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La produttività dei campi di grano è aumentata di 7 volte in 100 anni. Oggi però stagna e per sfamare una popolazione mondiale in aumento, in un contesto di cambiamenti climatici, occorre andare oltre, migliorando la genetica e sfruttando il potenziale del digitale
Per un italiano su due il cibo preferito è la pasta e non c’è nulla che incarni di più lo spirito del Belpaese che lo spaghetto. Eppure questa colonna portante del Made in Italy scricchiola. La guerra in Ucraina e la successiva crisi del grano hanno svelato quanto la catena di approvvigionamento del frumento sia debole a livello globale.
Il fatto che tra neppure trent’anni saremo 9 miliardi di persone non aiuta. Come anche i cambiamenti climatici, che rendono oggi la coltivazione sempre più difficile. Per assicurare cibo a tutti e un piatto di pasta sulla tavola di ogni italiano è arrivato il momento di innovare questa coltura, a partire dalla genetica fino ad arrivare al digitale.
Tutti i numeri del grano
Per capire il mondo che ruota intorno al grano è bene partire dai numeri. Il mercato mondiale del frumento è dominato da quello tenero, che cuba circa il 95% delle compravendite, per circa 750 milioni di tonnellate scambiate ogni anno. Il frumento duro invece è una ‘nicchia’, con le sue 30 milioni di tonnellate.
Con il tenero si fanno il pane, come anche i biscotti e gli altri prodotti da forno. Con il duro invece si fa la pasta, il cous cous e altri piatti tipici dell’area del Mediterraneo, dove si concentra il suo consumo.
Se guardiamo all’export agroalimentare italiano vediamo che al primo posto c’è il vino, con il 17% in termini di valore. Seguono i formaggi all’8%, la pasta e i prodotti da forno, entrambi al 7%. In altra prole il frumento, tenero e duro, è alla base di una filiera che vale il 14% dell’export agroalimentare dell’Italia.
Il grano, tenero e duro, è alla base di un pezzo di Made in Italy che vale il 14% dell’export agroalimentare dell’Italia
È dunque una risorsa strategica, di cui però siamo deficitari. I nostri agricoltori producono circa 4 milioni di tonnellate di grano tenero (rispetto ad un fabbisogno di 5,8 mt) e 3 milioni di tonnellate di duro (il fabbisogno è quasi il doppio, 5,5 mt). Significa che i nostri molini importano circa un terzo della materia prima necessaria a produrre pasta e prodotti da forno per il mercato interno e l’export.
Qualcuno potrebbe pensare di aumentare le superfici coltivate (oggi siamo a circa 1,7 milioni di ettari), ma questo significherebbe sottrarre spazio ad altre colture, come il mais, la soia o il riso. Bisogna dunque aumentare le rese in maniera sostenibile, e questo può essere fatto grazie alla genetica e al digitale.
La guerra in Ucraina ha messo a dura prova i canali di approvvigionamento di grano – Fonte foto: Pixabay
Dall’antica Babilonia a Mussolini
Quando i primi agricoltori scoprirono il grano in Mesopotamia le rese ad ettaro (10.000 metri quadri) erano di circa una tonnellata di chicchi, che bastavano a sfamare una decina di persone. La produttività del frumento non è cambiata di molto fino agli anni ’30, quando Nazareno Strampelli, geniale genetista italiano, su mandato di Mussolini iniziò un’opera di miglioramento genetico del frumento incrociando grani provenienti da diverse parti del mondo.
Il grano di Strampelli (uno dei quali è l’ancora oggi famoso Senatore Cappelli) produceva il doppio, 2 ton/ha. Dagli anni 50-60 ad oggi, l’avvento della meccanizzazione agricola (i trattori), l’impiego di agrofarmaci e nuove varietà di grano hanno spinto la produttività a 7 tonnellate per ettaro. Produttività che però, negli ultimi venti anni, è stagnante.
In meno di 100 anni la produttività dei campi di grano è cresciuta di 7 volte. Oggi però è stagnante. Se vogliamo sfamare un’umanità in crescita dobbiamo farla aumentare, grazie alla genetica e al digitale
Le potenzialità delle Tea
La strada percorsa fino ad oggi non è sufficiente, perché il fabbisogno mondiale cresce e le terre coltivabili sono sempre le stesse. Uno strumento in mano ai genetisti sono le Tea (Tecnologie di evoluzione assistita), grazie alle quali i ricercatori sono in grado di apportare in maniera sicura piccolissime modifiche al Dna del frumento per renderlo più produttivo, resiliente ai cambiamenti climatici e resistente alle malattie che possono causare perdite di produzione e di qualità.
Ma come può la genetica aumentare la produttività a parità di altri fattori (acqua, concimi, terra)? Semplice, ottimizzando l’uso delle risorse. Un sistema linfatico più efficiente ad esempio mette al riparo il grano dalla siccità. Un apparato radicale più sviluppato permette di assorbire meglio i nutrienti. Una forma diversa di foglie e spighe consente una maggiore densità di semina.
