Per il Fondo, l’Italia è zavorrata da una “crescita molto bassa da decenni” e continua a mostrare “problemi fondamentali di bassa produttività”
Nel caso non fosse bastata la bocciatura di qualche giorno fa, quando l’FMI ha tagliato le stime di crescita del nostro Paese, prevedendo uno stallo per tutto il 2019, il responsabile del Dipartimento europeo del Fondo, Poul Thomsen, è tornato a tirare le orecchie all’esecutivo italiano, ricordandoci che il nostro debito pubblico resta sorvegliato speciale e fonte di attenzione globale soprattutto ora che l’economia sembra rallentare.
Il monito dell’FMI
Thomsen ha rimarcato che l’Italia è zavorrata da una “crescita molto bassa da decenni” e, nonostante gli impegni pubblici presi a più riprese, continui a mostrare “problemi fondamentali di bassa produttività”. Insomma, per l’FMI occorre mettere a terra quelle riforme troppo a lungo rimandate, “un piano credibile nel medio termine”.
Cosa dice il bollettino dell’FMI
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, che lo scorso 15 ottobre ha riunito a Washington gli addetti ai lavori nell’ambito del tradizionale appuntamento autunnale per la presentazione del World Economic Outlook 2019, quest’anno l’Italia resterà ferma al palo. L’FMI ha proceduto infatti a un taglio di 0,1 punti rispetto alle stime di aprile e all’aggiornamento di luglio. Ma anche sull’anno prossimo c’è poco da stare allegri: il Pil italiano è dato in aumento solo dello 0,5% (vale a dire -0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di luglio e -0,4 rispetto ad aprile). Intendiamoci: tutta l’economia mondiale è data in affanno ma se i motori degli altri Paesi singhiozzano, il nostro rischia di fermarsi.
Debito pubblico, i dubbi dei tecnici italiani
Anche l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’Autorità indipendente dei conti pubblici, ha espresso dubbi sulla traiettoria del debito pubblico durante l’audizione sulla Nota di aggiornamento al Def. “Secondo lo scenario programmatico della NADEF il rapporto tra il debito e il PIL dovrebbe seguire, a partire dal 2020, un percorso di stabile e progressiva riduzione; esso raggiungerebbe il 131,4 per cento nel 2022, oltre 4 punti percentuali di PIL in meno rispetto al picco previsto per il 2019 (135,7 per cento)”.
Ma l’Upb ha anche aggiunto: “Gli obiettivi di deficit – nominale e strutturale – e di debito risultano ancora affidati alla presenza di non trascurabili clausole di salvaguardia su IVA e accise rendendo incerto lo scenario di breve-medio termine. Se infatti, il più favorevole scenario tendenziale di finanza pubblica ha consentito (insieme al finanziamento in deficit) di disattivare, nel 2020, un valore delle clausole quasi doppio rispetto al 2019 (12,5 miliardi), resta verosimilmente ancora elevato il gettito derivante dalle clausole nel biennio 2021-22, anche a causa del livello iniziale pari a poco meno di 29 miliardi a partire dal 2021. Gli elementi di rischio – soprattutto di matrice internazionale – riguardanti l’evoluzione del quadro macroeconomico, soprattutto nel biennio 2021-22, potrebbero avere inevitabili ripercussioni sul processo di aggiustamento dei conti pubblici. Gli obiettivi di finanza pubblica e le regole di bilancio – L’analisi dello scenario programmatico evidenzia numerosi fattori di rischio nella valutazione del rispetto delle regole di bilancio”.