Tech SiLU è un’associazione fatta da due ex startupper italiani per collegare più facilmente chi fa startup in Italia al mercato del venture cinese. Abbiamo intervistato il founder Francesco Rossi
La sottoscrizione di un accordo con il fondo cinese Gdos rappresenta sicuramente un traguardo importante per Tech SiLu, associazione che vuole facilitare lo scambio di innovazioni tra Cina ed Europa ed essere un punto di contatto tra start up e professionisti di due continenti. Gdos è il terzo fondo più importante della Cina, basti pensare che negli Stati Uniti dal 2004 ad oggi ha contribuito con 20 miliardi di dollari di investimenti. In Italia invece l’obiettivo è di avere un portafoglio di 15 startup entro la fine del 2016 con un finanziamento tra i 50 e 100 mila euro per ognuna.
Tra le prime startup selezionate c’è Portrait che si marketplace per la vendita di occhiali online e Sunscious, un social network dedicato allo sharing di news positive con l’analisi del loro impatto, che ha già stipulato partnership con diversi programmi dell’ONU. Intanto continua il lavoro di selezione di Tech SiLu per scegliere le startup che potranno usufruire degli investimenti di Gdos.
Cosa è Tech Silu e perché vuole portare le startup italiane in Cina
Tech SiLu nasce e matura da un incontro casuale presso la ristretta comunità italiana a Pechino tra Francesco Rossi, già founder di Sporteevo, start up per la vendita del materiale per la scherma tramite e-commerce, e Francesco Lorenzini, che vive da oltre due anni in Cina.
«Creare una sinergia tra i paesi può favorire la crescita e lo sviluppo dei due ecosistemi» – racconta Francesco Rossi, founder di Tech SiLu – «In Cina l’economia è inflazionata e ci sono dei limiti di tipo culturale in quanto c’è poca flessibilità nell’approccio al lavoro, per questo sono molto interessati alle startup e soprattutto a comprendere il modello di sostenibilità e ad approfondire le competenze imprenditoriali. Dall’altra parte il paese ha innegabili punti di forza come la disponibilità di fondi da investire, senza particolari meccanismi limitanti iniziali, e una società basata sulle guanxi, un sistema di relazioni utile anche nel business».
3,3 miliardi. In Cina il round più grosso di sempre della storia delle startup, spiegato
Continua Rossi: «In Italia invece c’è una maggiore difficoltà a reperire fondi di investimento così la Cina può rappresentare per le start up, che hanno bisogno di finanziamenti iniziali, di una vera e propria boccata di aria fresca. Inoltre può facilitare un approccio di sviluppo diverso, senza considerare che l’inizio della commercializzazione sul mercato cinese rappresenta un notevole vantaggio competitivo per le aziende italiane».
La Via della Seta dell’Innovazione
Partendo da queste considerazioni, lo scorso marzo è stata lanciata Tech SiLu per realizzare la Via della Seta dell’innovazione. Uno dei primi passi è stato prendere contatto con l’Ambasciata cinese per presentare e spiegare il valore dell’ecosistema delle start up italiane, poi l’idea di approfondire la normativa italiana “Italia Startup Visa”, la politica del Governo per attrarre imprenditori innovativi stranieri. «E’ una bella iniziativa incentivata da Mattia Corbetta (membro della Segreteria Tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico, ndr)» – spiega Francesco Rossi – «per favorire la creazione di un ecosistema incline all’innovazione e alla mobilità sociale attraverso l’attrazione di talenti e capitali dall’estero».
Tech SiLu permette l’incontro tra programmatori e startup cinesi in Italia e italiane in Cina. Anche se è stata lanciata solo qualche mese fa ed attualmente è composta da un team di 5 persone, sono già una ventina le start up che fanno parte del circuito e interessanti gli obiettivi per il 2016: includere nel progetto circa 80 startup, attrarre fondi per 20 startup da un minimo di 50.000 euro al fine di incentivare e accrescere le possibilità di business. Inoltre è previsto un programma per rafforzare la reciproca conoscenza dell’ecosistema attraverso 4 missioni in Cina e la visita da parte di fondi cinesi in Italia.
Francesco Rossi spiega che le startup devono rispondere ad alcuni criteri di selezione: «Prima di tutto devono avere un business model fondato, devono avere un impatto concreto sui processi territoriali o rappresentare una profonda innovazione. L’obiettivo è crescere anche sui mercati internazionali per cui, anche se il team di una start up rimane in Italia, il modello deve essere sostenibile e scalabile». E continua Rossi: «Tutto ciò rappresenta un primo passo anche in un percorso di conoscenza poiché l’intenzione è far comprendere agli investitori cinesi che il mercato italiano non è legato a confini specifici ma l’Italia può essere il punto di partenza per affacciarsi in Europa«.