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I social ci bombardano di informazioni. La maggior parte è spazzatura che finisce per ricoprire anche i contenuti di pregio: per emergere bisogna seguire alcune regole fondamentali
Ogni minuto nel mondo vengono riversati sulla Rete 211 milioni di nuovi contenuti tra Gif animate, meme, discussioni, file video. Tutti parlano e nessuno ascolta, insomma. E forse non è nemmeno una novità. Però tutto questo rumore di fondo ha reso via via più complesso riuscire a comunicare il proprio messaggio. Da qui nasce l’esigenza di un libro, Content Strategy, di Marco Alfieri, Marco Bardazzi e Corrado Paolucci (Tag books) che faccia chiarezza, silenzi tutto questo rumore di fondo e spieghi come sia possibile farsi ascoltare. StartupItalia! ha incontrato uno degli autori, Corrado Paolucci.
Intervista a Corrado Paolucci
Corrado Paolucci, Content Strategy & Newsroom Manager all’interno di Eni, racconta così la nascita di Content Strategy: “Il progetto si è avviato con l’incontro con Tag Innovation School. Abbiamo avvertito l’esigenza di parlare di comunicazione digitale, focalizzandoci su di un argomento che non era ancora stato trattato all’interno della collana Tag Books. Da questo punto di vista – ride – siamo stati un po’ gli apripista”. Ma come nasce una buona Content Strategy? “Noi abbiamo guardato anche alle grandi realtà statunitensi e poi naturalmente si procede per tentativi, sperimentando”, ammette Paolucci.
In quest’ultimo periodo si parla molto di Content Strategy, ma pochi hanno le idee chiare in merito. Chi meglio di Paolucci, coautore dell’omonimo libro, può dunque spiegare cosa sia? “Per raccontare se stessi esistono due strade: o si usa un freddo curriculum oppure si racconta il proprio vissuto”. Per fare un esempio, “un videomaker può scrivere sul proprio sito che sa realizzare video, o può decidere di incorporarli direttamente così da farli vedere ai suoi potenziali clienti o più generalmente alla platea alla quale intende comunicare qualcosa”. “Ecco – conclude Paolucci -, la Content Strategy è esattamente questa seconda via”.
Come creare una Content Strategy vincente
Tutti parlano, nessuno ascolta, si diceva. Il rumore di fondo è assordante. Dunque elaborare una Content Strategy vincente non è affatto facile, soprattutto oggi: “Bisogna anzitutto partire da una strategia basata su obbiettivi chiari – spiega Paolucci – quindi è necessario riuscire a far combaciare ciò che si vuole comunicare con ciò che i propri stakeholder vogliono sentirsi dire”. Del resto, “i fondamentali della comunicazione non cambiano. Al massimo bisogna ascoltare di più, soprattutto ora che i social creano molto rumore di fondo: è una esigenza che non si avvertiva al tempo del broadcast dato che la comunicazione era unidirezionale”.
La regola d’oro: parlare di meno, ascoltare di più. Come il Real Madrid
“Come diceva Zenone di Cizio – chiosa Paolucci – se abbiamo due orecchie e una sola bocca c’è un motivo: ascoltare di più e parlare di meno. Nell’era dei social non è semplice creare conversazioni ex novo: ci si inserisce in quelle altrui e diventa strategico sapere ascoltare”. Un esempio concreto: “Il Real Madrid, ascoltando ciò che dicono i suoi tifosi sul Web e sui social, ha scoperto di avere una solida tifoseria in Indonesia e dunque ha deciso di concentrare in quella direzione i suoi sforzi marketing”.
Content Intelligence ed economia delle Tag
In tutto ciò si inserisce un altro fattore, quello della Content Intelligence, ovvero l’Intelligenza Artificiale (AI) applicata alla Content Strategy. In questo caso sono gli algoritmi che fanno la “radiografia” dei contenuti attraverso molteplici tipi di analisi, dall’analisi semantica delle pagine e dei contenuto, all’analisi comportamentale di ogni utente tramite tag, passando per l’analisi predittiva (per mezzo del machine learning, i dati generati dai contenuti vengono elaborati per prevedere la prossima mossa del fruitore).
In merito, Paolucci ha le idee chiare: “La tassonomia è fondamentale e ormai imprescindibile, le tag sono una componente importante ma, per comunicare, la strategia vincente è ancora quella di riuscire a farsi ricordare. Nessuno strumento riuscirà mai a sostituire la qualità, la bellezza e le emozioni che possono essere veicolate con un messaggio”.
Perché affidarsi a questa strategia
Ma cosa accade quando un’azienda non applica una tassonomia ufficiale, univoca e costruita ad hoc per la propria strategia? Prima di tutto peggiora il sistema di ricerca all’interno del canale utilizzato per comunicare con i clienti; peggiora poi la correlazione tra i diversi contenuti ma, soprattutto, non si è più in grado di costruire una solida base di dati sugli interessi di chi viene in contatto con il sito aziendale.
Si può andare incontro, per esempio, a casi di duplicazione, ovvero a contenuti identici utilizzati su canali diversi ma associati a tag diverse, oppure può verificarsi il caso in cui è la diversa forma di uno stesso contenuto a venire associata a tag differenti su canali diversi. Insomma, oltre a una situazione caotica, si perde di vista l’utente o, peggio, il cliente.
Utilizzando, invece, una tassonomia composta da poche ma rilevanti tag si permette alla Content Intelligence di supportare al meglio sia la funzione marketing sia quella sales: personalizza l’esperienza del nostro cliente veicolando ciò che davvero gli interessa, si risparmia tempo (e denaro) nella costruzione dei contenuti stessi, ma, soprattutto, si aumenta l’engagement e il tasso di conversione.