Anche attraverso gli incroci tradizionali si potrebbe migliorare il frumento, ma i risultati arriverebbero molto più tardi e il percorso di miglioramento sarebbe alquanto imprevedibile. Per questo motivo la Commissione Ue sta lavorando ad un nuovo quadro normativo per distinguere bene le Tea dagli ogm.
La spada di Damocle dei cambiamenti climatici
Le Tea consentono anche di rendere i grani adatti alla coltivazione nell’Italia del futuro. I modelli climatici ci dicono infatti che il Bacino del Mediterraneo sarà uno degli epicentri dei cambiamenti climatici. Qui gli effetti del global warming saranno più forti che in altre parti del Globo. Il risultato? Temperature più elevate (in inverno e in estate), aumento dei fenomeni intensi e scarsità di piogge.
A questo quadro poco rassicurante si aggiunge un altro elemento. Prima della rivoluzione industriale nell’atmosfera c’erano 280 ppm (parti per milione) di anidride carbonica. Oggi siamo a 400 e nel 2050 saremo a 550 ppm. Questa nuova atmosfera porta ad una crescita più vigorosa del grano, i cui chicchi risultano però meno nutrienti (i dati parlano di un crollo di minerali e vitamine, nonché del tenore proteico, dall’8% al 10%).
La soluzione a queste sfide? Selezionare nuove varietà di grano che siano adatte a crescere in un ambiente che cambia, molto più caldo, secco e ricco di CO2. In altre parole i ricercatori stanno progettando i grani che ci serviranno nel futuro.
Ma il miglioramento genetico, grazie alle Tea, può aiutarci anche ad avere grani che si ammalano di meno, ad esempio che non contraggono il fusarium, un fungo che attacca la spiga e produce il deossinivalenolo (Don), una tossina dannosa per l’uomo. Oppure chicchi che producono una farina che quando cotta ad alte temperature non sprigiona acrilammide, un’altra sostanza tossica.
Microchip e droni al servizio del grano
Se la genetica può fare molto, anche il digitale gioca un ruolo importante nel rendere questa coltura più produttiva e sostenibile. Ad esempio i droni, dotati di camere multispettrali, sono in grado di sorvolare i campi velocemente e di raccogliere dati che poi vengono trasformati in mappe di vigore. Un interessante indice della ‘salute’ della coltura che permette all’agricoltore di intervenire solo lì dove necessario.
Lo stesso discorso vale per le immagini satellitari, come quelle messe a disposizione da Cropwise Imagery, la soluzione di Syngenta (uno dei principali gruppi dell’agribusiness a livello globale) che grazie alle foto satellitari consente di verificare in maniera rapida lo stato di salute delle colture. In questo modo l’agricoltore può sapere cosa sta succedendo nei suoi campi e gestirli in maniera molto più consapevole.
Grazie alle immagini satellitari e ai sensori montati sulle mietitrebbie, l’agricoltore può mappare la produttività dei campi. In questo modo l’anno successivo può intervenire con concimazioni supplementari nelle aree a più bassa produzione. Mentre potrà risparmiare concime nelle aree in cui il terreno è più fertile. In questo modo, grazie all’uso razionale dei concimi, è possibile innalzare la produttività dei suoli.
E in futuro le irroratrici, le macchine usate cioè per l’applicazione dei prodotti fitosanitari, non tratteranno tutto il campo indistintamente, ma grazie a sensori a bordo e all’analisi in tempo reale dei dati (resa possibile dall’IA), differenzieranno le dosi a seconda delle reali necessità della coltura. Spruzzeranno ad esempio più diserbante lì dove si concentrano le malerbe e meno in zone dove la presenza è inferiore.
All’interno di Cropwise Protector, il servizio di Syngenta dedicato alla difesa, esiste un tool, denominato Qualimetre, che consente a chi acquista il grano di conoscere preventivamente il livello di DON (la micotossina prodotta dal fusarium) del raccolto che andrà a ritirare, consentendogli quindi una migliore gestione del problema.
Ma è disponibile anche Avizio, un sistema che indica il momento migliore per intervenire a difesa dei cereali nei confronti delle malattie fungine. Si tratta di un sistema a supporto delle decisioni che suggerisce all’agricoltore, grazie all’analisi di diverse fonti di dati, il momento migliore per trattare i campi.
Innovare per sfamare il mondo
Il grano è una delle colonne portanti del Made in Italy e dell’alimentazione umana. Oggi però i cambiamenti climatici e la richiesta di sempre maggiore sostenibilità mettono sotto stress questa coltura e chi la produce.
Il miglioramento genetico, così come le tecnologie digitali, hanno le potenzialità per vincere la sfida che l’umanità a davanti: produrre più cibo per sfamare una popolazione mondiale in aumento, senza sottrarre nuova terra alla natura e gestendo l’imprevedibilità dei cambiamenti del clima.