Depop apre una sede di sviluppo prodotto in Italia. Simon Beckerman racconta cosa lo spinge a tornare, le sue vittorie e i suoi errori, e i traguardi futuri
«Se avessi inventato Depop adesso non sarei andato all’estero a cercare finanziamenti, ma avrei provato in Italia. Nel 2011 prendere 500mila euro fuori equivaleva ad assicurarsene cinque milioni da noi», confessa Simon Beckerman a Startupitalia! Per realizzare Depop l’app che permette a privati la vendita di oggetti, si è trasferito a Shoreditch, quartiere tecnologico di Londra. Qui ha trovato i finanziamenti (in totale 25 milioni di dollari) che hanno permesso all’app di toccare i sette milioni di utenti e aprire un ufficio a New York. Intervistiamo Simon all’indomani della sua decisione di tornare in Italia per aprire un’area di sviluppo del prodotto a Treviso nella sede di H-FARM. Ci racconta cosa cerca in Italia e quali sono i suoi progetti per il futuro dell’applicazione.
In Italia per la Brexit (scherza)
«Con la Brexit ho lo stipendio in sterline e quando torno a casa sono povero», scherza Simon che svela il motivo che lo ha spinto a cercare sviluppatori nel nostro Paese: «Stiamo crescendo e abbiamo bisogno di risorse. Londra è diventata da questo punto di vista concorrenziale come San Francisco! L’Italia ha un mercato più aperto, trovi sviluppatori a costi minori. Ne puoi assumere di talentuosi, gli italiani sono tra i migliori programmatori. Il nostro VP of engineering italiano e abbiamo integrato molti connazionali nel team».
In Italia Simon sta cercando iOS Developer e Mobile Q&Tester. Nell’annuncio si legge che i candidati verranno scelti non sulla base del titolo di studio, ma alle capacità: «L’errore più grande che ho compiuto è stato proprio nelle assunzioni. Quando una startup cresce velocemente ha bisogno di nuove risorse e in questa fase è facile sbagliare. Il problema è che quando commetti errori crei un danno per tutto il sistema. Una startup è come un motore, se un pezzo non funziona, metti a rischio tutta la macchina».
«Una startup è per guerrieri»
Simon ha saputo imparare dagli errori commessi nella fase di recruiting. Confessa che oggi rimpiange di non aver assunto un responsabile HR e ci svela qual è l’identikit del candidato ideale per una startup: «Nella mia esperienza ho imparato che una startup non è adatta a persone che possiedono una mentalità analitica. Questo perché sono portati a riflettere troppo sulle problematiche, senza prendere decisioni e agire. Per una startup è consigliabile assumere persone istintive che sono imprenditori di loro stessi, pronti a sperimentare, provare continuamente soluzioni. Per lo stesso motivo, non vedo bene gli accademici, quelli bravissimi, magari. Che sanno tutto, ma sono meno capaci di concretizzare le loro idee. Una startup è per guerrieri».
Machine learning e AI nel futuro di Depop
La mentalità da guerriero è necessaria per affrontare il futuro di Depop. L’app è vicina al break even e per accelerare il processo ha bisogno di un’iniezione di capitali dagli investitori storici e alcuni nuovi che Simon vuole coinvolgere. Il finanziamento servirà a dare anche una spinta ad alcuni nuovi progetti che puntano a rendere il prodotto sempre più personalizzato: «Stiamo lavorando sullo sviluppo di soluzioni nell’ambito di machine learning e intelligenza artificiale. L’idea dalla quale partiamo è di offrire una user experience sempre più soddisfacente per l’utente, soprattutto nelle attività di spedizione. Negli Stati Uniti stiamo sperimentando una partnership con una startup (Shippo) che permette di integrare tutti i sistemi di consegna in un unico canale. L’oggetto, che l’utente vuole mettere in vendita, viene interfacciato a uno spedizioniere e il software calcola il costo della consegna e lo aggiunge in automatico al prezzo dell’oggetto. L’utente può poi stampare la distinta e portare il pacco alle poste».
I due anni di ritardo e il santone indiano
Oggi Depop ha 75 dipendenti e può contare su una media di 335mila oggetti venduti al mese, per un valore di quasi otto milioni di euro: «Numeri confortanti, ma siamo due anni in ritardo rispetto ai risultati che mi aspettavo. Oggi abbiamo già liquidità sufficiente in banca per arrivare al break even entro l’anno, ma servono soldi per velocizzare il processo ed espanderci in altri Paesi».
Simon confessa che dopo sette anni di lavoro giorno e notte e ansie, Depop riesce ancora a emozionarlo. Decisivo per superare i momenti di stress, è stato il contributo per lui e il team di una guida spirituale indiana che li aiuta a fare meditazione e lunghe passeggiate: «Il sentimento da vincere è la paura. Come riesco a superarlo? Relativizzo, penso che siamo fatti tutti della stessa carne e che non c’è qualcuno più bravo di un altro. La differenza è nella conoscenza a cui tutti possono accedere. Recentemente mi sono appassionato alle letture di biografie di imprenditori celebri e su libri che in generale insegnano come si fa un’azienda. Questo è il consiglio che darei oggi. Vuoi superare la paura? Leggi, informati molto, prima di avviare un tuo business».
Simon Beckermann, il designer delle app
Simon non ha iniziato la sua carriera con l’idea di aprire una startup, ma uno studio di design. Poi è venuta Depop. Butta giù diversi progetti con lo scopo di creare qualcosa che l’utente potesse avere la sensazione di toccare. Tra questi c’è un’app dedicata alla vendita dei prodotti. Sceglie di puntarci, dopo aver letto che lo shopping online avrebbe avuto cifre incredibili in un futuro non molto lontano. All’inizio vuole creare qualcosa per vendere prodotti di brand noti nella moda. Ma le cose non vanno bene, le partnership con i big dell’alta moda stentano ad arrivare. Allora gli viene in mente un’app dove le persone possano scambiarsi quello che vogliono: scattano una foto e vendono oggetti usati o cose di cui non hanno più bisogno. Per realizzarla sceglie H-FARM, acceleratore di startup veneto. E’ qui che trova i primi investitori, tra cui Andrea Rossi, figlio di Renzo, patron della Diesel. Poi sono arrivati i venture grossi, come Balderton che ha investito anche in Yoox, e Holtzbrinck, lo stesso di Zalando. Milioni di dollari anche se il suo prodotto più bello resta il team. Startupper, ma continua a fare il designer, nel tempo libero si mette in un angolo e progetta sedie, lampade, macchine e nuove app.