La startup di sharing mobility elettrico a due ruote è stata acquisita da Helbiz. “La nostra forza? Execution, community e tempismo”
È uno dei pochi casi in cui l’annuncio segue di poco la firma. Il primo aprile Mimoto, startup di sharing mobility elettrico a due ruote, ha messo nero su bianco la sua exit. La big internazionale della micro-mobilità Helbiz, fondata dall’italiano Salvatore Palella, ne ha acquisito interamente le quote, come era stato annunciato ad agosto 2020. In sintesi, grazie a questa operazione, avviata alla fine della scorsa estate, Helbiz amplia la sua offerta di mezzi in sharing, integrando nella propria piattaforma il servizio di scooter elettrici di Mimoto. Gli utenti potranno accedere a motorini, biciclette e monopattini elettrici da un’unica app, attraverso un servizio disponibile in Italia a Milano, Torino, Genova e Firenze, con altre città in arrivo. Mimoto, da startup locale, si lancia così nel mercato internazionale. Da agosto 2020 ad aprile, c’è stata la fusione di Helbiz con la cinese GreenVision Acquisition e in arrivo la prossima quotazione sul Nasdaq.
Panta rei
Ma dietro i fatti, spesso concretizzati nei numeri, ci sono le emozioni, gli obiettivi e, perché no, anche quel tanto di voce roca (non troppo) che ci ricorda che sì, è stata una exit importante, ma dietro ci sono uomini e c’è la fatica di 4 anni. Tanti ne sono passati da quando tre ragazzi (un napoletano, un pugliese di Lecce e un pugliese cresciuto in Centro America) si sono messi attorno ad un tavolo durante una pizza e hanno deciso di mettere a reddito i loro sogni. “Abbiamo deciso di provarci”. Originario di Lecce con esperienza nel settore del marketing, Vittorio Muratore, 36 anni, co-founder e CMO di Mimoto, è uno di loro. Gli altri sono Alessandro Vincenti e Gianluca Iorio (il CEO). I tre founder resteranno nel consiglio di Mimoto come operativi. “Panta rei os potamòs – le prime parole che ha riferito a StartupItalia – e di acqua ne è sicuramente passata tanta. Siamo orgogliosi del percorso che abbiamo fatto. Per noi non è un punto di arrivo ma un passaggio ulteriore per crescere. È, insomma, una nuova ripartenza che – ha sottolineato – in un momento molto particolare”.
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Rivoluzionare la mobilità
Vittorio ha ricordato che Mimoto è stata tra le prime realtà nel 2017 “a Milano a insistere nel rivoluzionare la mobilità. Era un progetto ambizioso per l’epoca. Eravamo tre ragazzi che hanno creduto nel progetto e hanno vissuto sulla propria pelle la rivoluzione del carsharing in Europa, con la consapevolezza che due ruote è meglio di quattro per girare nelle grandi città”. Scooter sì dunque e perdipiù elettrici. “Non avevamo alcuna intenzione di inquinare ulteriormente le nostre città”. I numeri dicono che i tre ragazzi avevano visto giusto.
I numeri
Secondo il rapporto 2020 dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, lo scootersharing (un segmento della micromobilità, l’insieme dei servizi operativi con veicoli leggeri, poco ingombranti ed elettrici che comprende anche biciclette e monopattini) è un servizio in grande crescita in tutto il Paese. I veicoli in condivisione sono passati da 150 nel 2015 a oltre 5.000 nel 2019 (+126% rispetto al 2018), di cui oltre il 95% è elettrico. Al 31 dicembre 2019 risultavano attivi 10 servizi gestiti da 5 operatori, 4 dei quali avevano flotte totalmente elettriche. I noleggi dei motorini in condivisione hanno raggiunto quota 3 milioni triplicando il valore registrato nell’anno precedente. Anche le iscrizioni sono aumentate del 174% rispetto al 2018.
La micromobilità nelle città. Secondo il rapporto, sono 86 i servizi di micromobilità in Italia nelle città capoluogo di provincia. 1 capoluogo su 3 ha almeno un servizio di micromobilità. Milano primeggia con ben 14 servizi di micromobilità in sharing, a seguire Roma con 11 e Torino con 7.
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La chiave giusta: la community
Sì d’accordo, ma con le sole buone intenzioni non si va lontano. Per correre è necessario qualcosa in più. “Il mercato dello sharing non ha grandi barriere all’ingresso, se non i capitali – ha spiegato Muratore – sicuramente ha contato molto la nostra execution e la nostra diversità”. Per capirsi, per Vittorio e gli altri lo sharing era qualcosa che doveva andare oltre “l’idea di servizio utile alla cittadinanza. Abbiamo creato una community e i ragazzi, i nostri utenti ci hanno seguito”. Come si crea una community? Con valori comuni. Uno di questi è stata la sicurezza. “Scegliere il giallo e quindi una maggiore visibilità su strada” andava in questa direzione. Un altro esempio? Il fischio silenzioso, accorgimento che incrementa il grado di sicurezza in strada. Il resto lo ha fatto l’intuito e il tempismo. “Siamo stati i primi ad aver lanciato questo servizio a Milano, Torino e Firenze”. Aver anticipato i tempi insomma “ha attirato l’attenzione su di noi”.
Business scalabile
“Credevamo nel modello di micromobilità su supporto digitale, ecosostenibile, elettrica” ha dichiarato Riccardo Cirillo, che ha investito nel progetto fin dalle prime fasi insieme ad altri business angel. Cirillo ha ricordato come il business di Mimoto per essere “profitable ha bisogno di una grande scalabilità. Helbiz può dare a Mimoto lo spazio per avere una scalabilità maggiore, sia a livello di dimensione che di multinazionali. Che in business di questo tipo spesso è un elemento in più”.
E il futuro?
“Fin da quando Mimoto era un PowerPoint avevamo una slide con la cartina di tutto il mondo – ha ricordato Vittorio Muratore – l’acquisizione di Helbiz ci darà la possibilità di dare concretezza all’espansione che avevamo immaginato“. Intanto Vittorio, Alessandro e Gianluca si godono questo momento. “Abbiamo festeggiato però poco, non vediamo l’ora di andare avanti e di vedere i nostri scooter quotati al Nasdaq. Dove mi vedo nei prossimi mesi? Mi auguro in giro per il mondo ad aprire Mimoto in nuove città. Vogliamo prima di tutto però essere utili alle nostre municipalità“.