Il colosso asiatico fondato da Jack Ma punta a cambiare per sempre faccia ai Giochi. Trasformandoli in una miniera di big-data e contenuti da condividere
L’8 agosto 2008 sembra una data da preistoria nel giovane mondo social e dell’ecommerce. Quel giorno, scelto volutamente per l’apertura dei Giochi di Pechino (8 è un numero che portafortuna), uno degli ultimi tedofori fu Li Ning, ricordato più e meglio degli altri perché invece che semplicemente correre letteralmente volò sullo stadio Olimpico.
Si saldavano in lui le due anime della Cina: quella arrivata tardi nella famiglia Olimpica e subito diventata una potenza, e quella più votata al commercio, di cui appunto Li Ning era l’ambasciatore più accreditato. Si era messo in testa di fare la guerra ai colossi Nike e Adidas. Per la cronaca, le ambizioni del tedoforo furono subito ridimensionate dal mercato interno: i cinesi non compravano volentieri un prodotto made in China, preferivano puntare sulla tradizione rappresentata dallo swoosh e dalle tre strisce.
L’era di Alibaba
Il 19 gennaio è invece una data già scolpita nella storia del Comitato Olimpico Internazionale: quel giorno è stato annunciato un accordo del CIO con Alibaba, 8 anni di contratto e 800 milioni di valore annuo, punto di arrivo di un corteggiamento di Jack Ma ai rappresentanti dei cinque cerchi. Che si era concretizzato con un primo incontro a Losanna nel 2016, con l’imprenditore cinese che aveva trovato un buco in agenda mentre era al World Economic Forum di Davos.
In questi giorni Alibaba è il fiore all’occhiello dei partner CIO. Anche se. Anche se non è la prima azienda cinese a collaborare col CIO, perché agli atti la prima è la partnership con Lenovo per i Giochi del 2008. E anche se tutti i rappresentanti di Alibaba ci tengono a sottolineare che gli effetti della sponsorizzazione si vedranno pienamente nel 2022, guarda caso quando le Olimpiadi invernali si svolgeranno a Pechino, prima città ad avere ospitato anche quelle estive.
Alibaba di solito è associata all’e-commerce, è l’equivalente orientale di Amazon. Jack Ma dice invece della sua azienda che è votata alla data-technology, e da questa base Alibaba si dice convinta di poter far decollare il movimento olimpico verso risultati inimmaginabili. Certo ci sono declinazioni commerciali, il CONI stesso è stato velocissimo a chiudere un accordo: ci sono ad esempio le divise Armani da vendere sul ricco mercato orientale. Ma il business principale sembra essere quello del cloud, ovvero della gestione meno sofferta possibile del mare di dati che genera un’Olimpiade.
Cambiare i Giochi, per sempre
Non solo si può cambiare il modo di fruire i Giochi per atleti e tecnici, spettatori e video-spettatori, ma si può realizzare l’impegno del CIO per Giochi più e meglio sostenibili caricando sul cloud tutti i dati relativi ai percorsi delle città candidate, per risparmiare costi e al tempo stesso allenare le città che si candideranno in futuro. Siamo arrivati tardi per PyeongChang dicono i dirigenti di Alibaba, e chi non conosce la complessità della macchina olimpica pensa che si tratti di uno scherzo.
Però, aggiungono, una cosa possiamo farla subito, a beneficio dell’Olympic Channel: postiamo i video su Youku che è il nostro portale di video-sharing, il più popolare nel continente Asia, e facciamo decollare come da promessa e premesse dell’accordo le visite e le visualizzazioni. E tanto per basta per capire che stavolta qui in Corea, più ancora a Tokyo nel 2020 e a Pechino nel 2022, chi volerà sullo stadio non tornerà più a terra e anzi chiamerà in volo con sé tanta gente.
Il CIO ci mette i cinque cerchi, Alibaba la forza del suo quartier generale cloud (a Singapore, curiosamente sede della prima edizione dei Giochi Olimpoici Giovanili nel 2012 ) e di 12 datacenter sparsi per il mondo: a cui se ne aggiungeranno presto altri.