Il founder ci racconta perchè ha deciso di lavorare a Singapore e che cos’ha l’Italia da imparare dal gigante asiatico
Da Londra a Singapore, passando per gli Stati Uniti. La carriera di Mario Aquino, fondatore e CEO di FutureLabs, è sempre stata all’intersezione tra grandi aziende e startup in mercati internazionali. Entrato a McKinsey negli USA negli anni Novanta, ha avuto l’opportunità di seguire da vicino il boom tecnologico americano, che gli ha dato la spinta per lanciare la sua prima società. Poi, in collaborazione con Moody’s, ha avuto un ruolo strategico nella creazione di Moody’s Analytics.
Con FutureLabs, con base a Singapore, si occupa non solo di investire in scale up asiatiche e globali, ma anche di aiutare le grandi aziende a fare innovazione, specialmente co-creando con loro nuove start-up digitali che combinano la capacità imprenditoriale di FutureLabs con gli assets-at-scale delle grandi aziende.
L’intervista
Cosa ti ha spinto a diventare un investitore e creare FutureLabs?
“Dall’inizio della mia carriera a Londra, mi sono sempre occupato di tecnologia. Prima come analista alla Lehman Brothers, poi in McKinsey negli Stati Uniti durante gli anni del boom tecnologico, e infine come imprenditore. Lavorando in McKinsey dalla fine degli anni Novanta al 2003 ho avuto l’opportunità di seguire molte aziende tecnologiche che stavano lanciando allora, come PayPal, Virgin Mobile, Yahoo!. Questo mi ha dato l’opportunità di capire quali fossero i fattori che rendevano una società potenzialmente di successo e quali invece quelli che l’avrebbero portata al fallimento. L’esperienza mi ha aiutato molto quando ho deciso di lanciare la mia azienda che si occupava di risk analytics, e poi, in collaborazione con Moody’s, essere parte della leadership durante la creazione di Moody’s Analytics. Sono stato parte del board che ha portato l’azienda a raggiungere 1 miliardo di fatturato e una valutazione di 10-12 miliardi.
Diventare investitore, poi, è stato un percorso naturale dopo che, ritornato in McKinsey nel 2013, mi è stato affidato l’incarico di creare, insieme ad altri due partners, un nuovo gruppo chiamato McKinsey New Ventures, una nuova parte di McKinsey con lo scopo di selezionare, investire ed espandere globalmente le migliori startup e tecnologie B2B che potessero avere un impatto sui nostri clienti corporate. La creazione di FutureLabs è stata il proseguimento naturale di quello che abbiamo creato con McKinsey New Ventures che, nei 5 anni sotto la nostra guida, ha raggiunto dimensioni di 1,500 persone con la creazione di oltre 30 società di tecnologia globali”.
In quali settori investite principalmente?
FutureLabs è nata dalla partnership tra gli ex Partners di McKinsey New Ventures e imprenditori seriali con l’obiettivo di fare due cose: co-creare aziende tecnologiche in collaborazione con grandi imprese ed investire in scale up, apportando a loro un importante contributo operativo per farle crescere globalmente.
Come settori focus, noi partiamo sempre dai mega trend che vediamo formarsi nel mondo e poi decidiamo come prendere esposizione e su cosa investire. Attualmente, siamo focalizzati su tre megatrends principali. Il primo è la nascita di una nuova classe di consumatori che sta crescendo nei paesi in via di sviluppo e conterà più di 1 miliardo di persone. Il secondo tratta l’inclusione finanziaria, in particolare per le PMI, e terzo, ma non ultimo, le soluzioni legate all’invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppati. Dal punto di vista delle tecnologie, investiamo molto su big data, analytics, intelligenza artificiale, cybersecurity e blockchain.
Nel vostro portfolio ci sono aziende molto diverse, come The Glue, nel settore bancario, V-Nova, compressione di video, e DEXTF, nell’asset management. Quali sono state le aziende in cui hai investito che ti hanno dato più soddisfazione?
In Indonesia abbiamo collaborato con un’azienda di telecomunicazioni per creare una società di pagamenti e microlending per persone che vivono in zone più rurali. Grazie alla piattaforma, gli utenti possono pagare tramite l’app o scannerizzando un QR code. Con i dati raccolti, riusciamo ad analizzare il loro comportamento e creare un credit score per facilitare l’accesso a prestiti che altrimenti avrebbero dovuto chiedere ad usurai locali.
Un altro progetto molto interessante è invece quello che abbiamo lanciato più recentemente con ING a Singapore. Si tratta di un venture lab focalizzato sulla logistica e commercio internazionale. Negli ultimi 9 mesi abbiamo creato 3 nuove società insieme, nel settore TradeTech e Supply Chain analytics, che sebbene early stage, stanno andando molto bene e stanno ricevendo già valutazioni a doppia cifra in milioni di dollari.
Avete anche un ufficio a Bruxelles. Avete in programma di espandervi in Europa, e, magari, anche in Italia?
Ci piacerebbe sicuramente instaurare una collaborazione più forte tra l’Europa e l’Asia. L’Asia è uno dei mercati digitali più grandi al mondo, ci sono 2 miliardi di consumatori e sono prevalentemente digital-first. In Italia, c’è un discorso molto importante da portare avanti per quanto riguarda la mancanza di una visione internazionale delle aziende italiane. Se per alcuni tipi di aziende va bene rimanere boutique, per una startup tecnologica questa non è un’opzione. Bisogna competere sul piano globale.
Il sud est asiatico, inoltre, è un mercato che spesso non si conosce e c’è sicuramente una difficoltà d’entrata. A noi piacerebbe diventare quel partner che ha la cognizione di dove andare sui mercati asiatici e globali e portare queste aziende a crescere e diventare gli innovatori del futuro.