punto di vista dell’attività, organizzazione e della visione strategica. Agroalimentare, AEC (acronimo che sta per architecture, engineering and construction), moda, arredamento, meccanica e meccatronica, arredamento, veicoli a motore su gomma e servizi connessi, sono i settori in cui operano le PMI nei comparti verticali finiti sotto la lente dell’Osservatorio, che costituiscono il 5% delle imprese italiane, ma hanno una grande incidenza sul fatturato nazionale complessivo dei rispettivi comparti che va da un minimo del 33% (AEC) a un massimo del 59% (meccanica e meccatronica). Questa varietà si riflette anche nell’approccio alla digitalizzazione: solo il 26% delle PMI ha aumentato gli investimenti in tecnologie digitali nel 2022, mentre il 35% non riconosce alla digitalizzazione un ruolo centrale nel proprio settore economico, e il 51% non prevede attività in azienda per sviluppare le competenze digitali dei suoi lavoratori: «C’è un errore tipico che viene commesso quando si commentano i dati sulla digitalizzazione delle PMI, ovvero pensare che siano gli imprenditori a essere indietro, quando invece il processo di digitalizzazione delle PMI può essere realizzato solo con il coinvolgimento di tutto l’ecosistema che ruota intorno a loro», sottolinea Rorato.
Una responsabilità condivisa
Chi collabora con le PMI deve, secondo l’Osservatorio, cambiare il suo approccio alla vendita di prodotti o servizi, adeguandoli alle effettive necessità delle aziende clienti: «Software house, istituti finanziari, associazioni di categoria, hub di innovazione, professionisti non hanno solo il ruolo di fornire supporto alle aziende attraverso i loro prodotti o servizi, ma devono contribuire a creare una cultura gestionale più evoluta. Chi aiutando gli imprenditori ad avere una visione, chi facendo comprendere loro la necessità della formazione. E ancora, chi, come i policy maker, proponendo fonti di finanziamento più chirurgiche», sottolinea Rorato. Una responsabilizzazione condivisa, sul fronte della trasformazione digitale delle PMI, è solo il primo passo di un percorso a step che, secondo Rorato, potrebbe aiutare le PMI a diventare più competitive, grazie all’adozione delle nuove tecnologie. In particolare, il direttore evidenzia la necessità, da parte del policy maker, di fare analisi più profonde delle filiere per comprendere i punti di forza e di debolezza di ognuna di queste. Altro step la collaborazione all’interno delle filiere: «Gli stessi innovation hub – competence center, Digital Innovation Hub, PID – dovrebbero sviluppare una rete comunicante per condividere informazioni, buone pratiche sul fronte della digitalizzazione nei territori, così da affrontare insieme i problemi da risolvere e sviluppare economie di scala e di conoscenza», prosegue Rorato.
Alla ricerca di eccellenze
L’innovazione è nel DNA delle PMI come dimostrano bene le tre aziende che si sono aggiudicate i primi tre posti nei PMI Awards dell’Osservatorio, con progetti che spaziano dall’agricoltura alla vendita online. TerrAmore, impegnata nel commercio all’ingrosso di frutta e ortaggi, è stata premiata grazie al suo progetto di agricoltura 4-0: si chiama GeOSES e prevede l’utilizzo di dispositivi IoT per monitorare i parametri delle piante in serra e che mira allo sviluppo dell’automazione e all’agrivoltaico. Premio anche per Toma Abele, azienda di Matera nel settore delle trivellazioni e perforazioni. Suo è il progetto TOHMAPP che, grazie all’utilizzo di un dispositivo elettronico e di un’app per smartphone che comunicano in cloud, conduce indagini del sottosuolo e ottimizza il posizionamento della protezione catodica. Inoltre, i dati raccolti vengono certificati tramite blockchain.
Premiata anche Beautyprof di Reggio Calabria che opera nel settore del commercio di articoli di profumeria: il suo progetto prevede l’investimento in due magazzini automatizzati, dotati di trasportatori e rulliere, collegati al sistema di gestione aziendale. Questo sistema automatizza il processo di immagazzinaggio delle merci in arrivo e la fase di prelievo degli ordini. Menzioni speciali per Comunian Vini (Padova) per il sistema che ha lanciato monitorare gli impianti di spillatura delle bevande da remoto. Tramite l’analisi dei dati l’azienda prevede i problemi ai motori refrigeranti e ottimizza gli interventi di manutenzione. E ancora altra menzione speciale per GATTI Filtrazioni Lubrificanti (Brescia) per un altro progetto di controllo da remoto che prevede l’installazione di sensori presso i clienti per monitorare i parametri dei lubrificanti.
«È importante dare risalto ai progetti che rappresentano degli esempi da seguire. Chi meglio di un imprenditore può raccontare a un altro imprenditore la sua idea, le difficoltà che ha incontrato e le modalità con cui le ha superate? Nei convegni dovrebbero esserci più spesso ‘belle storie da raccontare’, come pure negli incontri formativi e divulgativi, quelli che fanno cultura gestionale e che aiutano ad aprire la mente su nuovi orizzonti. Gli esempi pratici sono la testimonianza che un problema può essere risolto e che sono stati seguiti dei passi, replicabili, validi anche per altri soggetti», evidenzia Claudio Rorato
Il matrimonio PMI e startup
Decisivo per lo sviluppo armonico delle PMI è la costruzione di ponti con l’ecosistema delle startup. Questo è un aspetto fondamentale, anche per noi di Startupitalia, come è emerso nell’ultimo report SIOS Summer, nel quale, per la prima volta, abbiamo dato molto spazio alle piccole e medie imprese e alla necessità di un consolidamento delle loro relazioni con le startup del Paese: «Le associazioni di categoria devono focalizzare la propria attenzione sul favorire gli incontri tra startup e imprese, per una relazione win win dove le startup conferiscono nelle PMI il loro ingegno e lo slancio innovativo, mentre le PMI supportano le startup con le loro relazioni ed esperienze sul mercato», prosegue Rorato. Tuttavia, anche questo matrimonio tra startup e PMI diventa poco fruttuoso se prima non si affrontano altri nodi che ostacolano lo sviluppo dell’ecosistema di innovazione del Paese. Come un intervento sulla connettività che è così bassa in alcune zone del Paese da rendere impossibile lo sviluppo dell’industria 4.0 (la bassa latenza, non permette un dialogo tra macchine): «Come possono alcuni imprenditori essere accusati di arretratezza culturale se non viene data loro neanche la macchina per stare in pista?», si chiede Rorato.