Siamo nati basandoci su di un modello “open”, privilegiando la collaborazione, la condivisione, la partecipazione alle community. Il lavoro da remoto non è stato un punto di arrivo … ma di partenza.
KELYON nasce nel 2008 da un giovane e dinamico gruppo di professionisti ICT che opera nel settore sanitario che ha deciso di unire le conoscenze e competenze acquisite con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti, contribuendo a plasmare il futuro dell’assistenza sanitaria in tutto il mondo. Gaetano Cafiero è il suo fondatore e CEO.
Eravate così anche 10 anni fa?
Siamo nati basandoci su di un modello “open”, ovvero privilegiando la collaborazione, la condivisione, la partecipazione alle community. Inizialmente tuti i collaboratori lavoravano da remoto, poi abbiamo preso un piccolo ufficio, ovviamente un open space, dove incontrarsi per meeting e lavoro di gruppo.
Non avevamo dipendenti ma solo consulenti che man mano abbiamo stabilizzato con contratti di lavoro dipendente, perché ci teniamo a preservare il know-how aziendale e crediamo che il nostro patrimonio sia costituito dai talenti della nostra organizzazione. Oggi abbiamo 14 dipendenti, tutti a tempo indeterminato. Un mix di giovani brillanti e professionisti di esperienza con un’età media di 34 anni.
Il lavoro da remoto non è stato un punto di arrivo … ma di partenza.
L’organizzazione, dati anche i numeri, è stata fin dall’inizio orizzontale e non gerarchica.
Quando è nata l’idea di creare un posto di lavoro del genere?
Nel 2014, quando abbiamo cambiato per la terza volta ufficio. Abbiamo creato un area break, da lì è nata l’idea di avere caffè e bibite a disposizione per tutti i collaboratori.
Aumentando anche il volume di affari è stato naturale rendere partecipi della nostra crescita i dipendenti.
Ora tutti i nostri dipendenti e collaboratori sanno che ogni anno hanno a disposizione, in caso di raggiungimento degli obiettivi individuali, un premio che corrisponde ad una mensilità aggiuntiva e per alcuni ruoli anche due e più. In pratica i dipendenti così percepiscono una quindicesima e alcuni anche una sedicesima.
L’anno scorso poi abbiamo preso un nuovo ufficio a Napoli, in via Brin, in un edificio che negli anni ‘70 ospitava una grande fabbrica metalmeccanica. Oggi è un complesso che è stato inserito dal Ministero dei Beni Culturali nel “Censimento Nazionale delle Architetture Italiane del secondo Novecento”.
E così abbiamo ampliato l’area break, aggiungendo anche un bigliardino, e ci è venuta l’idea degli happy hour che organizziamo periodicamente per dare modo a tutti di socializzare e di fare team building.
L’idea della settimana ridotta a 36 ore è una sperimentazione che abbiamo avviato da questo mese, che vogliamo, per ora, limitare al periodo estivo e che crediamo possa essere un buon modo per conciliare lavoro e vita privata.
Va davvero tutto bene o ci sono casi dove a volte sarebbe meglio avere tutti in ufficio 9-18?
Non nascondo che nel tempo abbiamo dovuto aggiungere dei correttivi, per far sì che la qualità del lavoro fosse sempre su livelli di eccellenza. Oggi il lavoro da remoto viene autorizzato dal responsabile, così come l’eliminazione dell’obbligo di timbratura è limitata ai quadri e alle funzioni commerciali.
Sicuramente per l’efficienza della produzione è bene che molte attività vengano effettuate in sincrono, ma alcune si possono tranquillamente svolgere anche al di fuori del normale orario di ufficio. Ad esempio i tecnici addetti alla gestione dell’infrastruttura tecnologica che noi utilizziamo per i servizi interni e le applicazioni che gestiamo per i nostri clienti, svolgono molte delle loro attività fuori dall’ufficio.
Qualcuno si è mai lamentato?
Sinceramente no. Certo c’è anche chi, parlando degli orari, preferisce seguire un orario classico, ma va bene lo stesso. L’importante è che sia una sua scelta. Nella nostra organizzazione cerchiamo di non fare imposizioni, perché se un collaboratore è soddisfatto, nel suo lavoro darà il massimo. Ovviamente le regole servono, ci stiamo sempre più strutturando con procedure e processi che ci possano far competere sullo scenario internazionale.
Avete dei numeri, dei risultati? Delle numeriche insomma che vi dicono che questo nuovo modo di lavorare porta anche risultati migliori?
Al di là del fatto che un primo indice è testimoniato dalla crescita continua dell’azienda, nei primi 5 mesi di quest’anno, rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso, abbiamo riscontrato una diminuzione del tasso di assenze per malattia del 26,6%. E questo conferma, dati alla mano, quello che tanti studiosi sostengono: investire sul benessere del personale e creare un clima aziendale favorevole conviene ad una organizzazione.